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Come si difende il cittadino repubblicano? Parla Marlène Schiappa

Mauro Zanon

La ministra macroniana, delegata alla Cittadinanza, ci spiega il progetto di legge "per il rafforzamento dei principi repubblicani" di cui lei è promotrice assieme al ministro Darmanin

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Marlène Schiappa è l’allieva modello della macronia, quella su cui il presidente della Repubblica francese può sempre contare. Quando è nata En Marche!, nel 2016, questa parigina di origini italiane incarnava l’ala sinistra dei marcheurs da responsabile del polo “égalité femmes-hommes”: un ruolo che ha ricoperto con grandi risultati e l’ha portata alla nomina di segretaria di stato per le Pari opportunità nel primo governo Philippe. A luglio, Macron l’ha scelta come ministra delegata alla Cittadinanza accanto al tostissimo ministro dell’Interno Gérald Darmanin, promozione che ha suscitato parecchie reazioni indispettite nel mondo femminista. “Non ti viene il voltastomaco lavorando accanto a uno che è stato accusato di stupro?”, le chiedono in continuazione le più radicali. Lei ricorda loro che esiste la “presunzione d’innocenza”, e dice che con Gérald lavora benissimo, lui è sempre “delicato” e le fa spesso trovare un mazzo di fiori sulla sua scrivania. Nonostante il cambio di portafoglio e le critiche dell’ultrasinistra, Marlène Schiappa continua a essere la portavoce della diplomazia femminista della Francia, ma rivendica con altrettanto ardore la virata a destra del quinquennio in materia securitaria. “In politica o ci si adatta o si muore”, dice. Il Foglio l’ha incontrata nella sua nuova casa, a Place Beauvau, nei giorni in cui è stato presentato il progetto di legge “per il rafforzamento dei princìpi repubblicani”, di cui lei e il ministro Darmanin sono promotori. “Questo progetto è nato per lottare contro i separatismi. Per la Francia, così come per le altre grandi democrazie occidentali, è arrivato il momento di lottare contro l’ideologia che precede il passaggio all’atto terroristico: questa ideologia si chiama ‘islamismo radicale’”, dice al Foglio la ministra francese, prima di aggiungere: “Non è solo l’ideologia di Stato islamico e di Al Qaeda, ma anche quella di alcuni gruppi islamisti presenti sul territorio francese che hanno permesso a un certo numero di giovani di radicalizzarsi dietro lo schermo del proprio computer e di commettere terribili attentati, come la decapitazione di un professore in mezzo alla strada o lo sgozzamento di due donne che pregavano in una chiesa”. Il riferimento è agli ultimi due attacchi islamisti che hanno funestato la Francia: quello di Conflans-Sainte-Honorine, costato la vita all’insegnante di storia e geografia Samuel Paty, e quello della basilica di Notre-Dame-de-l’Assomption a Nizza, perpetrato dal terrorista tunisino Brahim Aouissaoui.

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Marlène Schiappa è l’allieva modello della macronia, quella su cui il presidente della Repubblica francese può sempre contare. Quando è nata En Marche!, nel 2016, questa parigina di origini italiane incarnava l’ala sinistra dei marcheurs da responsabile del polo “égalité femmes-hommes”: un ruolo che ha ricoperto con grandi risultati e l’ha portata alla nomina di segretaria di stato per le Pari opportunità nel primo governo Philippe. A luglio, Macron l’ha scelta come ministra delegata alla Cittadinanza accanto al tostissimo ministro dell’Interno Gérald Darmanin, promozione che ha suscitato parecchie reazioni indispettite nel mondo femminista. “Non ti viene il voltastomaco lavorando accanto a uno che è stato accusato di stupro?”, le chiedono in continuazione le più radicali. Lei ricorda loro che esiste la “presunzione d’innocenza”, e dice che con Gérald lavora benissimo, lui è sempre “delicato” e le fa spesso trovare un mazzo di fiori sulla sua scrivania. Nonostante il cambio di portafoglio e le critiche dell’ultrasinistra, Marlène Schiappa continua a essere la portavoce della diplomazia femminista della Francia, ma rivendica con altrettanto ardore la virata a destra del quinquennio in materia securitaria. “In politica o ci si adatta o si muore”, dice. Il Foglio l’ha incontrata nella sua nuova casa, a Place Beauvau, nei giorni in cui è stato presentato il progetto di legge “per il rafforzamento dei princìpi repubblicani”, di cui lei e il ministro Darmanin sono promotori. “Questo progetto è nato per lottare contro i separatismi. Per la Francia, così come per le altre grandi democrazie occidentali, è arrivato il momento di lottare contro l’ideologia che precede il passaggio all’atto terroristico: questa ideologia si chiama ‘islamismo radicale’”, dice al Foglio la ministra francese, prima di aggiungere: “Non è solo l’ideologia di Stato islamico e di Al Qaeda, ma anche quella di alcuni gruppi islamisti presenti sul territorio francese che hanno permesso a un certo numero di giovani di radicalizzarsi dietro lo schermo del proprio computer e di commettere terribili attentati, come la decapitazione di un professore in mezzo alla strada o lo sgozzamento di due donne che pregavano in una chiesa”. Il riferimento è agli ultimi due attacchi islamisti che hanno funestato la Francia: quello di Conflans-Sainte-Honorine, costato la vita all’insegnante di storia e geografia Samuel Paty, e quello della basilica di Notre-Dame-de-l’Assomption a Nizza, perpetrato dal terrorista tunisino Brahim Aouissaoui.

 

Nel progetto di legge, adottato in Consiglio dei ministri mercoledì e in arrivo all’Assemblea nazionale il prossimo gennaio, la Schiappa ha messo la firma su diverse misure: il contratto di impegno repubblicano per le associazioni che chiederanno sovvenzioni statali, la negazione del titolo di soggiorno ai poligami, il dovere per i sindaci di lottare contro i matrimoni forzati, la messa al bando dei certificati di verginità, ma anche l’obbligo di trasparenza totale per qualsiasi forma di finanziamento religioso. “Con il ministro dell’Interno abbiamo lavorato molto sulla questione della trasparenza in materia di finanziamento dei culti, per lottare in particolar modo contro le ingerenze straniere con intenzioni malevole”, dice al Foglio la Schiappa. L’altra priorità del testo legislativo che, sottolinea la ministra, “rafforzerà la legge del 1905 sulla laicità”, è la “lotta contro il cyber-islamismo”. “Lanceremo un’unità di contro-discorso repubblicano sui social network per combattere la propaganda islamista e riportare nel girone della République i cittadini che ne sono usciti”, spiega la Schiappa. Anche le piattaforme come Google “devono assumersi le loro responsabilità e collaborare in maniera più efficace con i servizi dello stato” afferma la ministra. Lo stesso devono fare i proprietari dei social, che “non posso diventare zone di non diritto”. La Schiappa è sempre stata contraria al velo islamico, fin da quando era responsabile di “Maman travaille”, associazione nata nel 2008 per aiutare le madri francesi a conciliare vita professionale e vita personale, soprattutto nelle banlieue islamizzate. Un’avversione, mai rinnegata, per la quale è stata accusata a più riprese di “islamofobia”. “Talvolta la schiuma marina fa più rumore delle correnti profonde”, dice la ministra in merito alle accuse aizzate dai social anche nei confronti del ministro Darmanin, mettendo in risalto, invece, “l’onda di lotta contro l’islamismo” che la nuova legge, si spera, genererà.

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