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"fiero come un galletto"

Darmanin, il ministro del'Interno che frattura la destra e non piace alla sinistra

Il suo padre politico è Nicolas Sarkozy: gli stessi metodi, le stesse promesse e le stesse dichiarazioni sull'insicurezza

Mauro Zanon

Il suo capo di gabinetto lo ha definito "un galletto". È l'emblema della destrizzazione della presidenza di Macron e l'ala progressista di Lrem non riesce ancora a digerire la sua nomina, soprattutto dopo la legge sulla sicurezza globale e lo sgombero di Place de la République

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Parigi. Pierre de Bousquet, capo di gabinetto del ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, non si era reso conto che il microfono era ancora acceso quando al termine del suo intervento, nella riunione preparatoria del Consiglio di difesa sanitaria, ha detto che il suo boss, in questi giorni, “è fiero come un galletto, tutto contento di aver vinto in Parlamento con l’articolo 24”, ossia l’articolo della controversa legge sulla sicurezza globale, che introduce un nuovo reato per chiunque diffonda immagini suscettibili di “danneggiare l’integrità fisica e morale” degli agenti di polizia. Il commento, inevitabilmente, è finito sul Canard enchaîné, il settimanale più informato di Parigi, e in molti hanno fatto notare che la frasetta maligna di De Bousquet assomiglia molto al giudizio di Obama su Nicolas Sarkozy, padre politico di Darmanin. “Da quando è stato nominato, moltiplica le promesse nei confronti dei poliziotti, riprende le parole della presidente del Rassemblement national Marine Le Pen sull’‘imbarbarimento’ della società e occupa il terreno securitario seguendo la stessa messa in scena di Nicolas Sarkozy”, ha scritto Françoise Fressoz, editorialista del Monde.

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Parigi. Pierre de Bousquet, capo di gabinetto del ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, non si era reso conto che il microfono era ancora acceso quando al termine del suo intervento, nella riunione preparatoria del Consiglio di difesa sanitaria, ha detto che il suo boss, in questi giorni, “è fiero come un galletto, tutto contento di aver vinto in Parlamento con l’articolo 24”, ossia l’articolo della controversa legge sulla sicurezza globale, che introduce un nuovo reato per chiunque diffonda immagini suscettibili di “danneggiare l’integrità fisica e morale” degli agenti di polizia. Il commento, inevitabilmente, è finito sul Canard enchaîné, il settimanale più informato di Parigi, e in molti hanno fatto notare che la frasetta maligna di De Bousquet assomiglia molto al giudizio di Obama su Nicolas Sarkozy, padre politico di Darmanin. “Da quando è stato nominato, moltiplica le promesse nei confronti dei poliziotti, riprende le parole della presidente del Rassemblement national Marine Le Pen sull’‘imbarbarimento’ della società e occupa il terreno securitario seguendo la stessa messa in scena di Nicolas Sarkozy”, ha scritto Françoise Fressoz, editorialista del Monde.

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I parallelismi con Sarkò ministro dell’Interno sono all’ordine del giorno da quando Darmanin, lo scorso luglio, ha preso possesso di Place Beauvau, il fortino dei segreti e dei dossieraggi, dove si decidono gli sgomberi a colpi di matraque e le linee guida della lotta contro il terrorismo. Sarkò prometteva di ripulire le banlieue con il kärcher e usava toni muscolari con l’islam politico, lo stesso fa Darmanin a suon di dichiarazioni tonitruanti sull’insicurezza dilagante e dissoluzioni di collettivi che flirtano con il radicalismo islamico. La sua nomina ha colto di sorpresa tutti quest’estate, a partire dall’ala sinistra della République en marche (Lrem), che oggi vorrebbe spennare il galletto Darmanin. La sua “retorica guerriera”, come viene definita dall’Humanité, fa venire il voltastomaco agli ex socialisti passati con Macron nel 2017. E l’evacuazione brutale di quattrocentocinquanta migranti, che lunedì si sono accampati simbolicamente a Place de la République, a Parigi, per attirare l’attenzione sul loro stato di invisibili e senza fissa dimora, ha rafforzato questo malessere. “Le immagini sono insopportabili. Non capisco quale sia la logica di sloggiare in quel modo dei migranti che certamente stavano utilizzando in maniera illegale lo spazio pubblico, e dunque bisognava trovare un rimedio, ma sono comunque degli esseri umani che oggi non hanno un tetto per proteggersi in periodo di Covid e di grande freddo”, ha attaccato il senatore Lrem Xavier Iacovelli.

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Oltre allo sgombero molto movimentato di lunedì, è la strenua difesa dell’articolo 24 della legge sulla sicurezza globale ad aver compattato in questi giorni il fronte anti Darmanin (l’articolo è considerato dai giornali francesi come un bavaglio alla liberta di stampa). “Vuole prendersi cura del suo elettorato e della sua amministrazione, ma non è il ministro dei poliziotti: è il ministro dell’Interno. Comportandosi in questo modo, ci allontana definitivamente dai nostri elettori”, ha dichiarato un deputato Lrem in forma anonima. Per la sinistra, Darmanin è l’emblema della “droitisation” della presidenza Macron: della sua virata a destra. L’inquilino dell’Eliseo, in privato, rivendica questa strategia, convinto che produrrà i suoi frutti alle elezioni presidenziali del 2022. E coccola il suo ministro dell’Interno invitandolo a cena, assieme alla moglie, al palazzo presidenziale. “L’ambiente è stato caloroso”, ha raccontato L’Opinion, parlando dell’“attenzione speciale” riservata dal presidente a Darmanin. “È sicuro della propria forza e della sua relazione diretta con il capo dello stato”, ha confidato un amico del ministro dell’Interno. In soli tre mesi, Darmanin si è imposto indiscutibilmente come l’uomo forte dell’esecutivo e come il miglior alleato di Macron per fratturare la destra orfana di Sarkozy.

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