La Romania è Europa e fa parte dell’Unione europea. Ma l’impressione è che gli altri (cioè noi) non abbiano mai del tutto metabolizzato l’appartenenza al Vecchio continente di quel paese raccontato a lungo come esotico e selvaggio (la Transilvania!) e poi percepito come elemento eccentrico perfino nel contesto omologatore del Patto di Varsavia, a causa del regime, un po’ più “orientale” degli altri, di Nicolae Ceausescu. Anche l’ingresso nell’Ue insieme con la Bulgaria, nonostante la successiva adesione della Croazia, è rimasto appeso come un “+2” finale, in coda, mai completamente digerito e peraltro mai completato (Bucarest è ancora fuori da Schengen e dall’euro). E forse persino l’idioma neolatino ha paradossalmente contribuito ad “allontanare” dal resto dell’Europa la Romania, isolata tra i suoi vicini slavi e comunque troppo distante dagli altri paesi di lingua romanza. Eppure a est l’insofferenza per il concetto di “Europa” si manifesta di più in altri paesi – l’Ungheria, la Polonia – più incontrovertibilmente identificati come europei.
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