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Il ritardo di Trump è un sabotaggio contro l’Amministrazione Biden

Daniele Ranieri

Dai rapporti dell’intelligence che non arrivano più agli uffici vuoti al Pentagono, il presidente fa la guerra al successore

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Il rifiuto da parte del presidente americano, Donald Trump, di ammettere di essere stato battuto a dieci giorni di distanza dalla proclamazione del vincitore – e chissà per quanto tempo ancora – è un atto di sabotaggio contro l’Amministrazione Biden. Mancano 64 giorni all’insediamento del nuovo presidente e questa dovrebbe essere la fase febbrile nella quale un governo succede a un altro con meno scossoni possibile. Invece non sta succedendo. Prendiamo la questione dei rapporti confidenziali scritti ogni giorno dell’intelligence americana. A partire da questa estate Biden ha cominciato a ricevere rapporti aggiornati dai servizi segreti. Non si trattava dello stesso rapporto che il presidente riceve ogni mattina e non arrivava tutti i giorni, ma era il candidato e quindi aveva diritto a un certo livello di condivisione – in modo che non arrivasse alla possibile vittoria a digiuno completo di informazioni. Da quando ha vinto, Biden ha smesso di ricevere quel rapporto perché in teoria adesso dovrebbe ricevere lo stesso rapporto messo tutte le mattine sulla scrivania di Trump. Ma il capo dell’Intelligence nazionale, che è nominato da Trump, rifiuta di mandarglielo perché dice che l’agenzia del governo che dovrebbe dichiarare chi è il vincitore non si è ancora pronunciata. Quell’agenzia è la General Services Administration, è diretta da Emily Murphy, un’altra nominata da Trump, e rifiuta di dichiarare chi ha vinto (però intanto cerca lavoro…). In realtà il capo dell’intelligence non è tenuto ad aspettare l’annuncio, ma in questo caso ha deciso di fare così. Nell’anno 2000 quando si dovette attendere fino a dicembre per la decisione della Corte Suprema il candidato Al Gore cominciò a ricevere tutti i giorni lo stesso rapporto del presidente. In questo caso non succede, perché Trump vuole ostacolare il più possibile l’Amministrazione Biden.

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Il rifiuto da parte del presidente americano, Donald Trump, di ammettere di essere stato battuto a dieci giorni di distanza dalla proclamazione del vincitore – e chissà per quanto tempo ancora – è un atto di sabotaggio contro l’Amministrazione Biden. Mancano 64 giorni all’insediamento del nuovo presidente e questa dovrebbe essere la fase febbrile nella quale un governo succede a un altro con meno scossoni possibile. Invece non sta succedendo. Prendiamo la questione dei rapporti confidenziali scritti ogni giorno dell’intelligence americana. A partire da questa estate Biden ha cominciato a ricevere rapporti aggiornati dai servizi segreti. Non si trattava dello stesso rapporto che il presidente riceve ogni mattina e non arrivava tutti i giorni, ma era il candidato e quindi aveva diritto a un certo livello di condivisione – in modo che non arrivasse alla possibile vittoria a digiuno completo di informazioni. Da quando ha vinto, Biden ha smesso di ricevere quel rapporto perché in teoria adesso dovrebbe ricevere lo stesso rapporto messo tutte le mattine sulla scrivania di Trump. Ma il capo dell’Intelligence nazionale, che è nominato da Trump, rifiuta di mandarglielo perché dice che l’agenzia del governo che dovrebbe dichiarare chi è il vincitore non si è ancora pronunciata. Quell’agenzia è la General Services Administration, è diretta da Emily Murphy, un’altra nominata da Trump, e rifiuta di dichiarare chi ha vinto (però intanto cerca lavoro…). In realtà il capo dell’intelligence non è tenuto ad aspettare l’annuncio, ma in questo caso ha deciso di fare così. Nell’anno 2000 quando si dovette attendere fino a dicembre per la decisione della Corte Suprema il candidato Al Gore cominciò a ricevere tutti i giorni lo stesso rapporto del presidente. In questo caso non succede, perché Trump vuole ostacolare il più possibile l’Amministrazione Biden.

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Questo sabotaggio rende parzialmente cieco il team che si occupa della transizione. Ma questa fase richiederebbe il massimo della collaborazione. Ci sono tanti dossier aperti come lo scontro con la Cina, la corsa al vaccino e i negoziati con i talebani e altri dossier altrettanto importanti dei quali però non si sa nulla. Si rischia di creare un buco di più di due mesi nel funzionamento degli Stati Uniti. “Quello che sta accadendo qui è che il presidente ha smesso di governare”, dice lo storico Andrew Bacevich a Bloomberg News. Bacevich è sempre stato molto restio a fare allarmismo, ma sostiene che “se i nostri avversari vogliono organizzare qualcosa contro di noi, questo stato di cose presenta loro un’opportunità”.  

 

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Oltre al ritardo che si accumula, c’è anche la questione della vulnerabilità del lavoro di Biden. Tenere la squadra che si occupa della transizione fuori dai palazzi del governo vuol dire esporla all’interesse di attori ostili. Non ha senso predisporre una difesa aerea sopra la casa di Biden nel Delaware e però costringerlo a fare chiamate su linee telefoniche non sicure. Al dipartimento di Stato e al Pentagono ci sono delle stanze apposta riservate per facilitare il lavoro al governo che entra. In questo momento sono vuote. 

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