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Biden più vicino alla vittoria (ma che lentezza)

Il candidato democratico dice che è arrivato il momento di guarire e rimettersi insieme perché la guerra è finita

Paola Peduzzi

"So quanto profonde e dure sono le visioni contrapposte nel nostro paese, ma so altrettanto bene che se vogliamo fare dei progressi dobbiamo smetterla di trattare i nostri oppositori come dei nemici”

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Joe Biden va verso la vittoria alle elezioni degli Stati Uniti, anche se il conteggio in Arizona (stato assegnato prematuramente al candidato democratico) ha rimandato di altre ore il risultato finale. Per ora ha ricevuto quasi 72 milioni di voti, cioè è il candidato più votato della storia delle elezioni americane. L’attuale presidente, Donald Trump, non vuole accettare la sconfitta, ha chiesto di fermare i conteggi negli stati in cui ancora si stanno scrutinando le schede arrivate via posta, ha detto che le schede arrivate dopo il 3 novembre non valgono (in alcuni stati, si può votare via posta fino al giorno delle elezioni, fa fede il timbro) e ha chiesto di ricontare le schede in Wisconsin, Michigan e Nevada. Trump si considera il vincitore (alcuni alimentano questa sua fisima dicendo che è il “vincitore morale”, come se il vincitore morale non fosse un perdente) e tutto il resto è broglio.

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Joe Biden va verso la vittoria alle elezioni degli Stati Uniti, anche se il conteggio in Arizona (stato assegnato prematuramente al candidato democratico) ha rimandato di altre ore il risultato finale. Per ora ha ricevuto quasi 72 milioni di voti, cioè è il candidato più votato della storia delle elezioni americane. L’attuale presidente, Donald Trump, non vuole accettare la sconfitta, ha chiesto di fermare i conteggi negli stati in cui ancora si stanno scrutinando le schede arrivate via posta, ha detto che le schede arrivate dopo il 3 novembre non valgono (in alcuni stati, si può votare via posta fino al giorno delle elezioni, fa fede il timbro) e ha chiesto di ricontare le schede in Wisconsin, Michigan e Nevada. Trump si considera il vincitore (alcuni alimentano questa sua fisima dicendo che è il “vincitore morale”, come se il vincitore morale non fosse un perdente) e tutto il resto è broglio.

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Lo sapevamo: da settimane ci prepariamo a questo caos. Quel che non sapevamo è cosa avrebbe fatto Biden, e lo stiamo scoprendo ogni ora che passa. Biden, al grido “abbiate fiducia”, dice: la guerra è finita. Lasciamo che gli scrutatori terminino di fare il loro lavoro – legittimo e vitale: pare strano doverlo precisare, così come pare strano rivedere il discorso della sconfitta di Bush padre, l’ultimo presidente da un unico mandato prima di Trump, ma oggi queste banalità di buon senso luccicano – però intanto sono fiducioso, “non sono qui a dire che abbiamo vinto”, pure se penso che vinceremo. Nel frattempo, anche e soprattutto dopo, quando questa incertezza tesa e infiammabile sarà passata, “sarà il tempo di fare quel che abbiamo sempre fatto noi americani, ci lasceremo la retorica urticante della campagna elettorale dietro le spalle. Sarà il momento di unirci, di curarci, di rimetterci insieme come nazione”. Biden sa che “non sarà facile, non sono un ingenuo io e nessuno di noi lo è. So quanto profonde e dure sono le visioni contrapposte nel nostro paese, ma so altrettanto bene che se vogliamo fare dei progressi dobbiamo smetterla di trattare i nostri oppositori come dei nemici”.

 

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La guerra è finita, dice Biden. Durante la campagna elettorale aveva annunciato di voler coinvolgere i repubblicani nella sua Amministrazione – il “team of rivals” di lincolniana memoria – per cancellare quelle linee nette che ha tirato Trump, amici di qui e nemici di là, sempre in conflitto,  foss’anche per un respiratore in più. E non è detto che per far fare la pace all’America, Biden farà leva, come ha fatto finora, sulla nostalgia e sull’obamismo, anche perché lo slancio bipartisan del primo Obama era fallito.

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