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L’età adulta dei Grünen inizia con un nuovo programma e un dilemma

Edoardo Toniolatti

Con le elezioni che si avvicinano i Verdi tedeschi dovranno scegliere quale dei due leader candidare: Habeck o Baerbock?

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I Verdi tedeschi avevano brindato all’arrivo del 2020 in una delle fasi più entusiasmanti della loro storia. Venivano da un paio d’anni costellati da successi elettorali. Prima nelle regionali in Baviera e in Assia, nell’autunno del 2018; poi alle Europee del maggio 2019, quando si confermarono secondo partito dietro all’Union conservatrice per soli otto punti percentuali ma staccando i socialdemocratici della Spd di quasi cinque lunghezze. I due leader, Robert Habeck e Annalena Baerbock, erano ormai figure sempre più conosciute e apprezzate dai tedeschi. Lui stella mediatica, lei esperta e competente, erano riusciti a compiere un vero miracolo: far passare uno dei partiti più rissosi e litigiosi della storia tedesca per un blocco unito e coeso. Da sempre preda delle fortissime tensioni fra Fundis e Realos, cioè fra “fondamentalisti” e “realisti”, sotto la loro guida i Grünen parevano finalmente un movimento dalla voce unica, chiara e riconoscibile. Insomma, per i Verdi il 2020 sembrava destinato a essere non solo l’anno in cui festeggiare i 40 anni dalla fondazione, ma anche e soprattutto quello in cui consolidare la scalata ai vertici della politica tedesca – e perché no sognare la presa della cancelleria alle elezioni nazionali, nell’autunno del 2021.

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I Verdi tedeschi avevano brindato all’arrivo del 2020 in una delle fasi più entusiasmanti della loro storia. Venivano da un paio d’anni costellati da successi elettorali. Prima nelle regionali in Baviera e in Assia, nell’autunno del 2018; poi alle Europee del maggio 2019, quando si confermarono secondo partito dietro all’Union conservatrice per soli otto punti percentuali ma staccando i socialdemocratici della Spd di quasi cinque lunghezze. I due leader, Robert Habeck e Annalena Baerbock, erano ormai figure sempre più conosciute e apprezzate dai tedeschi. Lui stella mediatica, lei esperta e competente, erano riusciti a compiere un vero miracolo: far passare uno dei partiti più rissosi e litigiosi della storia tedesca per un blocco unito e coeso. Da sempre preda delle fortissime tensioni fra Fundis e Realos, cioè fra “fondamentalisti” e “realisti”, sotto la loro guida i Grünen parevano finalmente un movimento dalla voce unica, chiara e riconoscibile. Insomma, per i Verdi il 2020 sembrava destinato a essere non solo l’anno in cui festeggiare i 40 anni dalla fondazione, ma anche e soprattutto quello in cui consolidare la scalata ai vertici della politica tedesca – e perché no sognare la presa della cancelleria alle elezioni nazionali, nell’autunno del 2021.

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Poi però è arrivato il coronavirus, la Germania si è ritrovata a dover affrontare una pandemia e i Verdi a ridimensionare le loro ambizioni. Come in molti altri paesi, anche in Germania la crisi sanitaria ha portato una nuova ondata di popolarità al governo in carica. Angela Merkel è tornata saldamente al primo posto nell’apprezzamento dei tedeschi, seguita da altre figure centrali nella gestione di questa fase come il ministro delle Finanze, Olaf Scholz, prossimo candidato cancelliere della Spd, e il ministro della Salute, Jens Spahn (Cdu). All’opposizione nel Bundestag, i Verdi sono quindi stati penalizzati dal crescente supporto di cui gode la Kanzlerin; e anche a livello locale fanno parte di numerose coalizioni di governo ma guidano direttamente soltanto il Baden-Württemberg, un fattore che limita la loro visibilità a livello nazionale. Tanto che tutti i sondaggi degli ultimi mesi hanno visto Cdu e Spd risalire e i Verdi invece calare: il sogno di sfidare il colosso conservatore, fino a un annetto fa una possibilità concreta, è tramontato.

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Una delle ragioni di questo declino ha sicuramente a che fare con la ragione sociale dei Verdi. Pur non essendo più da tempo un single-issue party, e anzi avendo accumulato esperienza di governo negli anni di Gerhard Schröder, il loro punto forte rimangono le questioni ecologiche, la difesa dell’ambiente e la sostenibilità: temi importanti ma difficili da far passare come prioritari quando la pandemia colonizza ogni angolo del dibattito politico. E’ importante per i Grünen trovare una posizione originale e riconoscibile su tutte le questioni sul tavolo: ed è anche per questo che il congresso digitale dello scorso fine settimana è stato così significativo. Il punto principale era infatti l’approvazione del nuovo Grundsatzprogramm, il “programma fondamentale”, la cui ultima versione risaliva al 2002, prima che avesse inizio l’èra Merkel. Non si tratta del programma per la campagna elettorale ma di un manifesto di princìpi fondamentali che guideranno l’azione politica del partito negli anni a venire. E l’obiettivo di mostrarsi maturi e affidabili è evidente fin dal nome del nuovo programma: Veränderung schafft Halt, “il cambiamento crea la stabilità”. Gli ottocento delegati – connessi online – hanno finalmente concluso un processo che durava da due anni e mezzo, fra discussioni, emendamenti e votazioni. La lotta al cambiamento climatico rimane naturalmente al centro, ma trovano ampio spazio le questioni economiche e sociali. E anche i temi legati alla difesa dell’ambiente vengono declinati in modo meno ideologico e più orientato verso un approccio scientifico: cade ad esempio il rifiuto totale verso gli Ogm, così come il sostegno all’inclusione dei rimedi omeopatici fra i farmaci passati dalla mutua.

 

E’ un programma che pende a sinistra, come dimostra anche l’approvazione di un Grundeinkommen, un reddito di base che nelle intenzioni della leadership del partito avrebbe dovuto essere subordinato ad alcuni requisiti essenziali, e che i delegati hanno invece votato in una forma senza condizioni, trasformandolo in una specie di reddito di cittadinanza. Ma anche i ponti con lo schieramento conservatore, in vista di potenziali alleanze, rimangono d’oro. Al momento i sondaggi danno i Grünen stabili intorno al 20 per cento, probabile seconda forza e sicuramente perno di tutti i possibili scenari di coalizione. Dalla tradizionale alleanza con Spd e Linke a un accordo con l’Union, tutte le strade sono aperte. Una domanda rimane però ancora senza risposta, una delle più importanti quando ci si prepara ad una campagna elettorale: chi sarà il candidato cancelliere? Dal 2009 in poi i Verdi hanno sempre presentato una candidatura doppia, un uomo e una donna – un modo per tenere buone entrambe le anime del partito, radicali e realisti. Stavolta però c’è una differenza sostanziale: la candidatura conta sul serio, perché l’idea che l’anno prossimo alla cancelleria arrivi un verde non è più così assurda. Se Spd e Linke prenderanno abbastanza voti per una maggioranza rosso-rosso-verde, è probabile che saranno i Verdi a guidare la coalizione come primo partito, e a quel punto il successore di Merkel potrebbe davvero essere uno di loro. Solo che il cancelliere non lo si può fare in due. Chi scegliere, allora? Robert Habeck è il più popolare, ma Annalena Baerbock gode di un maggiore sostegno all’interno del partito. I due per ora minimizzano, c’è ben altro a cui pensare. Ma sanno benissimo che non è così: il tempo stringe, e presto bisognerà decidersi.

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