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erdoganomics

Dimissioni e fratture nell'Akp di Erdogan

Gli avvenimenti delle ultime settimane potrebbero segnare la fine di un'èra nella politica monetaria turca che si è basata su un mix di politiche non ortodosse con bassi tassi di interesse e vendite di riserve in valuta estera

Mariano Giustino

La crisi finanziaria, il licenziamento del governatore della Banca centrale, il passo indietro del genero e ministro delle Finanze, Berat Albayrak, e due correnti sempre più inconciliabili. In Turchia, la crisi finanziaria si sta trasformando in una crisi economica e dà segni di diventare una crisi politica

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La notizia delle dimissioni del genero di Erdoğan, Berat Albayrak, dal Ministero del Tesoro e delle Finanze, è caduta come una bomba nel mondo della politica e dell'economia turca domenica, 8 novembre. Albayrak era stato ministro dell'Energia nel governo Davutoğlu nel 2015, prima di diventare ministro delle Finanze nel 2018.  Dopo la Laurea e un master in Economia finanziaria a New York, è entrato nel consiglio di amministrazione di alcune importanti società. Ma nella gestione dell’economia del paese non ha ottenuto molto successo. È stato il partner di tutti gli errori di Erdoğan e un facile capro espiatorio, divenendo bersaglio delle critiche alla cattiva gestione dell’economia del paese provenienti sia dall’opposizione che dall’interno del suo stesso partito. Solo due giorni prima delle sue dimissioni il presidente turco aveva licenziato il governatore della Banca centrale, Murat Uysal, sostituendolo con l'ex ministro delle Finanze Naci Ağbal dopo settimane di deprezzamento della lira rispetto al dollaro americano.

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La notizia delle dimissioni del genero di Erdoğan, Berat Albayrak, dal Ministero del Tesoro e delle Finanze, è caduta come una bomba nel mondo della politica e dell'economia turca domenica, 8 novembre. Albayrak era stato ministro dell'Energia nel governo Davutoğlu nel 2015, prima di diventare ministro delle Finanze nel 2018.  Dopo la Laurea e un master in Economia finanziaria a New York, è entrato nel consiglio di amministrazione di alcune importanti società. Ma nella gestione dell’economia del paese non ha ottenuto molto successo. È stato il partner di tutti gli errori di Erdoğan e un facile capro espiatorio, divenendo bersaglio delle critiche alla cattiva gestione dell’economia del paese provenienti sia dall’opposizione che dall’interno del suo stesso partito. Solo due giorni prima delle sue dimissioni il presidente turco aveva licenziato il governatore della Banca centrale, Murat Uysal, sostituendolo con l'ex ministro delle Finanze Naci Ağbal dopo settimane di deprezzamento della lira rispetto al dollaro americano.

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Questa concomitanza di avvenimenti tumultuosi potrebbe segnare la fine di un'èra nella politica monetaria turca che si è basata sull’erdoğanomics, un mix di politiche non ortodosse con bassi tassi di interesse e vendite di riserve in valuta estera. Il presidente è convinto che l'alta inflazione sia la conseguenza degli alti tassi di interesse e accusa la Banca centrale di non seguire la sua stessa linea, sebbene molti economisti ritengano che la teoria di Erdoğan contraddica princìpi economici fondamentali consolidati. La nomina di Ağbal alla guida della Banca centrale, da parte di Erdoğan, sarebbe avvvenuta all'insaputa del ministro delle Finanze e questo potrebbe aver innescato le sue dimissioni. È noto che Albayrak e Ağbal fossero da tempo in disaccordo sulle politiche economiche da adottare. Inoltre il genero di Erdoğan, in qualità di ministro responsabile dell'economia, si era visto escludere da un briefing che si era svolto la settimana scorsa nel palazzo presidenziale a Beştepe tra Naci Ağbal, in procinto di nomina alla guida della Banca centrale, e il presidente turco. In quell’occasione Ağbal avrebbe apertamente criticato l’operato di Albayrak. 

 

Erdoğan era particolarmente turbato per l’andamento della lira turca e per l’evoluzione del quadro politico internazionale e interno che non è affatto rassicurante e non idoneo a placare la tempesta monetaria che sta affliggendo il paese da almeno due anni ed è entrato in azione dopo che la lira ha stabilito un nuovo record negativo perdendo circa il 40 per cento del suo valore rispetto al dollaro dall’inizio di quest'anno. La notizia secondo cui, se non si fosse messo da parte il ministro delle Finanze, circa 30-40 legislatori dell'Akp sarebbero stati pronti a trasferirsi nei partiti fondati dell’ex ministro dell’Economia Ali Babacan e dell’ex primo ministro Ahmet Davutoğlu fuoriusciti dall’Akp. E intanto dagli Stati Uniti giungeva un’altra notizia poco rassicurante per Ankara, quella della vittoria di Biden nelle elezioni presidenziali. 

 

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Non è un mistero l’ottimo feeling esistente tra Trump ed Erdoğan. Il presidente americano aveva bloccato le spinte del Congresso che chiedeva di comminare sanzioni ad Ankara per l’acquisto del sistema di difesa missilistico russo S-400 e per sanzionare la maggiore banca statale turca, Halk Bank, per aver giocato un ruolo nell’aggiramento delle sanzioni USA contro l’Iran. Biden aveva già rilasciato dichiarazioni a favore delle sanzioni alla Turchia che metterebbero definitivamente in ginocchio l’economia del paese. L’intesa esistente tra il genero di Erdoğan, Albayrak, e il genero di Trump (rappresentante speciale per il medio oriente), Jared Kushner, era stata efficace nel fornire una protezione alla Turchia, con la garanzia che sarebbero state bloccate le sanzioni.

 

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Il leader turco domenica si è presentato a un Congresso provinciale del suo partito con due ore di ritardo, era stato impegnato, con ogni probabilità, ad approntare una strategia in vista dell’apertura dei mercati di lunedì mirante ad arrestare il crollo della valuta turca. Poche ore dopo questi sviluppi, è arrivata la notizia delle dimissioni di Albayrak. Il giovane ministro delle Finanze sperava forse che le sue dimissioni avrebbero scatenato sui social e nelle piazze una reazione simile a quella registratasi nel marzo di quest’anno quando il ministro dell’Interno Süleymn Soylu, suo acerrimo avversario, annunciò di volersi dimettere. Erdoğan fu costretto a non accettarle. Si sa che la corrente Pelikan di Berat Albayrak e di suo fratello maggiore all’interno dell’Akp si oppone a quella dell’arcigno Soylu, sostenuto anche dal Partito del movimento nazionalista (MHP) di Bahçeli alleato di Erdoğan. Non vi è dubbio che vi sia un inasprimento della faida interna al Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) che si trascina da tempo e che rischia di provocare una definitiva resa dei conti e lo spappolamento del partito di Erdoğan. La crisi finanziaria si sta gradualmente trasformando in una crisi economica e dà segni di trasformarsi in una crisi politica. E questa potrebbe sfuggire di mano al leader turco.

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