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Il veto dei polacchi sul Recovery ha un punto debole: i soldi

David Carretta

Le conseguenze finanziarie di un Recovery fund a 25 spaventano la Polonia e ora il vicepremier Gowin cerca “un buon compromesso” nell’interesse di tutti. Orbán furioso

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Il patto magiaro-polacco contro lo stato di diritto ha mostrato una prima crepa giovedì, sollevando la speranza di una svolta al Consiglio europeo della prossima settimana per sbloccare il bilancio 2021-27 dell’Ue e il Recovery fund. Mentre a Bruxelles si stava lavorando a un Recovery fund a 25 perché non c’erano segnali positivi da Ungheria e Polonia, a Varsavia il vicepremier polacco, Jaroslaw Gowin, ha detto che “un buon compromesso” è nell’interesse di tutti e che il suo paese non poteva permettersi di perdere miliardi a causa dello stallo sul pacchetto di bilancio europeo.

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Il patto magiaro-polacco contro lo stato di diritto ha mostrato una prima crepa giovedì, sollevando la speranza di una svolta al Consiglio europeo della prossima settimana per sbloccare il bilancio 2021-27 dell’Ue e il Recovery fund. Mentre a Bruxelles si stava lavorando a un Recovery fund a 25 perché non c’erano segnali positivi da Ungheria e Polonia, a Varsavia il vicepremier polacco, Jaroslaw Gowin, ha detto che “un buon compromesso” è nell’interesse di tutti e che il suo paese non poteva permettersi di perdere miliardi a causa dello stallo sul pacchetto di bilancio europeo.

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Il fatto è che la Commissione di Ursula von der Leyen aveva inviato a Varsavia un gruppo di suoi funzionari per chiarire le conseguenze finanziarie per la Polonia dell’esercizio provvisorio all’inizio del prossimo anno e di un bilancio 2021 dell’Ue senza l’adozione del quadro finanziario pluriennale. I pagamenti della politica di coesione, di cui la Polonia è il primo beneficiario nell’Ue, potrebbero subire “tagli del 50-75 per cento”, come ha spiegato al Foglio un alto funzionario europeo. Se l’Ue dovesse poi andare avanti con il piano B di un Recovery fund a 25 senza Polonia e Ungheria, Varsavia perderebbe altri 27 miliardi di euro. “Capiamo tutti che nel caso di un veto polacco e ungherese, ci sarebbe un bilancio provvisorio che non sarebbe buono per la Polonia”, ha detto Gowin, dopo l’incontro con gli emissari della Commissione. Così il vice-premier polacco ha annunciato che, per rinunciare al veto, al suo governo basterebbe “una dichiarazione interpretativa vincolante” del Consiglio europeo sul meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto per dire che “non sarà usato per esercitare pressione ingiustificata su singoli stati membri in settori diversi dall’uso dei fondi dell’Unione europea”.

 

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Viktor Orbán sembra che sia andato su tutte le furie quando ha letto sulle agenzie le dichiarazioni di Gowin. Nella sua intervista settimanale alla radio pubblica, il premier ungherese ha detto che “i polacchi non possono tirarsi indietro dal veto: i nostri paesi hanno firmato una dichiarazione che dice che Ungheria e Polonia si sosterranno a vicenda e non accetteranno una soluzione che è inaccettabile per l’altro”. La dichiarazione è stata firmata appena una settimana fa a Budapest da Orbán e Mateusz Morawiecki. Dopo l’intervista radiofonica di Orbán, il portavoce del premier polacco ha annunciato che la “Polonia mantiene integralmente la sua posizione” sul pacchetto di bilancio. Il veto rimane. Del resto l’uscita di Gowin non aveva il sostegno di tutti a Varsavia. Lui è a capo di una corrente più moderata del partito Legge e Giustizia (PiS), in concorrenza con l’ala più dura legata al ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro. Questa settimana c’è stata una riunione tra Ziobro e Gowin e il leader del PiS, Jaroslaw Kaczynski. Secondo Gazeta Wyborcza, l’idea era trovare proposte di compromesso da portare all’Europa. Ma non ne è uscito molto, se non uno scontro tra Gowin e Ziobro. Gowin ha definito il meccanismo di condizionalità “sdentato”. Ziobro ha ribattuto che non è affatto senza denti, che può fare molto male alla Polonia e che in realtà non c’è bisogno dei soldi europei. L’ultima parola come sempre spetta a Kaczynski, che prima era molto affascinato da Ziobro, ma sembra aver cambiato idea di fronte alla prospettiva di perdere decine di miliardi.

 

Questa settimana Ziobro voleva convocare una conferenza stampa per parlare del veto e criticare l’atteggiamento dell’Unione europea e pare che Kaczynski gli abbia ordinato di annullarla. La Commissione ritiene di aver trovato un punto debole per smontare l’asse tra Polonia e Ungheria. “Il PiS ha bisogno dei soldi europei, e in particolare di quelli della politica di coesione, per le regioni orientali più povere della Polonia dove si concentra la sua base elettorale”, spiega al Foglio un’altra fonte dell’Ue. La dichiarazione interpretativa chiesta da Gowin è praticamente pronta da settimane. Cioè ribadire quel che è già scritto nei regolamenti. Il Consiglio europeo è disponibile a dire che la Commissione sarà imparziale e che il meccanismo di condizionalità riguarda solo i problemi di stato di diritto legati ai fondi europei e non le scelte politiche dei governi nazionali su temi come i migranti, l’aborto o i diritti Lgbt. Resta comunque l’ostacolo Orbán, che ne ha fatto una battaglia ideologica da cui è difficile tornare indietro e può tenere in ostaggio tutti anche se la Polonia cambia campo. “Siamo stati molto chiari nei confronti di questi stati membri”, ha avvertito ieri Paolo Gentiloni: sul Recovery fund “andremo avanti senza di loro”.

 

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