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Il veto non c’è più

David Carretta

Ungheria e Polonia ci ripensano, forse lo stallo è superato sul bilancio, ma il vertice di oggi non sarà senza dibattiti

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L’offerta di una “dichiarazione interpretativa” sullo stato di diritto è bastata a piegare il veto di Ungheria e Polonia al pacchetto di bilancio dell’Unione europea, anche se un’intesa per far partire il Recovery fund è ancora appesa al via libera dei Paesi Bassi e altri paesi che potrebbero contestare una piccola concessione fatta a Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki. Le solide convinzioni dei premier di Budapest e Varsavia si stanno sgretolando, dopo che la Commissione e la presidenza tedesca dell’Ue hanno minacciato di lanciare un Recovery fund a 25 e l’esercizio provvisorio. Di fronte alla prospettiva di perdere 7,5 e 27 miliardi e di subire un taglio dei pagamenti della politica della coesione, Orbán e Morawiecki hanno accettato il compromesso che era sul tavolo da giorni: una dichiarazione interpretativa del Consiglio europeo sul meccanismo di condizionalità per chiarire quello che era già stato scritto nel regolamento concordato con il Parlamento europeo.

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L’offerta di una “dichiarazione interpretativa” sullo stato di diritto è bastata a piegare il veto di Ungheria e Polonia al pacchetto di bilancio dell’Unione europea, anche se un’intesa per far partire il Recovery fund è ancora appesa al via libera dei Paesi Bassi e altri paesi che potrebbero contestare una piccola concessione fatta a Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki. Le solide convinzioni dei premier di Budapest e Varsavia si stanno sgretolando, dopo che la Commissione e la presidenza tedesca dell’Ue hanno minacciato di lanciare un Recovery fund a 25 e l’esercizio provvisorio. Di fronte alla prospettiva di perdere 7,5 e 27 miliardi e di subire un taglio dei pagamenti della politica della coesione, Orbán e Morawiecki hanno accettato il compromesso che era sul tavolo da giorni: una dichiarazione interpretativa del Consiglio europeo sul meccanismo di condizionalità per chiarire quello che era già stato scritto nel regolamento concordato con il Parlamento europeo.

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Le nuove regole si applicheranno dal 2021. Ci sarà un freno di emergenza per permettere a un paese colpito da sanzioni di discuterne a livello politico davanti al Consiglio europeo. La condizionalità vale per i settori che beneficiano del bilancio comunitario e non le politiche di competenza strettamente nazionale (sempre che non siano finanziate dall’Ue). L’unica vittoria che possono rivendicare Orbán e Morawiecki è l’impegno della Commissione ad attivare il meccanismo fino a quando la Corte di giustizia dell’Ue non si sarà espressa sul ricorso che i due paesi intendono presentare per contestarne la conformità con le regole del trattato. Dati i tempi dei giudici di Lussemburgo, questo significa che i fondi a Ungheria e Polonia non saranno tagliati prima di due anni. Lungi dal voler preservare la sovranità ungherese a costo di perdere un sacco di miliardi, Orbán ha raggiunto il suo obiettivo: continuare a ricevere i soldi europei fino alle prossime elezioni del 2022.

  

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Se sarà effettivamente superato lo stallo sul pacchetto di bilancio dell’Ue, il Consiglio europeo che si apre oggi a Bruxelles sarà molto più tranquillo, ma si annunciano dibattiti animati su almeno due questioni: sanzioni alla Turchia e taglio alle emissioni. Sempre che la Brexit non irrompa nella sala dove si riuniranno i capi di stato e di governo dopo la cena di ieri tra Ursula von der Leyen e Boris Johnson. “Il Consiglio europeo non ha intenzione di cambiare il mandato” del negoziato con il Regno Unito né vuole “farsi trascinare in un dibattito”, spiega al Foglio un diplomatico dell’Ue.

  

Sulla Turchia la bozza di conclusioni prevede sanzioni molto “soft” per le continue provocazioni di Recep Tayyip Erdogan nel Mediterraneo orientale, in Libia, in Siria e nel Nagorno Karabakh: aggiungere una serie di nomi e entità alla lista nera per le trivellazioni illegali che esiste già. Per Grecia e Cipro, che chiedono un embargo sulle armi alla Turchia, non è abbastanza. Ma per Germania, Italia e Malta è perfino troppo. “Gli stati membri non sono sulla stessa linea”, ammette il diplomatico dell’Ue. Sul clima il Consiglio europeo deve fissare l’obiettivo del taglio di emissioni per il 2030, ma Ungheria e Polonia frenano sul target di “almeno il 55 per cento”. I leader avranno anche una discussione sulle relazioni con gli Stati Uniti dopo la vittoria  di Joe Biden  e su una data per lanciare insieme a gennaio la vaccinazione contro il Covid-19. Il dibattito sull’Unione bancaria – che comprende la riforma del Mes – è domani all’Eurosummit. Nessuno dei partner della zona euro mette in discussione la firma del nuovo trattato Mes in gennaio.

 

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