PUBBLICITÁ

L'OCCIDENTE E LA SIGNORA

Perché non abbiamo capito Aung San Suu Kyi. Parla Thant Myint-U

Sara Perria

La leader birmana ha conquistato la gratitudine del suo popolo con il sacrificio personale, ma ha “istinti profondamente conservatori”

PUBBLICITÁ

 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


 

PUBBLICITÁ

Dopo l’apertura del 2011, una profusione di ong, diplomatici, imprenditori sono partiti alla volta del Myanmar mettendo in valigia due libri: Burmese Days di George Orwell e The River of Lost Footsteps dello storico Thant Myint-U. Dal primo si imparano le costanti del paese: il cibo è tuttora una scommessa con in palio una vasta casistica di problemi gastrointestinali. Le pagine del secondo lasciano in sospeso una domanda: cosa cambierà adesso? L’interrogativo è in primo piano nell’ultimo libro di Thant Myint-U, L’altra Storia della Birmania, appena tradotto in italiano da Add editore con l’emblematica aggiunta Una distopia del XXI secolo. Lo storico, nipote dell’ex segretario delle Nazioni Unite U-Thant e a sua volta ex funzionario Onu, analizza gli ultimi quindici anni del paese per concludere che tutti i campanelli d’allarme, ignorati alla vigilia della crisi dei Rohingya e della escalation dei conflitti etnici al confine con la Cina, erano già presenti. Il riferimento dello storico non è solo all’abbagliante premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, fresca di trionfo elettorale nelle seconde elezioni libere dopo la fine di 50 anni di regime militare. La leader – definita una “amica di famiglia” – ha conquistato la gratitudine del suo popolo con il sacrificio personale, ma ha “istinti profondamente conservatori”. Capire cosa questo significhi per il Myanmar vuol dire però allontanare il focus dalla Signora e spostarlo alle ragioni che hanno portato i generali al passaggio di consegne di potere.

 

I temi sono i soliti, ma il Myanmar è un calderone che amplifica tutto. Qui il nazionalismo su base razziale ha interagito con un capitalismo rapace che non solo non ha risolto i problemi dei più poveri, ma subito dopo aver iniziato a creare una classe media ha poi alimentato diseguaglianze, corruzione e la necessità di trovare capri espiatori. Questa è la vera preoccupazione di Thant Myint-U: che il paese rimanga intrappolato in una narrativa sbagliata di se stesso, costruita in parte come reazione distorta al “colonialismo estrattivo” britannico: “A plasmare la Birmania sono state grandi forse e grandi questioni”, scrive lo storico, evitando di incentrare il racconto su Aung San Suu Kyi. Alla quale viene comunque diplomaticamente recapitato il cuore della critica di questi anni, ovvero non aver offerto una visione alternativa, preferendo circondarsi di fedeli assai anziani dopo aver liquidato le migliori energie degli anni dell’ex presidente riformatore Thein Sein. Un po’ perché è figlia e sposa di questa visione nazionalista, un po’ perché distratta dal mantra della democrazia – ridotta poi a sinonimo di elezioni. In una intervista telefonica con il Foglio, Thant Myint-U sottolinea come negli anni passati “l’élite politica era concentrata nello sforzo di superare il regime militare e la Lnd è un partito dalla missione unica: guidare il paese verso un cambiamento democratico e decidere".

PUBBLICITÁ

 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