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Così la Brexit ha trasformato Londra nella capitale dei divorzi

La separazione dall'Ue e quella dal proprio coniuge: due garbugli che s'intrecciano

Massimiliano Vitelli

L'incognita legata al riconoscimento della separazione civile all'estero sta spingendo molti britannici a forzare le procedure per tornare single prima del 31 dicembre

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Mentre il Premier Boris Johnson è a lavoro per divorziare nel miglior modo possibile dall’Unione Europea, tanti sudditi di Sua Maestà si stanno affrettando, più modestamente, a farlo dal proprio partner.  Perché la Brexit porterà, tra le altre difficoltà, anche quella di veder accettato il nuovo status in diversi paesi della Comunità Europea.  Sono infatti ben quattordici le nazioni della Ue che non hanno firmato l’Hague Convention (in vigore dal 1 dicembre 1983), un trattato che garantisce il riconoscimento del divorzio e delle separazioni legali.

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Mentre il Premier Boris Johnson è a lavoro per divorziare nel miglior modo possibile dall’Unione Europea, tanti sudditi di Sua Maestà si stanno affrettando, più modestamente, a farlo dal proprio partner.  Perché la Brexit porterà, tra le altre difficoltà, anche quella di veder accettato il nuovo status in diversi paesi della Comunità Europea.  Sono infatti ben quattordici le nazioni della Ue che non hanno firmato l’Hague Convention (in vigore dal 1 dicembre 1983), un trattato che garantisce il riconoscimento del divorzio e delle separazioni legali.

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E così, negli ultimi mesi, Londra è diventata la capitale mondiale dei divorzi, anche alla luce della multietnicità della città, nella quale tante unioni sono tra persone di nazionalità diversa. I problemi aumentano poi proporzionalmente alle situazioni finanziarie dei coniugi. In sede di divorzio, infatti, tante battaglie legali sono incentrate sul denaro, i contrasti maggiori arrivano quando si tratta di stabilire le cifre per gli assegni di mantenimento. E la possibilità che le decisioni ratificate dai tribunali britannici in una data successiva a quella che sancirà per sempre l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea possano trovare difficoltà nell’essere applicate ha fatto scoppiare il boom delle richieste di divorzio.

 

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Al momento la legge del Regno Unito stabilisce che non ci si può ripensare prima che il matrimonio abbia compiuto un anno e specifica poi diverse tempistiche in base alle motivazioni. Si può quindi chiedere il divorzio dopo due anni nel caso di assenza continuata per il suddetto periodo da parte dell’altro coniuge, stessi tempi anche per le separazioni consensuali. Occorre invece attenderne cinque se la decisione di divorziare è unilaterale.

 

“La corsa è iniziata e mancano solo meno di due mesi alla Brexit”, ha dichiarato all’Evening Standard, uno dei quotidiani più più diffusi di Londra, Mr. Matthew Taylor, avvocato presso lo Stone Family Law. “C’è molta tensione – ha proseguito il legale – sembra che post-Brexit cambieranno diverse cose e le regole potrebbero diventare oscure e complicate. Questo incastrerebbe le coppie in costose battaglie internazionali. Chi vuole separarsi legalmente, quindi, sta spingendo per avviare le pratiche prima del 31 dicembre 2020 per cercare di evitare di dover affrontare l’immensa incertezza e i costi aggiuntivi che potrebbero sorgere successivamente a quella data”. Intanto i dati certificano un’ondata di nuove richieste, con i tribunali londinesi già in sovraccarico. Gli avvocati lanciano l’allarme e chiedono che, al già strapieno tavolo delle contrattazioni con l’Unione Europea, venga aggiunto un posto anche per un loro rappresentante.

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