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Jens Spahn, il ministro del momento

Paola Peduzzi

Il tedesco è molto popolare e in tanti gli dicono: candidati alla successione della Merkel

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Il ministro della Salute tedesco, Jens Spahn, è tra i più popolari del governo di Berlino, anzi è il secondo nelle classifiche – un risultato ottimo dal momento che la cancelliera Angela Merkel al primo posto è pressoché imbattibile. Il suo ministero in questo momento non è tra i più ambiti: chi è al suo posto lega faccia, credibilità e carriera alla gestione della pandemia, che non è né una scienza esatta né una missione ricca di gratificazioni. Eppure Spahn, che gode anche della luce riflessa di una cancelliera molto capace nel governare l’emergenza, è riuscito a salvare tutto, dalla faccia alla carriera, al punto che molti si chiedono – lo ha fatto ieri il Financial Times – se non sia proprio questo ministro quarantenne molto ambizioso, mondano e abile il candidato perfetto per la successione della Merkel.  

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Il ministro della Salute tedesco, Jens Spahn, è tra i più popolari del governo di Berlino, anzi è il secondo nelle classifiche – un risultato ottimo dal momento che la cancelliera Angela Merkel al primo posto è pressoché imbattibile. Il suo ministero in questo momento non è tra i più ambiti: chi è al suo posto lega faccia, credibilità e carriera alla gestione della pandemia, che non è né una scienza esatta né una missione ricca di gratificazioni. Eppure Spahn, che gode anche della luce riflessa di una cancelliera molto capace nel governare l’emergenza, è riuscito a salvare tutto, dalla faccia alla carriera, al punto che molti si chiedono – lo ha fatto ieri il Financial Times – se non sia proprio questo ministro quarantenne molto ambizioso, mondano e abile il candidato perfetto per la successione della Merkel.  

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Spahn è già presente nella corsa alla leadership della Cdu che si concluderà il 16 gennaio , ma nei panni del vice: è in ticket con Armin Laschet, il più merkeliano dei candidati. Come si sa, la successione della Merkel, dopo la caduta dell’erede designata Annegret Kramp Karrenbauer (ora ministro della Difesa), è un affare tra uomini, cattolici, padri di famiglia del Nord Reno Westfalia. Questi tre elementi caratterizzano il già citato Laschet, moderato merkeliano, Federich Merz, il più ostile alla cancelliera che soffre a essere definito “anti Merkel” perché è una formula che tiene comunque lei al centro, e Norbert Röttgen, l’outsider espertissimo di politica internazionale in ripresa nei sondaggi. Poi c’è Spahn, un passo indietro, certo, ma oggi molto conosciuto, ben più giovane degli altri, omosessuale, poco merkeliano ma da sempre in cerca dell’attenzione della cancelliera – in comune con gli altri ha il Nord Reno Westfalia. Quando si dice di Spahn che è poco merkeliano si intendono di fatto due cose: appartiene all’ala più conservatrice della Cdu, quella che considera lo spostamento della Merkel verso il centro un azzardo da emendare non una strada per il futuro. In ogni ambito, dall’economia all’immigrazione, Spahn vuole più rigore e più chiusura: prima della pandemia, quando il dicastero della Sanità gli stava stretto perché non è mai stato un trampolino per nessuno, Spahn faceva discorsi rigoristi sull’Europa, accusava gli spendaccioni del sud, era contrario agli “Stati Uniti d’Europa”, insomma si posizionava come il custode del conservatorismo tradizionale tedesco. E lo faceva anche con una certa spavalderia, ben poco in linea con la leggendaria discrezione della cancelliera, che poi è la seconda ragione per cui Spahn è poco merkeliano.

 

A fine novembre, il ministro è finito in un piccolo scandalo quando è stato reso noto il prezzo d’acquisto della casa che aveva comprato l’estate scorsa con suo marito, Daniel Funke, nel quartiere di Berlino tutto parchi e biblioteche (c’è l’ex riserva di caccia degli Hohenzollern e la Philologische progettata da Norman Foster), Dahlem: 3,75 milioni di euro. Spahn ha ottenuto che i giornali smettessero di pubblicare la cifra (lo scoop era del Tagesspiegel) perché secondo la legge questa è materia privata, ma gli editorialisti si sono comunque espressi, come ha fatto la Welt, ricordando al ministro che “la Germania è un paese modesto, nel senso virtuoso del termine. Il potere viene conferito da elettori di reddito medio, che sanno bene che cosa è appropriato e cosa no”. I giornali anglosassoni, che da ultimo soffrono di un grande complesso, come tutti gli inglesi, nei confronti dei tedeschi, hanno raccontato in lungo e in largo lo scandalo, più di quanto non lo abbiano fatto i media tedeschi, per sottolineare che la mania di ostentazione di Spahn, il suo modo di parlare diretto e talvolta brutale potrebbero essere un problema per lui in un paese che esce da quindici anni di educazione merkeliana. O forse è proprio questo il cambiamento che si va cercando, chi lo sa.

 

Al momento la possibilità che Spahn assecondi chi gli dice che dovrebbe cambiarsi di posto nel ticket con Laschet e diventare lui il candidato alla presidenza della Cdu appare remota, non foss’altro perché la campagna per la leadership, se così si può chiamare, è ormai agli sgoccioli. E Laschet è anche messo bene. La guida della Cdu è però soltanto il primo passo, perché poi ci sarà da scegliere, all’interno dell’Unione tra Cdu e i cugini cristianosociali della Csu bavarese, chi sarà il candidato cancelliere: le ambizioni del premier bavarese Markus Söder sono note a tutti, e tecnicamente potrebbe anche essere davvero il turno della Csu. Questo clima di preparazione potrebbe risultare scomodo per Spahn, che scalpita da tempo immemorabile e si sente pronto da sempre, o potrebbe essere l’occasione per dimostrare quanta eredità Merkel c’è dentro di lui: in fondo anche la cancelliera della sobrietà, del compromesso, della cura e dell’esperienza ha sancito la sua ascesa uccidendo (politicamente) il padre.

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