PUBBLICITÁ

The day after in America

Daniele Ranieri

Il piano di Trump per  arrivare dal voto  alla violenza nelle strade e prendersi di nuovo la Casa Bianca 

PUBBLICITÁ

Nel giorno delle elezioni americane il timore più grande è quello di un “perception hack”, come dicono gli specialisti della disinformazione, quindi che qualcuno proietti in diretta davanti agli occhi del paese qualcosa che in realtà non sta accadendo. Il cittadino lo vede sui social media, sente che molti nella sua bolla ne parlano, si convince che sia vero. Prima che qualcuno riesca a chiarire come stanno davvero le cose, la realtà alternativa è ormai diventata dominante nella testa di una percentuale enorme di americani e produce conseguenze. Metà dell’America si fisserà a credere in una versione. L’altra metà vorrà credere a quella opposta. Entrambe le parti crederanno che l’altra ha rubato le elezioni.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Nel giorno delle elezioni americane il timore più grande è quello di un “perception hack”, come dicono gli specialisti della disinformazione, quindi che qualcuno proietti in diretta davanti agli occhi del paese qualcosa che in realtà non sta accadendo. Il cittadino lo vede sui social media, sente che molti nella sua bolla ne parlano, si convince che sia vero. Prima che qualcuno riesca a chiarire come stanno davvero le cose, la realtà alternativa è ormai diventata dominante nella testa di una percentuale enorme di americani e produce conseguenze. Metà dell’America si fisserà a credere in una versione. L’altra metà vorrà credere a quella opposta. Entrambe le parti crederanno che l’altra ha rubato le elezioni.

PUBBLICITÁ

 

Basterebbe per esempio dire che ci sono le prove di brogli massicci da parte di uno o dell’altro schieramento. Oppure basterebbe che il presidente Donald Trump si presentasse in tv per annunciare di avere vinto le elezioni, magari appena vede che escono risultati a suo favore – succederà durante la giornata – e prima che ci siano i risultati definitivi. Secondo Axios, il sito bene informato che segue la politica americana, il presidente sta discutendo da settimane di sfruttare questa possibilità. Da tempo si teme che potrebbe non concedere l’eventuale vittoria allo sfidante Joe Biden e che nello scenario peggiore potrebbe tentare di aprire una crisi costituzionale.

 

PUBBLICITÁ

Adesso il problema è che potrebbe dichiararsi vincitore in anticipo. Se facesse così potrebbe creare un caos difficile da gestire. Ieri davanti ai giornalisti ha smentito di voler annunciare la vittoria in anticipo, ma il timore di questo “perception hack” è condiviso anche da alcuni repubblicani, che però non vogliono essere citati per nome da Axios. In particolare Trump potrebbe applicare questo schema a uno stato conteso, la Pennsylvania. Molti democratici di quello stato hanno votato via posta e secondo la legge dello stato i loro voti saranno contati soltanto a partire dal 3 novembre.

 

Questo vuol dire che prima arriveranno i risultati del voto di persona dagli elettori che hanno fatto la fila ai seggi e che dovrebbero essere in maggioranza repubblicani. Così, per qualche ora, il conteggio provvisorio darebbe i repubblicani in testa e Trump potrebbe sfruttare quella fase per dichiararsi vincitore. Quando poi cominceranno a essere contati i voti spediti per posta dai democratici ci potrebbero volere giorni – quest’anno poi il numero dei voti via posta batterà ogni record storico – e il presidente potrebbe sostenere che si tratta di una frode messa in atto dal governatore e dalle autorità della Pennsylvania, che sono tutti democratici, per rubargli le elezioni. Potrebbe parlare di un broglio così grave da squalificare i democratici.

 

È tutta una sequenza di se, se, se e questo è soltanto un esempio. Ma ci sono le premesse per una fase di caos pericolosa. La Commissione intelligence del Senato teme che potenze straniere potrebbero interferire con la loro propaganda e amplificare l’idea che le elezioni americane sono compromesse da brogli. Del resto Trump e i repubblicani da mesi spingono questa narrazione, le elezioni americane non sono sicure, e la aiutano a fissarsi nella testa degli americani. Non se ne era mai parlato così tanto. Se ci fossero disordini, la base del presidente si scatenerebbe per sostenerlo contro i democratici. Non c’è modo di sapere cosa succederebbe. In questi giorni i fan di Trump si sono fatti molto vedere, hanno sfoggiato la loro capacità di mobilitazione, hanno fatto annullare tre comizi dei democratici e hanno bloccato un ponte nell’area di New York.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Questa è la descrizione di uno scenario negativo, ma in molti si preparano. Dalla redazione del New York Times una giornalista della sezione Metro, che è quella che si occupa di cosa succede in città, dice al Foglio che il giorno delle elezioni e quelli seguenti lei e i colleghi sono tutti precettati con turni lunghi per coprire eventuali disordini e violenze. Niente permessi, niente assenze. “E lo stesso, dice, vale per i poliziotti, saranno tutti disponibili e in strada”. I negozianti coprono le vetrine nelle vie centrali con pannelli di legno, per evitare che siano sfondate – nella città più liberal degli Stati Uniti, così sofisticata da essere spesso accusata di essere separata in modo irreparabile dal resto degli americani.

 

PUBBLICITÁ

C’è paura di proteste più grandi di quelle dell’estate e di controproteste violente. In altre grandi città in tutto il paese ci sono gli stessi preparativi perché il conto alla rovescia è finito. Sembra bizzarro da scrivere pur dopo quattro anni di mandato divisivo come quello di Donald Trump, ma si arriva al momento del voto con un carico di tensione anomalo. Novanta milioni di elettori hanno già votato, sono più di tutti quelli che votarono nel 1996. Ma quella era un’epoca nella quale il giorno delle elezioni era noioso e poco partecipato.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