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La corsa al Senato

Bingo in Georgia

I democratici sono riusciti a ripetere l’esercizio di unità che li ha portati alla Casa Bianca. Si è fatta poca attenzione alle differenze ideologiche che pure sono profonde nella sinistra americana e si è lavorato invece sulla compattezza contro l’offensiva repubblicana. Una mano involontaria potrebbe essere venuta proprio da Donald Trump

Paola Peduzzi

Il reverendo Raphael Warnock, la voce più bella di tutta la campagna, è il primo senatore nero dello stato della Georgia, una vittoria straordinaria non solo per gli afroamericani ma in particolare per quelli del sud. Jon Ossoff, trentatré anni, giornalista investigativo, stage nell’ufficio che fu di John Lewis,  preparato al punto da sembrare robotico, è il primo senatore ebreo dello stato

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L’ultima scommessa del Partito democratico, in questa tornata elettorale americana aspra e brutale, è stata vinta. E' stata vinta dal reverendo Raphael Warnock, la voce più bella di tutta la campagna, cinquantuno anni e gli occhi scintillanti, il primo senatore nero dello stato della Georgia, una vittoria straordinaria non solo per gli afroamericani ma in particolare per quelli del sud. Warnock ha sconfitto la senatrice repubblicana Kelly Loeffler portando a compimento una trasformazione politica e sociale che ha certamente a che fare con la Georgia e le sue specificità ma anche con l’America tutta.

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L’ultima scommessa del Partito democratico, in questa tornata elettorale americana aspra e brutale, è stata vinta. E' stata vinta dal reverendo Raphael Warnock, la voce più bella di tutta la campagna, cinquantuno anni e gli occhi scintillanti, il primo senatore nero dello stato della Georgia, una vittoria straordinaria non solo per gli afroamericani ma in particolare per quelli del sud. Warnock ha sconfitto la senatrice repubblicana Kelly Loeffler portando a compimento una trasformazione politica e sociale che ha certamente a che fare con la Georgia e le sue specificità ma anche con l’America tutta.

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Il pastore battista della chiesa Ebenezer di Atlanta, epicentro dell’attivismo afroamericano dove per un certo periodo lavorò anche Martin Luther King, ha fissato il significato di questa vittoria nel suo primo discorso dopo l’assegnazione del suo seggio senatoriale: “Le mani di un’ottantaduenne che erano abituate a raccogliere il cotone di proprietà di qualcun altro sono andate a votare e hanno scelto il suo figlio più giovane per farlo diventare senatore degli Stati Uniti”. Warnock non ha soltanto celebrato sua madre Verlene, dodici figli e pastore pentacostale, ma ha anche aggiunto: “L’ improbabile viaggio che mi ha portato fin qui in questo preciso momento storico dell’America poteva accadere soltanto qui”. C’è in questa frase il senso potente della trasformazione in corso, la grande e inattesa vittoria del Partito democratico nel fortino repubblicano che era questo stato, e c’è l’elemento del viaggio, che sa di progetto, un punto di partenza e un punto di arrivo e in mezzo quel che si fa sempre quando si viaggia: fantasticare, immaginare, sognare

 

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Al centro di questo viaggio c’è Stacey Abrams e il suo progetto che è stato costruito negli ultimi dieci anni. La Abrams fu sconfitta nel 2018 nella sua corsa per diventare governatore, ma prima con il suo New Georgia Project e poi con Fair Fight ha dato voce e organizzato quella che in sintesi chiamiamo: mobilitazione. E lo ha fatto non soltanto per la comunità afroamericana, i cui diritti di voto erano violati (la riforma del sistema elettorale americano di cui si parla tanto vuole aggiustare anche questa insostenibile disparità nell’accesso al voto delle minoranze), ma di tutte le comunità non bianche. Questa infrastruttura politica nata in uno stato in cui il 33 per cento della popolazione è nera ha accompagnato il Partito democratico verso la rivoluzione, ed è per questo che la Abrams oggi è definita “la liberal più influente che non ha un ruolo di governo” (molti danno per scontato che proverà a ricandidarsi governatrice nel 2022).

 

La vittoria piena per i democratici è stata fornita dal candidato Jon Ossoff che ha sfidato il senatore repubblicano David Perdue. Trentatré anni, giornalista investigativo, stage nell’ufficio che fu di John Lewis,  preparato al punto da sembrare robotico, Ossoff è il primo senatore ebreo della Georgia (la comunità ebraica è impazzita per lui: la rivista Alma ha pubblicato un editoriale dal titolo “We Need Hot Jews Like Jon Ossoff in the Senate”. Per la cronaca: Ossoff è sposato con Alisha Kramer, immunologa trentenne con cui è fidanzato da sempre). Con la vittoria di Ossoff i democratici riconquistano la Georgia e il Senato di Washington: 50 seggi al pari dei repubblicani, ma conta il voto del vicepresidente, la democratica Kamala Harris (che voleva “lasciare” il Senato e invece probabilmente ci si dovrà dedicare parecchio).

 

Nella contesa in Georgia, i democratici sono riusciti a ripetere l’esercizio di unità che li ha portati alla Casa Bianca. Si è fatta poca attenzione alle differenze ideologiche che pure sono  profonde nella sinistra americana e si è lavorato invece sulla compattezza contro l’offensiva repubblicana. Una mano involontaria potrebbe essere venuta proprio da Donald Trump, che invece sul radicalismo di questi candidati ha insistito parecchio, ma sempre in chiave personale: lui ha perso ma non vuole ammetterlo, il ballottaggio al Senato avrebbe dovuto restituirgli il maltolto. Quando tutto l’astio sollevato da Trump sarà disperso, si vedranno le implicazioni per i due partiti e per il futuro dell’America di queste vittorie. Intanto per i democratici è soltanto: bingo.
 

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