Perché dalla Corte suprema americana può arrivare una crisi senza precedenti
Il tribunale non ha mai l’ultima parola sull’interpretazione della legislazione di uno stato. Occhio alla storia
In attesa che si definiscano gli esiti dell’elezione presidenziale in alcuni stati, emergono importanti risultati positivi, non disgiunti – però – dall’incertezza per le dispute legali già intraprese. Contrariamente ai timori di non pochi osservatori, le operazioni elettorali si sono svolte regolarmente, senza interruzioni ed episodi di violenza paragonabili a quelli accaduti nei mesi precedenti ma la contesa politica è stata comunque aspra ed è destinata a non esaurirsi nei comizi elettorali. E’ giunta, infatti, la notizia che i sostenitori di Trump si stanno rivolgendo alle corti statali in Pennsylvania, Michigan e Georgia. Per comprendere quali ne siano le cause e le possibili conseguenze, bisogna fare riferimento a due caratteristiche che contraddistinguono gli Usa: la diversità delle leggi e l’importanza dei giudici.
In attesa che si definiscano gli esiti dell’elezione presidenziale in alcuni stati, emergono importanti risultati positivi, non disgiunti – però – dall’incertezza per le dispute legali già intraprese. Contrariamente ai timori di non pochi osservatori, le operazioni elettorali si sono svolte regolarmente, senza interruzioni ed episodi di violenza paragonabili a quelli accaduti nei mesi precedenti ma la contesa politica è stata comunque aspra ed è destinata a non esaurirsi nei comizi elettorali. E’ giunta, infatti, la notizia che i sostenitori di Trump si stanno rivolgendo alle corti statali in Pennsylvania, Michigan e Georgia. Per comprendere quali ne siano le cause e le possibili conseguenze, bisogna fare riferimento a due caratteristiche che contraddistinguono gli Usa: la diversità delle leggi e l’importanza dei giudici.
La diversità delle leggi si manifesta, oltre che nella disciplina delle società commerciali e degli standard di protezione dell’ambiente, in ambiti della vita sociale impensabili o incomprensibili per molti europei. Include la fase dell’inizio della vita e la sua fine, anche in rapporto alla pena capitale, vietata da molti stati, ma ammessa da altri e tuttora eseguita in alcuni. Include altresì la legislazione elettorale, non solo quando sono in gioco le cariche pubbliche statali, ma anche quando si tratta di elezioni nazionali, perfino per il presidente, il quale detiene il potere esecutivo della nazione, come la Corte suprema affermò nel 1934.
Lo si è visto nelle elezioni presidenziali del 2000, quando la Corte suprema, chiamata a risolvere la contesa tra George W. Bush e Al Gore, constatò che non soltanto i vari stati membri della federazione configuravano diversamente le schede elettorali e le modalità per compilarle, ma perfino all’interno del medesimo Stato – la Florida – le contee utilizzavano diversi sistemi di conteggio e di verifica. Fu proprio per porre rimedio a tali differenze, che rendevano incerta l’attribuzione dei grandi elettori e con essa la vittoria finale, che la Corte suprema della Florida attribuì a un magistrato il compito di svolgere una verifica uniforme.
Ma fu per impedire che tale verifica fosse effettuata che la Corte suprema degli Usa si espresse, a maggioranza, in senso contrario, annullando parzialmente la decisione dell’altra corte. Quella decisione fu criticata per più motivi: perché si allinearono alla maggioranza anche i giudici di orientamento conservatore che solitamente si opponevano all’invadenza della federazione nei confronti degli stati; perché fu violato il principio dell’uguaglianza dei cittadini tutti, nella partecipazione alle elezioni; perché il potere giudiziario influì in modo decisivo sulla scelta del capo del potere esecutivo.
Malgrado ciò, si tratta di un precedente che va considerato con attenzione, anzitutto perché comporta che la corte suprema d’uno stato non ha l’ultima parola sull’interpretazione della legislazione elettorale di quello stato. Inoltre, alcuni di quei giudici fanno ancora parte della Corte suprema federale, che potrebbe essere chiamata ad assumere la decisione finale. Il mese scorso, quando si è trattato di decidere sulla legislazione della Pennsylvania che estendeva il termine per il conteggio dei voti spediti attraverso la posta oltre il giorno dell’elezione presidenziale, gli otto giudici della Corte suprema non hanno raggiunto una maggioranza. Ma adesso, dopo che Amy Coney Barrett – il giudice scelto da Trump alla fine del mandato presidenziale – è entrata a far parte del collegio, le cose potrebbero cambiare.
In senso contrario, si è fatto affidamento sul fatto che la Barrett ha più volte espresso il convincimento che la Costituzione debba essere interpretata in modo da rispettare l’originaria volontà di chi la scrisse, per tutelare le prerogative di ciascuno stato. Ma lo stesso convincimento era stato espresso dal suo predecessore e mentore, Antonin Scalia. Non si può escludere, quindi, che la Corte si erga nuovamente ad arbitro della contesa politica. Il senatore repubblicano Mitch McConnell lo ha auspicato, sottolineando che nella vita politica dell’America l’ultima parola spetta ai giudici. L’eventuale protagonismo della Corte suprema potrebbe dare luogo a una crisi costituzionale senza precedenti.