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il discorso del(l'ex) presidente

Le bugie sui brogli dietro cui Trump nasconde la sua sconfitta

Luciana Grosso

“Se si contano i voti legali, ho vinto con ampio margine. Ma non se conti anche i voti illegali e rubi le elezioni".  Nelle parole violente e senza fondamento di stanotte c’è l’essenza di tutta la presidenza Trump 

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C’è stato un momento, chiaro, in cui si è capito che Joe Biden aveva vinto. Vinto davvero, senza conteggi, senza sconti, senza ipotesi. Quel momento è arrivato ore prima che i giornalisti di Cnn, stremati da una diretta di tre giorni, chiamassero gli stati mancanti e dichiarassero chiusa la faccenda. 

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C’è stato un momento, chiaro, in cui si è capito che Joe Biden aveva vinto. Vinto davvero, senza conteggi, senza sconti, senza ipotesi. Quel momento è arrivato ore prima che i giornalisti di Cnn, stremati da una diretta di tre giorni, chiamassero gli stati mancanti e dichiarassero chiusa la faccenda. 

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È arrivato quando in Italia era da poco passata la mezzanotte e Donald Trump è uscito per incontrare la stampa, dopo un silenzio quasi completo (due tweet appena) durato quasi tre giorni. 

 

Con il viso teso e la voce controllata, Trump ha fatto quello che nel suo mondo si avvicina di più a un concession speech. Ha parlato esplicitamente di brogli. Anzi di più, di una ampia cospirazione di media, Partito Democratico, gruppi di Wall Street, big tech, città corrotte come Detroit e Philadelphia, impiegati degli uffici elettorali, addetti ai seggi: tutti coalizzati come un sol uomo per truffarlo e privarlo della sua legittima seconda presidenza. “Se si contano i voti legali, ho vinto con ampio margine. Ma non se conti anche i voti illegali e rubi le elezioni. Stanno cercando in modo molto evidente di commettere una frode. Faremo ricorso. Ci sono stati molti imbrogli e non possiamo sopportarli nel nostro Paese. Non è questione di chi vince, è questione di democrazia”. E via così per quasi mezz’ora, in un discorso che, nelle ore che sono seguite, è stato definito sui media in vari modi poco lusinghieri, da“patetico” a “disgustoso”, da “offensivo” a “ridicolo”.

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Eppure, in quelle parole violente e senza fondamento, c’è l’essenza di tutta la presidenza Trump: una presidenza che ha anteposto la sua sopravvivenza a qualsiasi altra cosa; una presidenza che non si è mai fatta remore a mentire e imbrogliare; una presidenza che non ha mai mostrato rispetto e consapevolezza; una presidenza improvvisata, senza nessuna strategia, nessun piano, nessun disegno, nessuna direzione.


E anche il discorso di Trump non aveva né strategia né direzione. O se ce l’aveva l’ha smirata. Perchè il discorso che Donald Trump ha fatto con l’intenzione di riaprire le elezioni ha ottenuto l’effetto opposto: le ha chiuse. E lo ha fatto perché era con evidenza il discorso di uno sconfitto che non ha altre frecce al suo arco se non quella di dire che l’arco è taroccato e il gatto gli ha mangiato i voti. Lo ha fatto perché ha dato ai suoi alleati più repubblicani e ai giornalisti che mai lo hanno sopportato il rompete le righe, con l’effetto che questi hanno immediatamente smesso di fingergli il rispetto minimo dovuto a un presidente e, nel giro di pochi minuti, a decine, sono arrivate le dichiarazioni di deputati e senatori repubblicani che prendevano le distanze dalle parole del loro (ex) leader, mentre i principali canali di news (eccetto Cnn e Fox) gli hanno tolto senza troppi complimenti la linea, dicendo che non avrebbero dato spazio a falsità dette in prima serata. Anderson Cooper, uno degli anchorman più importanti di Cnn, ha commentato “lo abbiamo visto agitarsi come una grossa tartaruga rovesciata sulla schiena, consapevole che il suo tempo è finito”.


Forse però, questo avvelenare i pozzi e  accusare qualcuno di aver vinto perché ha barato è l'unico modo che Trump conosce per dire di aver perso. Così come Fonzie non riesce a dire ‘scusa’, lui non riesce a dire ‘ho perso’. E così, non lo ha detto. Ha preferito dire che gli altri sono mascalzoni e lasciare che a dare la brutta notizia della sconfitta fosse l’evidenza dei numeri e dei voti. Peccato, perché quella di questa notte poteva essere l’occasione, una delle ultime, per Trump di fare qualcosa di autenticamente presidenziale e dignitoso e per mostrare di aver appreso, foss’anche solo per osmosi dalle pareti della Casa Bianca, quale sia il primo ruolo e compito di un presidente: dire la verità alle persone. Un presidente, un leader, è uno che dice la verità, anche quando non gli piace. E Trump, la verità, non è riuscito a dirla nemmeno questa volta. 

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