PUBBLICITÁ

Affari di famiglia

I patti prematrimoniali della sinistra d'America

Senza alzare troppo la voce Joe Biden sta scrivendo le regole di convivenza dentro al Partito democratico

Paola Peduzzi

Le baruffe familiari tra i democratici sono quotidiane, anche se alcuni commentatori dicono che le conseguenze non saranno poi così profonde, perché Biden sa esattamente in che direzione vuole andare. In fase di nomine poi, i conflitti si acuiscono: non si può accontentare tutti, e i musi lunghi sono inevitabili

PUBBLICITÁ

Nella sua rubrica “Altitude”, John Harris, fondatore di Politico, immagina una tweetstorm notturna del presidente eletto Joe Biden contro i democratici che continuano a criticarlo sulle nomine, sul tono pacificatore, sul nuovo punto di equilibrio su cui vuole far poggiare la sua prossima Amministrazione. Sono poche righe ma, per un attimo, fanno venire il terrore: se il trumpismo è tanto contagioso, siamo rovinati. Al contrario Harris sottolinea una differenza “psicologica” tra repubblicani e democratici: è impossibile immaginare un presidente democratico che bullizzi il suo partito nel modo in  cui Donald Trump ha fatto con il Gop. Anzi, succede l’opposto, e il Partito democratico si mette a fare il bullo con il suo presidente: sembra che Biden abbia sulla schiena un cartello con scritto “colpiscimi”. Harris conclude con un buon consiglio di convivenza: il fatto che il presidente eletto non sia un bullo non vuol dire che gli piaccia essere bullizzato.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Nella sua rubrica “Altitude”, John Harris, fondatore di Politico, immagina una tweetstorm notturna del presidente eletto Joe Biden contro i democratici che continuano a criticarlo sulle nomine, sul tono pacificatore, sul nuovo punto di equilibrio su cui vuole far poggiare la sua prossima Amministrazione. Sono poche righe ma, per un attimo, fanno venire il terrore: se il trumpismo è tanto contagioso, siamo rovinati. Al contrario Harris sottolinea una differenza “psicologica” tra repubblicani e democratici: è impossibile immaginare un presidente democratico che bullizzi il suo partito nel modo in  cui Donald Trump ha fatto con il Gop. Anzi, succede l’opposto, e il Partito democratico si mette a fare il bullo con il suo presidente: sembra che Biden abbia sulla schiena un cartello con scritto “colpiscimi”. Harris conclude con un buon consiglio di convivenza: il fatto che il presidente eletto non sia un bullo non vuol dire che gli piaccia essere bullizzato.

PUBBLICITÁ

 

Le baruffe familiari tra i democratici sono quotidiane, anche se alcuni commentatori dicono che le conseguenze non saranno poi così profonde, perché Biden sa esattamente in che direzione vuole andare. In fase di nomine poi, i conflitti si acuiscono: non si può accontentare tutti, e i musi lunghi sono inevitabili. Ma il livello di tensione è ben rappresentato dall’ultimo scandalo (se così si può chiamare) che ha coinvolto l’ex capo della campagna elettorale di Biden ora suo vice chief of staff, Jen O’Malley Dillon. La Dillon, che è arrivata a marzo nel team del futuro presidente con l’obiettivo di strutturare la campagna elettorale virtuale che poi sarebbe stata la campagna tout court, ha rilasciato un’intervista a Glamour su maternità, alternanza lavoro-famiglia e prossimo futuro alla Casa Bianca, in cui a un certo punto definisce i repubblicani “fuckers”, stronzi. Apriti cielo: Biden è tutto dialogo e apertura e la Dillon insulta?

  

PUBBLICITÁ

Il sito Axios ha raccolto solerte le indiscrezioni dentro al mondo democratico e nell’entourage di Biden: un gran nervosismo, già si discute su tutto, ci manca giusto il fuoco amico (ai repubblicani invece non pare vero poter dire al presidente eletto: non è vero niente, non ci vuoi vicini). In realtà nell’intervista incriminata – in cui la Dillon rivendica il diritto di una donna di dire sul lavoro: in queste ore non mi dovete disturbare, salvo poi aggiungere un “a meno che non sia un’emergenza”, che ridimensiona tutto quel piglio – “stronzi” è soltanto una parentesi, peraltro rivolta a quelli del Partito repubblicano che ancora non riconoscono la vittoria di Biden. L’obiettivo della Dillon è quello di Biden: recuperiamo confronto e dialogo con i repubblicani e con tutti i moderati, le ostilità ci sono e ci saranno, ma non sono l’unico codice relazionale che conosciamo.

 

Qualcuno ha detto che la Dillon non era diventata tutto d’un colpo la pasdaran dei più radicali che fanno battaglia contro Biden – lo bullizzano, direbbe John Harris – perché preferisce i repubblicani ai suoi compagni di partito, ma non è servito: la vice chief of staff si è dovuta scusare per mettere fine subito alla polemica. Nei patti prematrimoniali che Biden sta negoziando all’interno del suo partito c’è questo elemento: dispiacersi finché si può, poi tirare dritto. Qualche contentino viene anche dato, come sa bene l’ex chief of staff di Barack Obama, Rahm Emanuel (nel suo memoir Obama dice che quando Emanuel ha perso il dito medio in un macchinario è come se fosse diventato muto): l’ala più a sinistra del Partito democratico ha fatto campagna contro di lui, al suo posto ai Trasporti è stato scelto Pete Buttigieg, e pare che non ci saranno altre offerte.

 

Il punto d’equilibrio interno però non è ancora stato trovato. Alexandria Ocasio-Cortez, capofila dell’ala più radicale che ripete insoddisfatta “c’è una nomina qui, un’altra là, ma qual è il messaggio complessivo di questa Amministrazione?”, ha lanciato la battaglia contro Nancy Pelosi, Speaker della Camera con cui già due anni fa aveva avuto scontri. Aoc dice che non vuole prendere il posto della Pelosi, la sua battaglia non è personale, ma una cosa è certa: lo Speaker sarà un altro. I processi di selezione interna diventano sempre più burrascosi perché molti sostengono che Biden non stia mantenendo del tutto la sua promessa di diversity. In California, dove si deve scegliere il sostituto al Senato della vicepresidente Kamala Harris, è tutti contro tutti tra le minoranze che vogliono essere rappresentate. Il borbottio sta ritmando questa transizione, ma il meno bullo di tutti, Joe Biden, sembra quello che lo patisce di meno.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