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VERSO IL CONGRESSO

Perché a Berlino la successione della Merkel è così tanto un caos

Daniel Mosseri

La Cdu tedesca è divisa in tre parti, anzi forse quattro. Tra passi al centro e a destra, c’è unità solo nel no all’AfD

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Un colpo al centro e uno a destra in vista del congresso della Cdu. In una domenica di pandemia, il primo ministro del Nord Reno-Vestfalia, Armin Laschet, e il ministro federale della Salute, Jens Spahn, hanno riportato l’attenzione dei media sull’evento politico più atteso in Germania: l’assise dei cristiano democratici tedeschi. Il 15 e 16 gennaio, 1.001 delegati sceglieranno il nuovo leader del partito. Oggi la Cdu è ancora retta dalla presidente uscente, Annegret Kramp-Karrenbauer. Akk si è dimessa nel febbraio del 2020 ma il lockdown l’ha congelata là dove i delegati (e Angela Merkel) l’avevano messa a dicembre del 2018. Imitando un modello molto diffuso a sinistra, Laschet e Spahn si sono candidati in ticket: il governatore renano in testa e il ministro per fargli da vice. Domenica i due hanno presentato Impulse2021, una piattaforma in dieci punti che assomiglia molto a un programma di governo. Un governo “per una Germania moderna e tradizionale, cosmopolita e patriottica”. Laschet e Spahn vogliono insomma che la Cdu valorizzi tanto la sua vocazione centrista (e qua si legge il contributo del governatore di scuderia merkeliana) quanto quella conservatrice (incarnata dal ministro quarantenne). I due hanno anche sottolineato che “il partito e il suo programma devono determinare l’azione del governo – non il contrario”. Una piccola presa di distanza dallo stile della cancelliera: fra il 2005 e il 2018, quando guidava non solo il governo ma anche la Cdu, Merkel si è concentrata molto più sul primo che sulla seconda. Dare nuova centralità al partito serve anche a mettere le mani avanti nel caso in cui il prossimo presidente della Cdu non diventi cancelliere.

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Un colpo al centro e uno a destra in vista del congresso della Cdu. In una domenica di pandemia, il primo ministro del Nord Reno-Vestfalia, Armin Laschet, e il ministro federale della Salute, Jens Spahn, hanno riportato l’attenzione dei media sull’evento politico più atteso in Germania: l’assise dei cristiano democratici tedeschi. Il 15 e 16 gennaio, 1.001 delegati sceglieranno il nuovo leader del partito. Oggi la Cdu è ancora retta dalla presidente uscente, Annegret Kramp-Karrenbauer. Akk si è dimessa nel febbraio del 2020 ma il lockdown l’ha congelata là dove i delegati (e Angela Merkel) l’avevano messa a dicembre del 2018. Imitando un modello molto diffuso a sinistra, Laschet e Spahn si sono candidati in ticket: il governatore renano in testa e il ministro per fargli da vice. Domenica i due hanno presentato Impulse2021, una piattaforma in dieci punti che assomiglia molto a un programma di governo. Un governo “per una Germania moderna e tradizionale, cosmopolita e patriottica”. Laschet e Spahn vogliono insomma che la Cdu valorizzi tanto la sua vocazione centrista (e qua si legge il contributo del governatore di scuderia merkeliana) quanto quella conservatrice (incarnata dal ministro quarantenne). I due hanno anche sottolineato che “il partito e il suo programma devono determinare l’azione del governo – non il contrario”. Una piccola presa di distanza dallo stile della cancelliera: fra il 2005 e il 2018, quando guidava non solo il governo ma anche la Cdu, Merkel si è concentrata molto più sul primo che sulla seconda. Dare nuova centralità al partito serve anche a mettere le mani avanti nel caso in cui il prossimo presidente della Cdu non diventi cancelliere.

