Lo scoop sulla homepage del New York Times 

Un gruppo di agenti israeliani ha ucciso il numero due di al Qaida a Teheran

Daniele Raineri

L'operazione d'intelligence è scattata il 7 agosto, anniversario degli attacchi del 1998 contro le ambasciate americane in Africa, grazie a informazioni fornite dagli Stati Uniti. L'Iran copre con discrezione i capi del gruppo terroristico

Questa notte il New York Times ha scritto che agenti israeliani hanno ucciso un capo di al Qaida il 7 agosto di quest’anno a Teheran, in Iran. La notizia merita una spiegazione. 

 

Nel maggio 1998 il capo di al Qaida, Osama bin Laden, concede un’intervista video a un reporter della rete Abc per dire che lancerà attacchi contro gli americani. Dietro di lui c’è una grande mappa dell’Africa. E’ un messaggio provocatorio di al Qaida contro gli Stati Uniti che sarà compreso soltanto tre mesi dopo. Il 7 agosto del 1998 al Qaida attacca due ambasciate americane in Africa con due camion bomba. Uno a Dar es Salaam, capitale della Tanzania, e uno a Nairobi, capitale del Kenya. Negli attentati muoiono 224 persone (i morti americani sono dodici). E’ il momento nel quale al Qaida diventa una preoccupazione fissa di governi, agenzie di sicurezza e intelligence e nascono unità apposta che si occupano di dare la caccia agli uomini di al Qaida. Ma non sono abbastanza coordinate, raccolgono una quantità immensa di informazioni e non sanno come usarle. Questo permetterà ad al Qaida di colpire di nuovo tre anni dopo a New York e a Washington.

 

Degli attacchi in Africa si era occupato un leader egiziano, Abu Abdullah al Masri, che era stato un calciatore della serie A egiziana prima di andare a combattere in Afghanistan e di unirsi al gruppo. Nel 2002 è di nuovo lui a organizzare un attacco, sempre in Kenya, contro un resort che ospita turisti israeliani. Tre uomini arrivano su una jeep, uno si fa saltare al cancello di entrata per aprire la strada agli altri, gli altri due guidano la jeep contro l’edificio principale e la fanno esplodere – uccidono tredici persone. Negli stessi minuti un’altra squadra nascosta appena fuori dall’aeroporto di Nairobi lancia due missili terra aria contro un volo charter di turisti israeliani che stanno tornando in Israele – ma i missili non colpiscono il bersaglio. 

 

Il 7 agosto di quest’anno è l’anniversario del primo attacco in Africa. Alcuni uomini in moto si avvicinano alla Renault L90 bianca guidata da Al Masri nelle strade di Teheran e uccidono a colpi di pistola lui e sua figlia Mariam. Lei aveva spostato Hamza bin Laden, figlio di Osama destinato a prendere il posto come capo dell’organizzazione – ucciso nel 2019 nella regione Pakistan/Afghanistan. Con il senno di poi, la data scelta per l’uccisione è un messaggio provocatorio degli Stati Uniti contro al Qaida. 

 

Al Masri, come altri capi di al Qaida, era ospite dell’Iran. Di solito a questo punto c’è l’obiezione che l’Iran è sciita e al Qaida è un’organizzazione estremista sunnita, ma l’Iran è anche un regime pragmatico che considera i nemici dei suoi nemici come possibili asset, anche se sono terroristi che ammazzano civili. Per asset s’intende: elementi che ti possono venire molto utili. Sulla storia di come l’Iran ha ospitato e ospita ancora gli uomini di al Qaida c’è un libro di seicento pagine (“The Exile”) scritto da due giornalisti specializzati molto bravi che racconta tutto. Tra gli episodi che ricordo: quando uno dei capi più pericolosi (esperto nell’uso di esplosivi) e vicini a Bin Laden, Sayd al Adel, vuole nuotare, gli iraniani lo portano in una bella piscina della capitale frequentata anche da diplomatici occidentali, che così senza saperlo sono vicini di corsia con un ricercato internazionale che ha sulla testa dieci milioni di dollari di taglia. 

