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unione europea

Ungheria e Polonia hanno messo il veto al pacchetto di bilancio dell'Ue

Budapest e Varsavia hanno rifiutato di dare il via libera al quadro finanziario pluriennale dell'Ue e alla decisione sulle risorse proprie necessaria alla Commissione per finanziare il Recovery fund

David Carretta

Pur di non rischiare di vedersi tagliare i fondi comunitari per le loro derive illiberali i due stati membri ripiombano l'Europa in una crisi politica nel pieno delle crisi sanitaria ed economica legate alla seconda ondata del coronavirus. Ora toccherà alla cancelliera Angela Merkel mettere pressione su Orbán e Morawiecki

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Ungheria e Polonia oggi hanno messo il veto al pacchetto di bilancio dell'Unione europea da oltre 1.800 miliardi di euro, ripiombando l'Europa in una crisi politica nel pieno delle crisi sanitaria e economica legate alla seconda ondata del coronavirus, pur di non rischiare di vedersi tagliare i fondi comunitari per le loro derive illiberali. Durante la riunione di oggi del Coreper – l'organismo che riunisce gli ambasciatori dei 27 stati membri presso l'Ue – i rappresentanti ungherese e polacco hanno dato seguito alla minaccia espressa dai loro primi ministri, Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki, negli ultimi 10 giorni: Budapest e Varsavia hanno rifiutato di dare il via libera al quadro finanziario pluriennale dell'Ue (il bilancio 2021-27 da 1.076 miliardi) e alla decisione sulle risorse proprie (necessaria alla Commissione per andare sui mercati e indebitarsi per finanziare il Recovery fund da 750 miliardi) a causa dell'accordo tra la presidenza tedesca dell'Ue e il Parlamento europeo sul meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. Dopo l'intesa di luglio tra i capi di stato e di governo su uno slancio e un fondo di solidarietà senza precedenti, “abbiamo di nuovo una crisi”, ha detto una fonte dell'Ue: “non si può dire quanto tempo ci vorrà per riportare le cose sui binari giusti. Quel che è certo è che ci saranno ritardi” per il Recovery fund e il nuovo bilancio 2021-27.

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Ungheria e Polonia oggi hanno messo il veto al pacchetto di bilancio dell'Unione europea da oltre 1.800 miliardi di euro, ripiombando l'Europa in una crisi politica nel pieno delle crisi sanitaria e economica legate alla seconda ondata del coronavirus, pur di non rischiare di vedersi tagliare i fondi comunitari per le loro derive illiberali. Durante la riunione di oggi del Coreper – l'organismo che riunisce gli ambasciatori dei 27 stati membri presso l'Ue – i rappresentanti ungherese e polacco hanno dato seguito alla minaccia espressa dai loro primi ministri, Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki, negli ultimi 10 giorni: Budapest e Varsavia hanno rifiutato di dare il via libera al quadro finanziario pluriennale dell'Ue (il bilancio 2021-27 da 1.076 miliardi) e alla decisione sulle risorse proprie (necessaria alla Commissione per andare sui mercati e indebitarsi per finanziare il Recovery fund da 750 miliardi) a causa dell'accordo tra la presidenza tedesca dell'Ue e il Parlamento europeo sul meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. Dopo l'intesa di luglio tra i capi di stato e di governo su uno slancio e un fondo di solidarietà senza precedenti, “abbiamo di nuovo una crisi”, ha detto una fonte dell'Ue: “non si può dire quanto tempo ci vorrà per riportare le cose sui binari giusti. Quel che è certo è che ci saranno ritardi” per il Recovery fund e il nuovo bilancio 2021-27.

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Di fronte allo stallo, la presidenza tedesca valuterà “i passi successivi” con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha spiegato la fonte dell'Ue. Con ogni probabilità la riunione in videoconferenza dei capi di stato e di governo di giovedì 19, che doveva essere dedicata al Covid-19 si trasformerà in un vertice di crisi sul bilancio. Von der Leyen non sembra intenzionata a immischiarsi. "La realtà istituzionale è che tocca alla Germania, presidente di turno dell'Ue, di trovare le soluzioni per una ratifica all'unanimità”, ha detto il portavoce della Commissione, Eric Mamer. Così toccherà alla cancelliera Angela Merkel mettere pressione su Orbán e Morawiecki. Il problema è che i contatti dietro le quinte della scorsa settimana non sono bastati a convincere i premier di Ungheria e Polonia. Giovedì Merkel aveva avuto una lunga conversazione telefonica con Orbán. Venerdì mattina il premier ungherese è andato in radio e ha detto che, se passa la condizionalità sullo stato di diritto, l'Ue si trasformerà in “una seconda Unione Sovietica”.

  

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Ungheria e Polonia sono tra i grandi beneficiari del bilancio Ue e del Recovery fund. Nel 2018, Bruxelles ha trasferito a Varsavia 16,3 miliardi, pari al 3,43 per cento del Pil. Grazie i vari strumenti del Recovery fund, la Polonia dovrebbe ricevere più di 27 miliardi aggiuntivi in sei anni. Nel 2018, Budapest ha ricevuto 6,3 miliardi dal bilancio Ue, pari al 5 per cento del Pil. Con il Recovery fund, di cui l'Ungheria sarà il primo beneficiario pro-capite, arriveranno altre 7,5 miliardi. A Bruxelles, diversi diplomatici sono convinti che sia possibile superare il veto polacco: il governo nazionalista del partito Diritto e giustizia (PiS), confrontato alla crisi economica del Covid-19, ha bisogno dei fondi comunitari per mantenere il suo consenso nelle regioni più povere. Per contro, molti dubitano che Orbán sia pronto a cedere. Nella lettera inviata dieci giorni fa a Merkel, Michel e von der Leyen per annunciare il suo veto, Orbán ha spiegato che per lui il problema non sono i soldi. Il testo si chiudere con le parole di Martin Lutero alla Dieta di Worms del 1521, dove era stato convocato dall'imperatore Carlo V per fare abiura sulla sua riforma del cristianesimo: "Qui io sto fermo, non posso fare altrimenti", ha scritto Orbán. In questo contesto, il rischio è sempre più alto che a inizio 2021, l'Ue si ritrovi in esercizio provvisorio, senza bilancio annuale, senza bilancio pluriennale e senza Recovery fund.

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