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Fuori come sarà - 2021

Le elezioni a Londra, la capitale che sta cambiando pelle

I pettegolezzi sulla successione di Boris, le donne scomparse dalla politica e un Natale tra le code ma in compagnia di una figura immancabile in tweet: l'arcibritannico un tempo euroscettico, oggi no mask

Cristina Marconi

Anche in questo voto, già posticipato per la pandemia, c'entra la Brexit. Si sceglierà il quarto sindaco della città e Sadiq Khan è il favorito, ha trovato una sua nicchia e un suo messaggio per far respirare i londinesi

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Sapevamo che il dicembre 2020 non sarebbe stato facile, ma che andasse così male era difficile immaginarlo. I cieli sono stati vuoti, le autostrade intasate, le code lunghe, il Natale solitario e anche i pesci della Manica sono stati a lungo in bilico: finire in un inglesissimo fish and chips o in una bouillabaisse francese? 

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Sapevamo che il dicembre 2020 non sarebbe stato facile, ma che andasse così male era difficile immaginarlo. I cieli sono stati vuoti, le autostrade intasate, le code lunghe, il Natale solitario e anche i pesci della Manica sono stati a lungo in bilico: finire in un inglesissimo fish and chips o in una bouillabaisse francese? 

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L’isola isolazionista si è trovata a esportare una nuova variante del Covid, molto inglese nel comportamento: inizialmente discreta, è stata rilevata grazie a una ricerca scientifica all’avanguardia, ha circolato velocemente in giro per il paese, forse perché è più contagiosa, forse perché ha trovato la porta aperta in una Londra che contro il virus ha fatto tutto e il contrario di tutto, con qualche mascherina e molta incoerenza. Una destructive ambiguity, quella della capitale, che non è servita a nessuno, non all’economia e non alle persone. E quindi l’uscita dall’Unione europea, ormai comunque hard, si è trasformata in una sorta di caotico magma mutante in cui la parola chiave è stata: diffidenza reciproca. Con toni napoleonici da una parte e minacce di battaglia navale dall’altra.

 

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Il Natale 2021 è la festa delle code. La coda si fa ovunque, a partire dalle autostrade del Kent dove i camionisti esasperati sono arrivati alla rivolta, e alle mani. Ad aiutarli, insieme all’Esercito della salvezza, in un gesto molto natalizio, è stata la comunità Sikh della regione, che ha preparato curry di ceci e riso caldi da distribuire ai quattromila conducenti fermi nello spazio di Manston, preparato per il no deal e diventato centro per i tamponi. Non si sa quando potranno partire, probabilmente dopo Natale. 

 

In una Londra molto svuotata, la convivenza nelle code non è sempre una faccenda semplice. C’è una figura immancabile: attempato, arcibritannico nell’abbigliamento – tweed, lane, pantaloni di velluto, eleganza stazzonata nel migliore dei casi – che ti lancia sguardi di sfida con la mascherina fieramente abbassata e ti si avvicina sempre un po’ troppo. Un tempo avresti pensato a un pervertito, qualche anno fa a un euroscettico in vena di far proseliti, oggi sai che vuole spiegarti che il virus non esiste e che la mascherina è una museruola. Quasi quasi preferivi il pervertito. Esiste anche la versione giovane e alternativa, che ti avvicina e ti prende in giro perché hai paura. Tutti uomini: le donne, soprattutto di una certa età, si proteggono con cura. A partire da lei, Elisabetta, che se ne starà a casa a Windsor con Filippo invece di andare a Sandringham per la tradizionale festa di famiglia, quella dove ormai pensiamo di essere stati tutti dopo aver visto la scena finale dell’ultima serie di The Crown, con i flash che riverberano sul volto di una Diana dressed to kill.

 

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Con il Natale spacciato, Boris Johnson già ha iniziato a gettare un’ombra sulla Pasqua. Lui dice che per allora andrà tutto bene e noi che non gli crediamo più, dopo averne sentite di tutti i colori, tiriamo fuori gli amuleti. Non siamo gli unici a vedere le dimensioni bibliche dello spettacolo che abbiamo davanti: "Ogni tanto penso che Dio stia facendo un grosso scherzo a Boris Johnson e che noi siamo solo i danni collaterali", ha twittato Gideon Rachman del Financial Times. Il 56 per cento dei britannici, secondo YouGov, pensa che stia lavorando male. Solo al 37 per cento invece piace, e questo fa pensare visto che l’anno scorso i Tories sono stati eletti dal 43 per cento dell’elettorato. D’altronde anche tra i conservatori non va benissimo: tra gli attivisti, ha un consenso del 2,9. Rileggiamo: 2,9 per cento. 

