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trump o non trump?

Nella gara a riposizionarsi, le tv conservatrici fanno ultimatum anche agli ospiti

Luciana Grosso

A guadagnare, dalla emorragia di ascolto e di fedeltà alla linea di Fox News, sono stati due canali tv, misconosciuti fino a pochi mesi fa e oggi in crescita verticale: One America News Network (Oann), e Newsmax

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C’è una gara esplicita nella galassia dei media della destra americana: chi è più trumpiano, chi lo è meno? Questa gara è figlia di una scommessa: quale sarà il futuro del Partito repubblicano? Seguirà la base, innamorata di Donald Trump e delle sue teorie oppure nel giro di qualche mese disconoscerà gli ultimi quattro anni, la famiglia Trump e tutte le stramberie che si porta dietro? I media conservatori stanno scommettendo, ognuno a suo modo, su questa o quella posizione. E sulla base delle loro previsioni si stanno ricollocando. Il New York Post, quotidiano che fino allo scorso 3 novembre è stato alfiere di un trumpismo assai muscolare, nel giro di un paio di giorni ha fatto una rapida giravolta, disconoscendo il presidente sconfitto (“You are fired”). Lo stesso vale per Drudge Report, un sito assai corsaro che nel 2016 tirò la volata a Trump e che si è via via disamorato, finendo per trattarlo come un appestato. Dall’altro lato della barricata, invece, c’è Breitbart, una specie di organo ufficiale dell’estrema destra, del trumpismo e del suprematismo bianco e che dalle sue posizioni non accenna a muoversi. Ma i giornali sono semplici comprimari di una competizione che riguarda soprattutto social e televisione.

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C’è una gara esplicita nella galassia dei media della destra americana: chi è più trumpiano, chi lo è meno? Questa gara è figlia di una scommessa: quale sarà il futuro del Partito repubblicano? Seguirà la base, innamorata di Donald Trump e delle sue teorie oppure nel giro di qualche mese disconoscerà gli ultimi quattro anni, la famiglia Trump e tutte le stramberie che si porta dietro? I media conservatori stanno scommettendo, ognuno a suo modo, su questa o quella posizione. E sulla base delle loro previsioni si stanno ricollocando. Il New York Post, quotidiano che fino allo scorso 3 novembre è stato alfiere di un trumpismo assai muscolare, nel giro di un paio di giorni ha fatto una rapida giravolta, disconoscendo il presidente sconfitto (“You are fired”). Lo stesso vale per Drudge Report, un sito assai corsaro che nel 2016 tirò la volata a Trump e che si è via via disamorato, finendo per trattarlo come un appestato. Dall’altro lato della barricata, invece, c’è Breitbart, una specie di organo ufficiale dell’estrema destra, del trumpismo e del suprematismo bianco e che dalle sue posizioni non accenna a muoversi. Ma i giornali sono semplici comprimari di una competizione che riguarda soprattutto social e televisione.

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Per quel che riguarda i social, il loro è un mondo nel quale per definizione non ci sono regole: una palude in cui vale tutto e non vale niente. Twitter e Facebook hanno provato, in questi ultimi mesi, a mettere un freno a post e account troppo razzisti, complottisti o violenti. Ma comunque il problema non si è posto che per poche ore, poiché, non appena Twitter e Facebook hanno iniziato i loro timidi repulisti, gli account sgraditi si sono riversati a migliaia su Parler, una specie di Twitter di destra. La televisione, invece, è un’altra cosa perché non si fa gratis. Richiede soldi, investimenti, pubblicità: azzeccare il collocamento politico di oggi inciderà sui profitti o sulle perdite di domani. Per questo, Fox News, che per anni è stata il più solerte aedo di Donald Trump, oggi non può permettersi di sbagliare nella scelta tra Trump o non Trump, tra destra moderata o trumpismo a oltranza. Non è ancora chiaro cosa farà la rete un tempo preferita dai repubblicani, perché un cambio di rotta troppo repentino farebbe sembrare i suoi giornalisti pazzi, e lo stesso farebbe il continuare a insistere sulla teoria delle elezioni rubate. Così sembra che il vento, lentamente ma inesorabilmente, stia tirando dalla parte opposta di Donald Trump.

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Qualcosa nel sodalizio tra il presidente e la sua televisione preferita ha cominciato a scricchiolare la notte delle elezioni, quando Fox ha assegnato l’Arizona per Biden, mandando su tutte le furie Trump. Da allora le cose sono andate peggiorando, con gli anchorman di Fox che hanno preso a riferirsi a Biden come presidente eletto, prima che la pseudo concessione di Trump li autorizzasse a farlo, o che esplicitamente dicevano che non c’erano prove di nessuna frode elettorale. Dopo tanti anni di concordia, però, il divorzio tra il presidente e Fox News, se ci sarà davvero, non sarà indolore. Anzi. Del resto, di questi tempi, non conviene a nessuno mettersi contro un uomo che muove 70 milioni di voti. Per questo gli ascolti del canale hanno già preso a scendere, seppur di poco, e gli account social dei volti più noti del canale a essere presi di mira da centinaia di elettori trumpiani inferociti che li accusano di essersi venduti al comunismo di Joe Biden.

 

A guadagnare, dalla emorragia di ascolto e di fedeltà alla linea di Fox, sono stati due canali tv, misconosciuti fino a pochi mesi fa e oggi in crescita verticale: uno (per il quale non ci sono dati) è One America News Network (Oann), televisione lanciata nel 2013 e apertamente trumpiana, nota soprattutto per aver diffuso bufale talmente smaccate che, pochi giorni fa, YouTube ne ha sospeso l’account. L’altra è Newsmax, una piccola televisione che fino alla scorsa estate viaggiava sui 35 mila spettatori di media e che ora veleggia verso il milione. Numeri ancora piccoli, rispetto a quelli di Fox (che difficilmente scende sotto i 2,5) ma che preoccupano la televisione ex regina di ascolti tra il pubblico conservatore, tanto che si dice (anche se dal quartier generale smentiscono) che stia girando un memo tra le redazioni: dite agli ospiti che se vanno a Newsmax, non potranno mettere più piede negli studi Fox. Anche i semplici opinionisti dovranno fare una scelta: Trump o non Trump?

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