PUBBLICITÁ

Il test Erdogan

David Carretta

Il Consiglio europeo debole con la Turchia. L’Ue non è ancora pronta a giocare tra i grandi della politica estera

PUBBLICITÁ

Quando il gioco si fa duro, l’Unione europea non è ancora pronta a giocare nel campo dei grandi della politica estera. Ancora di meno se in gioco ci sono gli interessi del suo principale stato membro, la Germania, ma anche di paesi meno influenti come l’Italia, la Spagna o Malta. Lo dimostra quanto accaduto nella notte tra giovedì e venerdì al Consiglio europeo sulla Turchia. I capi di stato e di governo erano chiamati a dar seguito alla loro minaccia di sanzioni nei confronti di Recep Tayyip Erdogan, dopo che il presidente turco ha ostensibilmente rifiutato la mano tesa dell’Ue continuando con le sue  provocazioni e azioni unilaterali. Il Consiglio di ottobre aveva proposto a Erdogan un’agenda positiva, in cambio di un passo indietro nelle rivendicazioni territoriali contro Grecia e Cipro nel Mediterraneo orientale e un atteggiamento più cooperativo su Libia e Siria. Altrimenti l’Ue sarebbe passata all’azione con misure punitive in dicembre. Il governo greco, sostenuto dalla Francia, aveva chiesto un embargo sulle armi. C’era la possibilità di adottare anche sanzioni generali e settoriali. Alla fine, dopo lunghe discussioni e tre bozze di conclusioni, la scorsa notte il Consiglio europeo si è messo d’accordo per delle “sanzionette”, come le definisce un diplomatico dell’Ue: delle imprese o dei responsabili turchi saranno inseriti in una lista nera che esiste già per le trivellazioni illegali condotte nelle acque al largo di Cipro e Grecia. L’agenda positiva resta sul tavolo. E se ne riparlerà a marzo 2021.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Quando il gioco si fa duro, l’Unione europea non è ancora pronta a giocare nel campo dei grandi della politica estera. Ancora di meno se in gioco ci sono gli interessi del suo principale stato membro, la Germania, ma anche di paesi meno influenti come l’Italia, la Spagna o Malta. Lo dimostra quanto accaduto nella notte tra giovedì e venerdì al Consiglio europeo sulla Turchia. I capi di stato e di governo erano chiamati a dar seguito alla loro minaccia di sanzioni nei confronti di Recep Tayyip Erdogan, dopo che il presidente turco ha ostensibilmente rifiutato la mano tesa dell’Ue continuando con le sue  provocazioni e azioni unilaterali. Il Consiglio di ottobre aveva proposto a Erdogan un’agenda positiva, in cambio di un passo indietro nelle rivendicazioni territoriali contro Grecia e Cipro nel Mediterraneo orientale e un atteggiamento più cooperativo su Libia e Siria. Altrimenti l’Ue sarebbe passata all’azione con misure punitive in dicembre. Il governo greco, sostenuto dalla Francia, aveva chiesto un embargo sulle armi. C’era la possibilità di adottare anche sanzioni generali e settoriali. Alla fine, dopo lunghe discussioni e tre bozze di conclusioni, la scorsa notte il Consiglio europeo si è messo d’accordo per delle “sanzionette”, come le definisce un diplomatico dell’Ue: delle imprese o dei responsabili turchi saranno inseriti in una lista nera che esiste già per le trivellazioni illegali condotte nelle acque al largo di Cipro e Grecia. L’agenda positiva resta sul tavolo. E se ne riparlerà a marzo 2021.

PUBBLICITÁ

   

“Il gioco del gatto e del topo deve cessare”, aveva detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, prima del vertice dei capi di stato e di governo. Ma sulla Turchia “i 27 non sono sulla stessa linea”, spiega al Foglio un alto funzionario dell’Ue. Dalla scorsa estate Emmanuel Macron ha adottato una linea dura a difesa della sovranità di Grecia e Cipro, ma anche degli interessi francesi in Libia o nel conflitto del Nagorno-Karabakh. Tuttavia si è scontrato contro un muro insormontabile: Angela Merkel si è opposta a ogni tentativo di sanzioni serie contro Erdogan. La cancelliera tedesca non ha mai nascosto quali sono le sue priorità, ammettendo pubblicamente che la questione dei migranti gioca un ruolo centrale nei suoi calcoli. La Germania è stata l’architetto dell’accordo del marzo 2016 per bloccare le partenze di rifugiati siriani dalla Turchia. Appaltando a Erdogan la sua politica migratoria, l’Ue ha dato al presidente turco una potente arma di ricatto. E, a dieci mesi dalle prossime elezioni tedesche, la cancelliera non vuole ritrovarsi con una nuova crisi di migranti. Ma dietro la Germania ci sono anche altri paesi. Al Consiglio europeo, anche il bulgaro Boyko Borissov si è opposto alle sanzioni. Per interessi economici o strategici, anche Italia, Spagna, Ungheria e Malta sono per l’appeasement. Il contrasto con gli Stati Uniti è netto nel momento in cui l’Amministrazione Trump impone delle sanzioni contro la Turchia per l’acquisizione del sistema di difesa missilistico russo S-400. Merkel ha detto che “le questioni legate alle esportazioni e consegne di armi devono essere discusse dentro l’alleanza della Nato”. Quello che conta per la cancelliera sulla Turchia sono “le dipendenze strategiche”.

   

PUBBLICITÁ

In questo contesto Erdogan ha gioco facile a liquidare le minacce europee. Le sanzioni limitate decise ieri saranno “controproducenti”, ma “non sono di grande preoccupazione per la Turchia”, ha detto Erdogan mercoledì. Il Consiglio europeo ha “preso atto del ritiro della nave Oruç Reis” e ribadito “l’interesse strategico dell’Ue a sviluppare relazioni di cooperazione reciprocamente vantaggiose con la Turchia. L’offerta di un’agenda positiva (un miglioramento dell’unione doganale e più fondi per i rifugiati siriani, ndr) resta valida”. L’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, dovrà presentare un rapporto a marzo “sullo stato delle relazioni politiche, economiche e commerciali” per valutare eventualmente altre sanzioni. Ma la frase più significativa delle conclusioni del Consiglio è quella finale: “L’Ue si adopererà per coordinarsi con gli Usa sulle questioni relative alla Turchia e alla situazione nel Mediterraneo orientale”. Joe Biden, oltre alle sanzioni di Trump contro Ankara, erediterà anche l’incapacità europea di gestire il suo vicinato.
  

PUBBLICITÁ