 

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La stampa lo massacra. Non c’è stato giorno che dio abbia mandato in terra di recente senza che il conservatore Times abbia affidato a una delle sue giovani e bravissime editorialiste un commento devastante su Boris (quiqui e qui, solo per citarne alcuni) e sul tema centrale dell’inaffidabilità, sua e del paese sotto la sua guida. Matthew Parris individua una colpa di questa classe politica: nessuno crede in quello che dice, neanche un po’. E la Brexit, questa Brexit, è frutto di una mentalità di gregge governata dalla legge dei più puri che ti epurano, con il risultato che vediamo, ossia un’uscita che rimane comunque penalizzante. 

 

  

Johnson ha perso il rispetto di tutti e anche FT lo attacca tutti i giorni, ultimamente anche per essersi organizzato ben bene per il Natale, visto che tra le regole per le zone ad alto rischio c’è una esenzione, poco pubblicizzata, per chi ha in casa bambini di meno di un anno, proprio come Boris e Carrie. Chiamiamolo il Lodo Baby Wilfried. Lei ormai è vista come la nuova eminenza grigia di Downing Street, ma per ora non sembra che la situazione sia più tranquilla rispetto a quando c’era Dominic Cummings. E poi perché gli arci-Brexiteers escono sempre di scena prima che la Brexit venga fatta? Non avevano le idee chiare?

 

Si spettegola molto di una leadership challenge a primavera, forse anche prima. Successori possibili? Il nome sulla bocca di tutti è quello di Rishi Sunak, cancelliere dello Scacchiere, quarantenne secchione e dal carisma rassicurante, genero di uno degli uomini più ricchi dell’India. Piace anche a Piers Morgan, che ha fatto ormai della lotta a Boris una ragione di vita. Gli altri nomi sanno un po’ tutti di vecchia guardia, dall’ex ministro della Sanità Jeremy Hunt in giù. Le donne sembrano sparite dalla scena politica sia a destra sia a sinistra, di Jacinde e Angele non se ne vedono, sebbene nella pandemia le donne si siano distinte per pragmatismo e capacità di comunicazione. 

 

  

Ci sono state alcune settimane quasi belle: il 2 dicembre, per dire, siamo usciti dal lockdown ed è arrivato il vaccino. Nel frattempo Biden aveva vinto le elezioni, la signora Maggie e William Shakespeare raccontavano felici di avere avuto la prima iniezione e Boris Johnson sembrava aver finalmente recuperato un po’ di credito politico. Per questo il precipitare nella nuova spirale dei lockdown e della confusione è stato ancora più doloroso per i londinesi, che sotto sotto pensavano di aver ancora una volta scampato il destino delle città del nord. 

 

La città sta cambiando pelle, l’eurolondra è finita e gli stranieri se ne stanno andando: lo dicono le statistiche e il fatto che tutto a un tratto si trova posto nelle scuole migliori. Londra andrà alle urne a maggio, il 6, per eleggere il quarto sindaco della sua storia, dopo Ken Livingstone, Boris Johnson e Sadiq Khan, che si ricandida ed è favorito nei sondaggi. Le elezioni dovevano tenersi l’anno scorso, ma sono state rinviate causa virus. Shaun Bailey, lo sfidante conservatore, ha un profilo interessante, opposto a quello del patrizio Zac Goldsmith con cui i Tories avevano cercato di vincere cinque anni fa: i suoi sono della Windrush Generation, è cresciuto in una casa popolare di North Kensington e ha lavorato con David Cameron. Accusa Khan di aver tradito la sua classe sociale e di non pensare più ai poveri di Londra. Amato da Boris e inviso ai conservatori, Bailey per ora si è distinto solo per aver mandato agli elettori lettere simili a multe, con un finto stemma della City Hall e un messaggio perentorio: se non mi votate aumentano le tasse. 

 

Khan, con Keir Starmer saldamente alla guida del partito, ha trovato una sua nicchia e un suo messaggio nel difendere la Londra aperta e globale che rischia di chiudersi su sé stessa nei prossimi anni di incertezza. Ma la città sa rimbalzare, e noi scommettiamo che sarà la prima a farlo appena il mondo tornerà a respirare. 

 

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