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A proposito di Gina

Perché Trump non ha (ancora) licenziato la direttrice della Cia?

Brucia tutto e tutto assieme, nell’ultimo atto del trumpismo: anche il fedele ministro della Giustizia. Gina Haspel era in cima alla lista dei licenziabili ma ha resistito

Paola Peduzzi

Il presidente americano ha annunciato l'intenzione di tagliare i ponti tra militari e servizi segreti – ponti strategici – nelle missioni all'estero di controterrorismo, ma per ora non ha rivolto attacchi diretti alla direttrice della Cia. Secondo alcuni, teme quel che lei sa

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Dov’è finita Gina Haspel, direttrice della Cia? Per giorni questo è stato un tormentone, qualcuno sosteneva che fosse stata rapita, altri che fosse stata trovata morta e che nessuno avesse reso noto il ritrovamento. La Reuters ha pubblicato una decina di giorni fa un articolo dal titolo: no, Gina Haspel non è morta. Tante speculazioni e tanti pettegolezzi sono dovuti al fatto che, nel giro di licenziamenti trumpiani che stanno caratterizzando il finale del mandato di questa Amministrazione, molti pensano che la Haspel avrebbe dovuto essere in cima alla lista.

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Dov’è finita Gina Haspel, direttrice della Cia? Per giorni questo è stato un tormentone, qualcuno sosteneva che fosse stata rapita, altri che fosse stata trovata morta e che nessuno avesse reso noto il ritrovamento. La Reuters ha pubblicato una decina di giorni fa un articolo dal titolo: no, Gina Haspel non è morta. Tante speculazioni e tanti pettegolezzi sono dovuti al fatto che, nel giro di licenziamenti trumpiani che stanno caratterizzando il finale del mandato di questa Amministrazione, molti pensano che la Haspel avrebbe dovuto essere in cima alla lista.

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Ieri Donald Trump ha licenziato il suo ministro della Giustizia, quel William Barr che lungo il 2020 è stato considerato il guardiano del presidente, pronto a difenderlo in ogni occasione, al suo fianco persino nelle conferenze stampa sulla pandemia. Il trattamento riservato a Barr è infine risultato simile a quello toccato all’ormai ex capo del Pentagono, Mark Esper, con il quale invece il presidente non aveva avuto una relazione tanto stretta, anzi (oggi Trump sta mettendo mano al Pentagono con nomine nel consiglio direttivo che, come ha scritto Politico, possono essere ribaltate dall’Amministrazione entrante di Joe Biden “il primo giorno”). Brucia tutto e tutto assieme, nell’ultimo atto del trumpismo, e Gina Haspel? Il presidente, che ha scandito i suoi quattro anni con denunce complottiste del “deep state”, sta prendendo in considerazione l’idea di togliere il sostegno militare alla Cia, compresa la flotta di droni di cui l’intelligence esterna americana ha fatto grande uso, riducendo così di molto le capacità di controterrorismo dell’Agenzia che erano state molto ampliate dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001. Quindi Trump avrebbe intenzione di tagliare i ponti tra militari e servizi – ponti strategici – ma per ora non ha rivolto attacchi diretti alla direttrice della Cia, Gina Haspel. Secondo alcuni, teme quel che lei sa. La Haspel è stata nominata direttrice della Cia dallo stesso Trump nel maggio del 2018. 

 

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La sua è stata una delle poche scelte cosiddette tecniche fatte da un presidente con l’istinto a politicizzare tutte le istituzioni, e proprio per questo motivo – quasi esclusivamente per questo motivo – la sua nomina era stata sostenuta anche da Avril Haines, che era stata vicedirettrice della Cia nell’Amministrazione Obama e che ora Biden ha scelto per guidare la National Intelligence, l’Agenzia americana che governa tutti i servizi, quindi anche la Cia (la Haines aveva spiegato questa sua posizione molto criticata a sinistra in un articolo su Foreign Policy). La Haspel non ha poi dato troppe soddisfazioni a Trump: prima delle elezioni del 3 novembre un gruppo di repubblicani aveva costruito una campagna contro la direttrice della Cia accusandola di voler ritardare la pubblicazione di documenti secretati che mostravano, secondo loro, l’interferenza del deep state  nella campagna elettorale per la rielezione del presidente. Prima di allora, uno degli scontri più accesi, a parte  il borbottio  di sottofondo dei trumpiani sui servizi deviati, c’era stato sull’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi nel consolato di Riad in Turchia, il 2 ottobre del 2018. Trump sosteneva che il principe saudita Mohammed bin Salman diceva il vero quando ribadiva la propria estraneità, mentre la Cia della Haspel produceva prove su prove del coinvolgimento diretto di Bin Salman. Allo stesso modo, i report dell’intelligence sono spesso stati molto diversi rispetto a quanto detto e fatto dalla Casa Bianca su uno dei tormentoni dell’Amministrazione uscente: l’ingerenza russa nelle elezioni (sulle capacità cyber della Russia di Vladimir Putin abbiamo appena avuto una conferma ulteriore). Sul caso del tentato omicidio di  Alexei Navalny si è ripetuto lo stesso format: mentre la Casa Bianca evitava ogni commento pubblico, la Cia avvertiva l’intelligence tedesca del coinvolgimento nell’attentato contro Navalny dei servizi russi.

 

La Haspel è sempre stata considerata una  brava a catturare l’attenzione di Trump, ma un’indiscrezione pubblicata nel 2019 sui giornali aveva compromesso  questo equilibrio: la Haspel disse che il presidente era sempre troppo distratto, il presidente si infuriò molto.  Ora molti repubblicani al Senato chiedono a Trump di non licenziare la Haspel: troppo caos, dicono, c’è da salvaguardare la credibilità americana all’estero. Ma al presidente, come si sa, certe priorità non interessano.
 

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