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Dalle proteste sta nascendo una nuova Bielorussia. Parla Markielau

Maurizio Stefanini

Intervista a uno dei leader della protesta studentesca che va avanti contro il dittatore Aljaksandr Lukashenka dal 9 agosto

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Piotr Markielau è uno dei leader della protesta studentesca in Bielorussia, dove i cittadini di ogni categoria protestano contro il dittatore, Aljaksandr Lukashenka, dal 9 agosto. Per la sua attività Markielau ha già scontato 67 giorni di carcere. “La prima volta sono stato arrestato nel marzo del 2017, partecipavo, come osservatore, a una manifestazione di un gruppo di anarchici. Mi condannarono a 12 giorni di carcere. Devo dire che le condizioni in prigione a quel tempo erano molto migliori di adesso. Sono stato poi arrestato per una foto fake finita sul web, per un cartello sulla depenalizzazione, per una diretta streaming su Facebook in cui denunciavo i brogli alle elezioni locali, e all’inizio di quest’anno mentre seguivo il processo contro alcuni amici. I poliziotti mi presero di mira perché sapevano che ero un attivista. A luglio sono stato di nuovo arrestato come misura preventiva, prima delle elezioni. Ma confesso che adesso cerco di stare più attento: con i miei precedenti, rischio di non finire più davanti a un tribunale amministrativo, ma a un penale. In questo momento sono i miei genitori che stanno protestando di più. Sono stati tra i primi operatori sanitari a scendere in piazza dal 12 al 13 agosto, quando gli studenti di medicina sono stati espulsi per aver sostenuto il movimento di opposizione. Mio padre è stato arrestato e ha trascorso otto giorni in prigione. Mia madre è stata arrestata due volte. Lei se la è cavata con una multa ( circa da 100 euro) perché mio fratello ha solo nove anni, e la legge risparmia il carcere alle madri di minori. Mio padre è un medico molto stimato, e quando è andato in tribunale i suoi colleghi hanno raccolto centinaia di firme in suo favore. Per questo ha avuto soli otto giorni di carcere invece di quindici”.

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Piotr Markielau è uno dei leader della protesta studentesca in Bielorussia, dove i cittadini di ogni categoria protestano contro il dittatore, Aljaksandr Lukashenka, dal 9 agosto. Per la sua attività Markielau ha già scontato 67 giorni di carcere. “La prima volta sono stato arrestato nel marzo del 2017, partecipavo, come osservatore, a una manifestazione di un gruppo di anarchici. Mi condannarono a 12 giorni di carcere. Devo dire che le condizioni in prigione a quel tempo erano molto migliori di adesso. Sono stato poi arrestato per una foto fake finita sul web, per un cartello sulla depenalizzazione, per una diretta streaming su Facebook in cui denunciavo i brogli alle elezioni locali, e all’inizio di quest’anno mentre seguivo il processo contro alcuni amici. I poliziotti mi presero di mira perché sapevano che ero un attivista. A luglio sono stato di nuovo arrestato come misura preventiva, prima delle elezioni. Ma confesso che adesso cerco di stare più attento: con i miei precedenti, rischio di non finire più davanti a un tribunale amministrativo, ma a un penale. In questo momento sono i miei genitori che stanno protestando di più. Sono stati tra i primi operatori sanitari a scendere in piazza dal 12 al 13 agosto, quando gli studenti di medicina sono stati espulsi per aver sostenuto il movimento di opposizione. Mio padre è stato arrestato e ha trascorso otto giorni in prigione. Mia madre è stata arrestata due volte. Lei se la è cavata con una multa ( circa da 100 euro) perché mio fratello ha solo nove anni, e la legge risparmia il carcere alle madri di minori. Mio padre è un medico molto stimato, e quando è andato in tribunale i suoi colleghi hanno raccolto centinaia di firme in suo favore. Per questo ha avuto soli otto giorni di carcere invece di quindici”.

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Malgrado la repressione, spiega Markielau al Foglio, “le proteste della domenica sono ancora in corso. Negli ultimi mesi, il numero di attivisti arrestati è in aumento: quasi 500 persone ogni domenica e il 15 novembre, quando sono stato arrestato di nuovo, il numero è arrivato a mille. Anche la natura delle proteste sta cambiando. La gente evita le strade principali, si riunisce in piccoli gruppi, nelle piazze e nei cortili. In molti si aspettano che il regime verrà giù per il crollo del rublo. Nel frattempo, stiamo cercando di costruire una società civile. I cittadini creano nuove comunità, si aprono, condividono idee”. La prossima grande manifestazione, ci spiega Markieklau, “è stata organizzata per il 20 dicembre. Con il nuovo anno le proteste cresceranno, e un grande appuntamento è previsto per il 25 marzo, anniversario della dichiarazione di indipendenza del 1918”.

 

E quali sono gli obiettivi? “Nuove elezioni eque senza Lukashenka, rilascio di tutti i prigionieri politici, responsabilità penale per i responsabili di abusi e torture ai civili”. Ma qual è il vero rapporto tra Lukashenka e Putin? A volte sembrano alleati, a volte avversari. “Non si piacciono, ma hanno sempre fatto affari assieme. La Bielorussia è sempre stata alleata della Russia, l’unica eccezione è stata l’integrità territoriale dell’Ucraina”. Sono quattro mesi che la protesta va avanti e stupisce quanto la sua natura sia sempre rimasta pacifica, nonostante la forte repressione da parte del regime. “Molte persone sono scese in piazza per la prima volta il 9 agosto, dopo aver creduto per tanto tempo in meccanismi legali come scrivere petizioni o fare richieste ufficiali. Ma quando tutti i metodi legali sono stati esauriti, la gente ha iniziato una protesta che in parte ha presentato anche delle forme più radicali. Per esempio le informazioni sugli agenti delle forze dell’ordine pubblicate sul web: una violazione della privacy. C’è molta paura. Si rischiano cinque anni di carcere per cose come proteggere una signora anziana da un agente di polizia che la picchia. Per 26 anni, questo regime è penetrato in ogni sfera della vita, pubblica e privata. Il popolo bielorusso sta imparando un po’ per volta a credere in sé stesso, ma abbiamo bisogno di un grande appoggio internazionale”.

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