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Il veto di Orbán sui fondi europei

David Carretta

Il presidente ungherese è pronto a prendere in ostaggio il Recovery fund. La lettera, il bluff e il rischio di mancato accordo

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Pur di non avere l’Unione europea che metta il naso nel modo in cui gestisce l’Ungheria e di evitare il rischio che la Commissione decida di tagliargli i fondi per il mancato rispetto dello stato di diritto, Vitkor Orbán è pronto a prendere in ostaggio il Recovery fund e a provocare una crisi maggiore nel pieno della seconda ondata della pandemia in Europa. Il primo ministro ungherese ha scritto una lettera ai presidenti di Consiglio e Commissione, Charles Michel e Ursula von der Leyen, e alla cancelliera Angela Merkel, per annunciare il suo veto al pacchetto di bilancio concordato a luglio, dopo che la presidenza tedesca dell’Ue e il Parlamento europeo giovedì hanno trovato un accordo sul meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. “Anche se l’Ungheria è impegnata a favore della cooperazione, alla luce degli ultimi sviluppi non può fornire l’unanimità richiesta per il pacchetto adottato in luglio”, ha scritto Orbán. Il pacchetto include il bilancio 2021-27 da 1.074 miliardi, il Recovery fund da 750 miliardi e il meccanismo sullo stato di diritto. Su gran parte della legislazione c’è il voto a maggioranza. Ma l’Ungheria, come ogni altro stato membro, ha il diritto di veto sulla cosiddetta “decisione sulle risorse proprie” con la quale l’Ue intende alzare i massimali del bilancio pluriennale per permettere alla Commissione di andare sui mercati e indebitarsi per finanziare il Recovery fund.

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Pur di non avere l’Unione europea che metta il naso nel modo in cui gestisce l’Ungheria e di evitare il rischio che la Commissione decida di tagliargli i fondi per il mancato rispetto dello stato di diritto, Vitkor Orbán è pronto a prendere in ostaggio il Recovery fund e a provocare una crisi maggiore nel pieno della seconda ondata della pandemia in Europa. Il primo ministro ungherese ha scritto una lettera ai presidenti di Consiglio e Commissione, Charles Michel e Ursula von der Leyen, e alla cancelliera Angela Merkel, per annunciare il suo veto al pacchetto di bilancio concordato a luglio, dopo che la presidenza tedesca dell’Ue e il Parlamento europeo giovedì hanno trovato un accordo sul meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. “Anche se l’Ungheria è impegnata a favore della cooperazione, alla luce degli ultimi sviluppi non può fornire l’unanimità richiesta per il pacchetto adottato in luglio”, ha scritto Orbán. Il pacchetto include il bilancio 2021-27 da 1.074 miliardi, il Recovery fund da 750 miliardi e il meccanismo sullo stato di diritto. Su gran parte della legislazione c’è il voto a maggioranza. Ma l’Ungheria, come ogni altro stato membro, ha il diritto di veto sulla cosiddetta “decisione sulle risorse proprie” con la quale l’Ue intende alzare i massimali del bilancio pluriennale per permettere alla Commissione di andare sui mercati e indebitarsi per finanziare il Recovery fund.

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Anche il governo polacco, diretto dal partito Diritto e giustizia (PiS) di Jaroslaw Kaczyńnski, ha minacciato il veto denunciando un “ricatto”. Il resto dell’Ue potrebbe trovarsi presto confrontato a un dilemma: difendere lo stato di diritto o cedere al ricatto di Orbán e Kaczynński per avere il Recovery fund. La Commissione non ha voluto reagire all’ultima offensiva del premier ungherese. “Posso confermare che la presidente ha ricevuto questa lettera”, ha detto un portavoce di Ursula von der Leyen: “la analizzeremo e risponderemo in tempo utile”. Nel frattempo, “continuiamo a lavorare perché ci sia un accordo generale sul pacchetto del quadro finanziario pluriennale (il bilancio ndr) e su NextGenerationEu (il Recovery fund, ndr)”.

 

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La presidenza tedesca e il Parlamento europeo ieri hanno continuato a negoziare sul quadro finanziario pluriennale, nella speranza di raggiungere un’intesa politica entro la fine della settimana. La convinzione di molti a Bruxelles è che Orbán stia bluffando. L’Ungheria e la Polonia sarebbero tra i paesi che hanno più da rimetterci in caso di mancato accordo. I fondi Ue ordinari oggi rappresentano il 4 per cento del pil ungherese. La Recovery and resilience facility – il principale strumento del Recovery fund – attribuisce altri 6,3 miliardi all’Ungheria e oltre 23 miliardi alla Polonia. React-Eu – un altro strumento di NextGenerationEu attivabile già a inizio 2021 – prevede 1 miliardo per Budapest e più di 3 miliardi per Varsavia. Il Parlamento europeo è battagliero. I suoi negoziatori sono riusciti a strappare diverse concessioni alla presidenza tedesca sul meccanismo sullo stato di diritto, inclusa una definizione sufficientemente ampia di quali sono le violazioni che farebbero scattare le sanzioni. “Niente più soldi Ue senza valori Ue, niente sussidi senza salvaguardie per lo stato di diritto. E’ tempo di andare a vedere il bluff”, ha detto l’eurodeputato belga, Guy Verhofstadt. Il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, si è detto “sicuro che Orbán non cambierà il risultato” dell’intesa sullo stato di diritto. Ma, come in ogni partita a poker, andare a vedere il bluff è rischioso. Il ritardo nei negoziati sul quadro finanziario pluriennale ha già portato a uno slittamento del Recovery fund: React-Eu non partirà prima di metà febbraio invece del primo gennaio, mentre l’anticipo della Recovery and resilience facility non arriverà prima dell’estate. Il braccio di ferro ha implicazioni anche per il bilancio comunitario ordinario: se non ci sarà intesa sul quadro finanziario pluriennale entro la fine della settimana, il 2021 si aprirà con l’esercizio provvisorio per l’Ue. “Se Parlamento europeo e governi vogliono il Recovery fund, alla fine dovranno fare concessioni a Orbán”, avverte una fonte dell’Ue.

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