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La madre di tutte le elezioni

Trump vuole una insurgency per bloccare la sconfitta

Daniele Ranieri

Trump organizza la resistenza ostile contro i democratici. Sui social ci sono molti complottismi (e molti riferimenti alle armi), le piattaforme fanno da argine e cancellano gli appelli alla lotta

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Il presidente americano, Donald Trump, vede la strada verso la presidenza chiudersi e sceglie la strada dell’insurgency, quindi della resistenza aggressiva contro la vittoria dei democratici che a questo punto del conteggio dei voti sembra certa. “STOP THE FRAUD!” ieri scriveva su Twitter. “STOP THE COUNT!”. E altri messaggi che chiamavano al rovesciamento del risultato, alcuni dei quali oscurati da una pecetta di Twitter che avvertiva: “Il contenuto di questo tweet è ingannevole”. E’ una insurgency che qualcuno potrebbe prendere sul serio, perché il clima negli Stati Uniti è deteriorato e le accuse contro i democratici sono di una gravità enorme per chi le considera reali. Ci sono frange che non vedono l’ora di imbracciare i fucili, e ieri notte in Arizona alcuni manifestanti armati si sono presentati in un centro dove si contavano i voti – non è successo nulla ma i giornalisti sono stati fatti uscire con la scorta della polizia, perché erano considerati probabili bersagli della rabbia dei trumpiani, inclusi quelli della televisione Fox che in teoria dovrebbero essere considerati dalla parte giusta. Ieri Facebook ha preso la decisione di chiudere la pagina “Stop the steal”, Fermare il furto, che nel giro di ventiquattro ore aveva raggiunto 360 mila follower e ne stava aggiungendo altri al ritmo di 25 mila l’ora. Era diventata la pagina ufficiale dei trumpiani intenzionati a interferire con il conteggio dei voti che al momento in cui questo giornale va in chiusura sta ancora andando avanti in molti stati. Facebook ha deciso di chiudere la pagina perché, per dirla con il comunicato,  “in questo clima tesissimo” rischiava di produrre “eventi reali”. Traduzione: se quella pagina cominciasse a dire ai suoi iscritti di presentarsi armati davanti ai luoghi dove si contano i voti, la situazione può sfuggire al controllo e noi gli abbiamo fornito una piattaforma per coordinarsi. Era quello che stava per succedere. C’era un appello ai veterani per una missione armata, “il paese ha bisogno di nuovo di voi”. Molti commenti incitavano all’azione violenta: “Il secondo emendamento non concede le armi al popolo americano per andare a caccia, ma per difendersi dalla tirannia e quale caso più chiaro di arrivo della tirannia stiamo aspettando?” è un commento scelto a caso tra i tanti che chiedono di passare all’azione. “E’ ora di pulire i fucili, è ora di scendere nelle strade”. “E’ arrivato il giorno in cui dovremo ricorrere alla violenza, se saremo costretti”. E così via. Si capisce perché Facebook e Twitter hanno formato due unità apposite per controllare il buon andamento delle elezioni e perché il  capo della sicurezza di Facebook, Nathaniel Gleicher, dice di sentire al telefono con quello di Twitter “più di sua madre”. 
 

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Il presidente americano, Donald Trump, vede la strada verso la presidenza chiudersi e sceglie la strada dell’insurgency, quindi della resistenza aggressiva contro la vittoria dei democratici che a questo punto del conteggio dei voti sembra certa. “STOP THE FRAUD!” ieri scriveva su Twitter. “STOP THE COUNT!”. E altri messaggi che chiamavano al rovesciamento del risultato, alcuni dei quali oscurati da una pecetta di Twitter che avvertiva: “Il contenuto di questo tweet è ingannevole”. E’ una insurgency che qualcuno potrebbe prendere sul serio, perché il clima negli Stati Uniti è deteriorato e le accuse contro i democratici sono di una gravità enorme per chi le considera reali. Ci sono frange che non vedono l’ora di imbracciare i fucili, e ieri notte in Arizona alcuni manifestanti armati si sono presentati in un centro dove si contavano i voti – non è successo nulla ma i giornalisti sono stati fatti uscire con la scorta della polizia, perché erano considerati probabili bersagli della rabbia dei trumpiani, inclusi quelli della televisione Fox che in teoria dovrebbero essere considerati dalla parte giusta. Ieri Facebook ha preso la decisione di chiudere la pagina “Stop the steal”, Fermare il furto, che nel giro di ventiquattro ore aveva raggiunto 360 mila follower e ne stava aggiungendo altri al ritmo di 25 mila l’ora. Era diventata la pagina ufficiale dei trumpiani intenzionati a interferire con il conteggio dei voti che al momento in cui questo giornale va in chiusura sta ancora andando avanti in molti stati. Facebook ha deciso di chiudere la pagina perché, per dirla con il comunicato,  “in questo clima tesissimo” rischiava di produrre “eventi reali”. Traduzione: se quella pagina cominciasse a dire ai suoi iscritti di presentarsi armati davanti ai luoghi dove si contano i voti, la situazione può sfuggire al controllo e noi gli abbiamo fornito una piattaforma per coordinarsi. Era quello che stava per succedere. C’era un appello ai veterani per una missione armata, “il paese ha bisogno di nuovo di voi”. Molti commenti incitavano all’azione violenta: “Il secondo emendamento non concede le armi al popolo americano per andare a caccia, ma per difendersi dalla tirannia e quale caso più chiaro di arrivo della tirannia stiamo aspettando?” è un commento scelto a caso tra i tanti che chiedono di passare all’azione. “E’ ora di pulire i fucili, è ora di scendere nelle strade”. “E’ arrivato il giorno in cui dovremo ricorrere alla violenza, se saremo costretti”. E così via. Si capisce perché Facebook e Twitter hanno formato due unità apposite per controllare il buon andamento delle elezioni e perché il  capo della sicurezza di Facebook, Nathaniel Gleicher, dice di sentire al telefono con quello di Twitter “più di sua madre”. 
 

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