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Gli orfani del trumpismo perdono. Bolsonaro sconfitto alle municipali

Maurizio Stefanini

Alle municipali in Brasile perdono i candidati sostenuti da Bolsonaro e va male il Partito dei lavoratori dell'ex presidente Lula. La ripresa del centro e la voglia di depolarizzazione

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Trump perde, ma anche il suo omologo tropicale, Jair Bolsonaro, ha appena subìto una grave sconfitta alle elezioni municipali, cui però corrisponde anche un marcato insuccesso del Partito dei lavoratori (Pt) dell’ex presidente Lula. Alle urne erano chiamati 147,9 milioni di elettori, per rinnovare circa 70.000 consiglieri in 5.569 municipi. I candidati erano 600.000, di cui 19.008 per la carica di sindaco, appartenenti a 33 partiti registrati, di cui solo tre non rappresentati al Congresso. Tra questi non c’era però quello di Bolsonaro. Candidato con un partitino, Partito social cristiano, il presidente è stato eletto con un altro, il Partito social liberale: l’ottavo e il nono della sua carriera politica.

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Trump perde, ma anche il suo omologo tropicale, Jair Bolsonaro, ha appena subìto una grave sconfitta alle elezioni municipali, cui però corrisponde anche un marcato insuccesso del Partito dei lavoratori (Pt) dell’ex presidente Lula. Alle urne erano chiamati 147,9 milioni di elettori, per rinnovare circa 70.000 consiglieri in 5.569 municipi. I candidati erano 600.000, di cui 19.008 per la carica di sindaco, appartenenti a 33 partiti registrati, di cui solo tre non rappresentati al Congresso. Tra questi non c’era però quello di Bolsonaro. Candidato con un partitino, Partito social cristiano, il presidente è stato eletto con un altro, il Partito social liberale: l’ottavo e il nono della sua carriera politica.

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Ma poco fa ne è uscito e ha cercato di lanciare una decima sigla, Alleanza per il Brasile, che però non è riuscita a trovare abbastanza consensi per essere registrata. Trump e Bolsonaro hanno in comune l’essere due negazionisti del Covid che sono stati contagiati a loro volta, e che hanno visto i loro paesi schizzare ai primi due posti nella classifica mondiale delle vittime. Mentre negli Stati Uniti però si è votato lo stesso, in Brasile le elezioni municipali sono state rinviate di sei settimane. Ma col voto obbligatorio l’astensionismo è stato del 22,72 per cento: appena un po’ di più del 18 per cento del 2016.

 

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Malgrado il disastro sanitario, in questo momento Bolsonaro ha una popolarità alta, superiore al 40 per cento. Merito dei sussidi che il governo ha distribuito ai cittadini costretti a casa, e di cui ha beneficiato oltre il 60 per cento dei brasiliani. Senza partito, ha avuto però il problema di come schierarsi. Prima, dunque, aveva scelto di non pronunciarsi; poi ha deciso di dare il suo endorsement a 59 candidati. Ma tutti sono andati male. A San Paolo, per esempio, il sindaco uscente Bruno Covas, del centrista Partito della socialdemocrazia brasiliana (Psdb), è andato al ballottaggio che sarà il 29 novembre con il 32,58 per cento, contro il 20,33 di Guilherme Boulos: leader di un sindacato di senza tetto candidato da quel Socialismo e Libertà (Posl) che è nato da una scissione del Pt contro il moderatismo dei governi di Lula.

 

Il giornalista Celso Russomano, sponsorizzato dal presidente, è arrivato appena quarto, con il 10,44 per cento. Ma ancora peggio è andato il candidato del Pt Jilmar Tatto: sesto con l’8,6. A Rio de Janeiro, però, sarà il candidato di Bolsonaro ad andare al ballottaggio con il 21,8 per cento: il vescovo evangelico Marcello Crivella. Era anche il sindaco uscente, ed è stato superato dal 37,01 dell’ex sindaco Eduardo Paes, dei Democratici: partito di destra tradizionale. Solo quarto il Pt, con l’11,27. La sinistra va invece al ballottaggio a Porto Alegre, che con l’invenzione del Forum Sociale per il Pt è una città simbolo. Solo che là il 29 per cento lo ha preso la comunista Manuela D’Ávila, già candidata alla vicepresidenza del petista Haddad alle ultime presidenziali. Sfiderà il centrista Sebastião Melo, del Movimento democratico brasiliano (Mdb), con il 31 per cento.

 

Più in generale, il Pt è riuscito ad andare al ballottaggio solo in due delle 25 capitali di stato, contro le 7 del 2016. Secondo gli analisti, se Bolsonaro ha il problema di aver fatto terra bruciata attorno a sé, il Pt avrebbe stancato gli elettori puntando tutta la campagna sulle ingiustizie fatte a Lula. Al primo turno sono andate tre capitali ai Democratici, due al Psdb e altre due al Partito social democratico (Psd). In sette delle diciotto capitali da definire, al ballottaggio andrà un candidato del Mdb.

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Il tutto configura una ripresa del centro che rivela una voglia di depolarizzazione, ma che riguarda anche forze politiche storicamente con problemi a esprimere candidati in grado di affermarsi in campo nazionale. Alla galassia centrista potrebbe dunque appoggiarsi il giudice Sérgio Moro, già giudice simbolo della Mani Pulite brasiliana. Dopo essere stato ministro della Giustizia di Bolsonaro e aver rotto con lui, Moro sta puntando chiaramente a presentarsi nel 2022. Il suo vicepresidente sarebbe Luciano Huck: popolare presentatore della catena tv Globo.

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