 

A gestire gli uomini di al Qaida in Iran c’è il generale delle Guardie della rivoluzione che si occupa delle faccende speciali, Qassem Suleimani, che poi sarà ucciso da un drone americano a Baghdad a gennaio di quest’anno. L’illusione che l’Iran in mano ai khomeinisti sia un paese normale e che Suleimani fosse un semplice “generale” si spezza contro questi fatti. Nel traffico cittadino della capitale si possono trovare in libertà i capi di al Qaida responsabili di massacri di civili in tutto il mondo –  le discoteche di Bali nel 2002 (200 morti), i treni di Madrid (190 morti), i dodici attentatori suicidi contro i ristoranti di Casablanca in Marocco nel 2003 (33 morti), i due camion bomba a Istanbul nel 2003 (54 morti), i treni di Madrid nel 2004 (190 morti), la metropolitana di Londra nel 2005 (52 morti) e la lista va avanti. 

 

Queste sono informazioni alla portata di tutti. I regimi considerano gli estremisti come nemici pericolosi ma anche come asset preziosi da usare in caso di necessità. L’Iran sciita finanzia anche il gruppo palestinese sunnita Hamas nella Striscia di Gaza. Il regime alawita di Bashar el Assad ha aiutato per anni i terroristi dello Stato islamico in Iraq durante il picco della presenza americana nel vicino Iraq, fra il 2004 e il 2010. All’inizio della rivolta popolare nel 2011 il regime siriano liberò centinaia di estremisti e veterano della guerriglia in Iraq e così accelerò in modo radicale il dominio del terroristi sul resto dell’opposizione. 

 

Gli iraniani coprono la notizia della morte di al Masri e dicono che si tratta di un professore libanese, Habib Daoud, considerato vicino a Hezbollah. Ma non esiste alcun professore Habib Daoud. Sono i giorni immediatamente successivi all’esplosione catastrofica nel porto di Beirut. Il doppio omicidio a Teheran non attira molta attenzione. 

 

Le fonti del New York Times dicono che ad agire è stata una squadra di sicari israeliani su indicazioni fornite dagli americani. Israele non conferma, ma questa è una costante, non conferma mai. Che gli israeliani abbiano un apparato di agenti locali in Iran è un fatto che si conosce da molto tempo. Ci sono stati altri omicidi in passato – in particolare contro gli scienziati che lavorano al programma nucleare. Questa estate c’è stata anche una campagna di sabotaggi contro alcune installazioni militari e civili che ha avuto il suo picco agli inizi di luglio e poi si è fermata. 

 

Al Masri era considerato il primo in linea per la successione in caso di morte dell’egiziano Ayman al Zawahiri e proprio ieri è arrivata la notizia della morte probabile di al Zawahiri per cause naturali un mese fa. Considerato che Hamza bin Laden è morto, Zawahiri è morto e al Masri è morto, il nuovo capo di al Qaida potrebbe essere l’egiziano Sayf al Adel, quello che andava in piscina a Teheran, oppure un volto meno conosciuto. 

 

Una foto recente dell'egiziano Sayf al Adel pubblicata da al Qaida

Postilla a proposito della Casa Bianca e dell’apparato americano per dare la caccia ai terroristi e ucciderli. Il lavoro va avanti per individuare un bersaglio può durare molti anni e alla fine non conta se il presidente è un repubblicano oppure un democratico, l’esito è sempre lo stesso. Se ci sono le condizioni, il governo americano autorizza l’operazione. E’ successo con Abu Mussab al Zarqawi in Iraq nel 2006 (Amministrazione Bush), con Osama bin Laden in Pakistan nel 2011 (Amministrazione Obama), con Abu Bakr al Baghdadi in Siria nel 2019 (Amministrazione Trump) e con molti altri. 


 

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