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I privilegi di Boumedienne, diventata la “principessa dello Stato islamico”

Mauro Zanon

La donna, vedova di Amedy Coulibaly, è stata condannata a trent’anni di carcere per “associazione a delinquere con finalità di terrorismo” e “finanziamento” di attività terroristiche, ma dal 2015 vive da latitante

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E’ stata la grande assente del processo sugli attentati islamisti del gennaio 2015, il cosiddetto “processo dei secondi coltelli”, dei complici che hanno aiutato i fratelli Kouachi, i terroristi di Charlie Hebdo, e Amedy Coulibaly, lo stragista dell’Hyper Cacher. Mercoledì scorso, Hayat Boumedienne, compagna dell’attentatore del supermercato kosher di porte de Vincennes, è stata condannata a trent’anni di carcere per “associazione a delinquere con finalità di terrorismo” e “finanziamento” di attività terroristiche, ma dal 2015 vive da latitante. E’ fuggita pochi giorni prima che il suo compagno passasse all’azione, e con il quale aveva preparato minuziosamente l’attacco durante tutto il 2014. L’ultima immagine che abbiamo di lei, grazie alle telecamere di videosorveglianza dell’aeroporto di Madrid, la ritrae intenta a passare il controllo passaporti prima di salire su un aereo diretto a Istanbul. “E’ la donna più ricercata dall’intelligence francese”, scrive la stampa parigina.

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E’ stata la grande assente del processo sugli attentati islamisti del gennaio 2015, il cosiddetto “processo dei secondi coltelli”, dei complici che hanno aiutato i fratelli Kouachi, i terroristi di Charlie Hebdo, e Amedy Coulibaly, lo stragista dell’Hyper Cacher. Mercoledì scorso, Hayat Boumedienne, compagna dell’attentatore del supermercato kosher di porte de Vincennes, è stata condannata a trent’anni di carcere per “associazione a delinquere con finalità di terrorismo” e “finanziamento” di attività terroristiche, ma dal 2015 vive da latitante. E’ fuggita pochi giorni prima che il suo compagno passasse all’azione, e con il quale aveva preparato minuziosamente l’attacco durante tutto il 2014. L’ultima immagine che abbiamo di lei, grazie alle telecamere di videosorveglianza dell’aeroporto di Madrid, la ritrae intenta a passare il controllo passaporti prima di salire su un aereo diretto a Istanbul. “E’ la donna più ricercata dall’intelligence francese”, scrive la stampa parigina.

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Secondo le ultime informazioni, la vedova di Coulibaly si troverebbe in Siria, nella provincia di Idlib, una zona controllata principalmente da Hayat Tahrir al Sham, gruppo jihadista legato ad al Qaeda, ma dove sopravvivono ancora sacche di resistenza dello Stato islamico. Sonia, una “revenante” che ha partecipato all’inferno jihadista in Siria, si è pentita e oggi è incarcerata a Fleury-Mérogis, la stessa prigione di Salah Abdeslam, ha raccontato che Hayat Boumedienne sarebbe passata dal campo profughi di al Hol, nel Kurdistan siriano – dove sono imprigionate le donne straniere dello Stato islamico, fanatiche che ancora sperano nel ritorno del terrore – prima di essere “esfiltrata” da alcuni miliziani. “E’ uscita dal campo prima di me. Ci è riuscita grazie ad alcuni passeurs. Era in contatto con persone dello Stato islamico, affinché la facessero uscire”, ha testimoniato durante il processo Sonia. Ma perché un trattamento così speciale? Perché è considerata “la principessa dello Stato islamico”, come raccontato ieri dal Figaro, in quanto vedova di un “martire” che ha portato a termine la sua missione contro gli infedeli. Poche settimane dopo gli attentati di Charlie Hebdo e dell’Hyper Cacher, nel secondo numero di Dar al Islam, la rivista dello Stato islamico, intitolato “Che Allah maledica la Francia”, era apparsa un’intervista all’allora ventiseienne Boumedienne. “Gloria ad Allah che mi ha facilitato la strada. Vivere in una terra in cui si applica la legge di Allah è fantastico. Mi sento sollevata ora che ho onorato i miei obblighi”, dichiarò. E in una conversazione con la sorella, Saadia Boumedienne, risalente allo stesso periodo, ribadì il concetto: “Mi sento meglio che in Francia, se solo sapessi cosa c’è qui, wallah…sono in una casa come non ne ho mai viste in vita mia. Si prendono cura di me come se fossi una principessa”.

 

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Céline Martelet, giornalista e coautrice di “Un parfum de djihad”, consacrato alle donne dello Stato islamico, ha spiegato al Figaro che “per una donna avere diritto a un’intervista non è una cosa da poco. Hayat Boumedienne ha uno status differente rispetto alle altre donne. Beneficia del prestigio di suo marito. E’ protetta”. Uno status di privilegiata confermato in tribunale anche dalla sorella: “Le ho parlato di Amedy Coulibaly, ma mi diceva che era molto fiera di lui. Era considerata un po’ come il gioiello dello Stato islamico. Era nella sua bolla”. Secondo Céline Martelet, l’episodio dell’“esfiltrazione” dal campo di al Hol è la prova di quanto la vedova di Coulibaly sia importante. “Fuggire dal campo costa 12 mila euro. E’ molto probabile che Hayat Boumedienne non abbia pagato nulla. L’hanno fatta uscire rapidamente per metterla al riparo”, spiega la giornalista. Sonia è convinta che la jihadista nata a Parigi nel 1988, a differenza sua, non abbia alcuna intenzione di tornare indietro: “Era ancora affascinata dallo Stato islamico. Il suo progetto era quello di restare in zona e far parte di un altro califfato, perché è quello che i jihadisti promettevano”.

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