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Trump vs. Biden, sul campo da golf

Giuseppe De Filippi

Il presidente uscente bara nel gioco come nelle elezioni, mentre il prossimo inquilino della Casa Bianca è un buon giocatore, prudente

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La notizia buona è che avrà più tempo libero, quella cattiva è che potrà giocare di più a golf. Per la verità non è che da presidente Donald Trump si sia trattenuto da una eccessiva frequentazione dei (prevalentemente suoi) campi. Come è noto è andato a fare qualche buca anche il giorno successivo alla certezza della vittoria di Joe Biden. Il modo in cui conta i colpi a golf, dove si vince con numeri inferiori a quelli dei rivali, è notoriamente slegato dalle regole del gioco e soprattutto da quelle del banale calcolo aritmetico basato su semplici somme di numeri interi, perché lui tende, diciamo, a sottovalutare i colpi tirati (a un certo punto parte il suo STOP THE COUNT e chi s’è visto s’è visto) e a dimenticarne una buona quantità. Un recount globale di tutti i risultati che Trump ha vantato per sé sui campi da golf negli ultimi anni darebbe luogo a una vistosa rivalutazione in peggio del suo gioco e conseguentemente dell’handicap da giocatore di buon livello (l’handicap è il numero che rappresenta la qualità di un giocatore e che dipende dalla media dei suoi risultati, più basso è meglio è e Trump vanta un 2,8 che non è realisticamente credibile visti il suo gioco e la sua età neppure dopo essere stati drogati per un’intervista Rai o per un’ospitata da Giletti).

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La notizia buona è che avrà più tempo libero, quella cattiva è che potrà giocare di più a golf. Per la verità non è che da presidente Donald Trump si sia trattenuto da una eccessiva frequentazione dei (prevalentemente suoi) campi. Come è noto è andato a fare qualche buca anche il giorno successivo alla certezza della vittoria di Joe Biden. Il modo in cui conta i colpi a golf, dove si vince con numeri inferiori a quelli dei rivali, è notoriamente slegato dalle regole del gioco e soprattutto da quelle del banale calcolo aritmetico basato su semplici somme di numeri interi, perché lui tende, diciamo, a sottovalutare i colpi tirati (a un certo punto parte il suo STOP THE COUNT e chi s’è visto s’è visto) e a dimenticarne una buona quantità. Un recount globale di tutti i risultati che Trump ha vantato per sé sui campi da golf negli ultimi anni darebbe luogo a una vistosa rivalutazione in peggio del suo gioco e conseguentemente dell’handicap da giocatore di buon livello (l’handicap è il numero che rappresenta la qualità di un giocatore e che dipende dalla media dei suoi risultati, più basso è meglio è e Trump vanta un 2,8 che non è realisticamente credibile visti il suo gioco e la sua età neppure dopo essere stati drogati per un’intervista Rai o per un’ospitata da Giletti).

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Certo, invece delle schede bisognerebbe andare a riguardare gli score e trovare testimoni per svelarne le magagne (gente che ricordi i colpi realmente tirati dal presidente e certifichi che quelli scritti sullo score sono meno), ma ci si imbatterebbe facilmente in tanti Mike Pompeo, pronti a sostenere che effettivamente è andato tutto come dichiarato e firmato dal presidente. Quindi il già commander in cheat (l’impiccione capo, come da libro dedicato alla sua tendenza all’imbroglio golfistico) tale resterà a vita. Non comanderà più niente dalla Casa Bianca ma potrà continuare a comandare al golf, almeno finché manterrà la proprietà dei suoi tanti campi. Cosa non certa, visti gli appetiti dei suoi creditori, l’andamento non esaltante delle sue aziende, il rapporto da contribuente ai minimi con il fisco. Ma il golf in America è una cosa seria. Ed è un grande business, mediamente efficiente (tranne, appunto, per gli investimenti esagerati di Trump), e il golf lo giocano tutti, democratici, repubblicani e indipendenti. Urge, per salvare il business, un piano di uscita dal trumpismo golfistico, con una adeguata transition per questi giorni. Biden pure ha i suoi anni e forse ora fatica un po’ a fare un giro completo.

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Però si ricordano molte sue partite con Barack Obama e sarebbe ottima una riedizione di quei match in questi giorni, per recuperare spazio presidenziale anche nel golf. Si sa che il president-elect è un buon giocatore, con una tecnica prudente (un centrista, diciamo) e che soprattutto i colpi li conta tutti e se in una buca è palesemente sconfitto la concede subito all’avversario e passa alla successiva. In questi giorni, poi, il golf è in festa perché si gioca finalmente il Masters dopo il rinvio causa Covid. E’ uno dei 4 major ed è l’unico che si disputa sempre sullo stesso campo. Solo che quest’anno sul percorso di Augusta non sarà la primavera georgiana a circondare i campioni ma un altrettanto affascinante foliage autunnale. L’audience televisiva è molto alta e l’evento è visto da centinaia di milioni di golfisti nel mondo. Il conteggio appassionante, in Georgia, è quello dei colpi dei giocatori in campo. Da sempre poi quella gara logorante, come per le elezioni, si vince nelle ultime 9 buche, alla stretta finale. E poi non c’è ricorso che tenga.

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