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Laschet e Spahn sanno che il congresso potrebbe scegliere un leader forte nel partito ma poco amato dagli elettori. E comunque sia il candidato di tutto il fronte moderato per la guida del governo non sarà scelto prima di marzo. Lo ha ricordato Markus Söder proprio mentre Impulse2021 vedeva la luce: il governatore della Baviera e leader dei cristiano-sociali (Csu) non ha mai ufficializzato la sua ambizione a guidare Cdu e Csu alle elezioni, ma la tentazione cresce al crescere della sua popolarità. Né si può escludere una terza ipotesi: “Ammettiamo che Laschet sia eletto leader della Cdu ma poi continui ad andare malissimo nei sondaggi: in quel caso potrebbe farsi avanti Spahn come candidato cancelliere”. A ricordare che la partita congressuale è sempre più aperta è Dirk Kurbjuweit, vicedirettore dello Spiegel e romanziere pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri. In una conversazione con il Foglio, ricorda che la scelta di un candidato cancelliere “terzo” (né leader della Cdu né della Csu) è una soluzione nuova ma plausibile, tanto più che il cammino fra il congresso di metà gennaio e le legislative di fine settembre è costellato da una serie di elezioni regionali, e chi vuole guidare il governo federale deve cominciare a vincerle, una alla volta. Contro il duo Laschet-Spahn corrono sia Friedrich Merz (candidato della destra del partito) sia l’ex ministro dell’Ambiente Norbert Röttgen. Quella di Röttgen era partita come una candidatura di bandiera: una mossa per strappare una poltrona ministeriale nel prossimo governo oppure quella sempre molto ambita di capogruppo al Bundestag. “Invece anche Röttgen ha cominciato a crederci”, osserva Kurbjuweit sottolineando che nelle rilevazioni l’ex ministro (scaricato da Merkel nel 2012 per aver perso le elezioni in Nord Reno-Vestfalia) va più forte del governatore renano.

 

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Alla vigilia del congresso nessun candidato sembra disposto a cedere il passo ad alcuno degli avversari: non Merz, che già nel 2018 ha tentato di tornare alla testa della Cdu; ma neppure Laschet, che come Merz punta dritto alla poltrona di cancelliere. Saranno dunque i delegati a scegliere. Secondo Kurbjuweit, “Merz è forte nell’est del paese, in Baden-Württemberg e nella sua Vestfalia”. Il candidato anti Merkel è gradito anche alla Junge Unione, la sezione under 40 del partito. Laschet dovrebbe però contare su un numero più alto di delegati, il che gioca a suo vantaggio in un congresso celebrato in forma digitale. Due anni fa il partito attese con ansia l’intervento di Merz, ma alla fine l’avvocato non convinse. Merz ha imparato la lezione “e da allora non fa altro che preparare il suo nuovo intervento”. Il suo problema è che questa volta non potrà rivolgersi direttamente alla platea della Cdu ma solo a monitor e telecamere; il che, aggiunge Kurbjuweit, rende un “effetto-Oskar Lafontaine” molto improbabile. Al congresso dei socialdemocratici nel 1995 a Manheim, l’enfant terrible della sinistra strappò l’elezione grazie a un intervento che infiammò i delegati. Merz rischia invece di restare impallinato dai flickering dei monitor o dal singhiozzo della connessione Internet. Più in generale, Kurbjuweit osserva che “oggi la Cdu non ha un candidato davvero convincente”. O che si distingua nell’ammucchiata di candidati renani di mezza età.

 

 

Una situazione scomoda per il partito di maggioranza relativa che il vicedirettore dello Spiegel attribuisce in parte alla cancelliera. “All’inizio ha puntato su Ursula von der Leyen ma l’operazione non è andata in porto. Quindi ci ha provato con Akk, che però ha fallito”. Da allora Merkel è intervenuta sul partito solo con il contagocce, limitandosi a impedire pericolosi smottamenti verso l’AfD. E’ proprio dal rapporto con l’AfD che riparte il duo liberal-conservatore Laschet-Spahn. Impulse2021 prevede l’istituzione di un ministero per la digitalizzazione, uno stop alle tasse sulle imprese, una sanità più forte, tolleranza zero contro estremismo e criminalità, e più lavoro da casa per tutti. Laschet e Spahn, entrambi cattolici, ma il secondo gay sposato con un giornalista televisivo, vogliono anche una Cdu che meglio rifletta “l’intera ampiezza della società”. Allo stesso tempo chiedono una “netta linea di demarcazione” fra la casa di centristi, liberali e conservatori dalla destra estrema. Il dibattito congressuale riparte da qui.

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