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Gli under 30 al voto americano

Gli analisti dicono che "il gigante dormiente" si è risvegliato: è la mobilitazione giovanile. È davvero così? Chiacchiere distanziate a New York

Simona Siri

L'Institute of Politics dell'Università di Harvard ha pubblicato un sondaggio in cui chiedeva a ragazzi di età compresa tra i 18 ei 29 anni con quanta certezza avrebbero votato: il 63 per cento ha risposto che lo avrebbe fatto "sicuramente”, la percentuale più alta negli ultimi 20 anni.

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Nicole viene dal Texas, ha 22 anni e studia alla Columbia University. Per poter votare aveva chiesto l’absentee ballot ovvero la possibilità di votare per posta. Quel pezzo di carta però non le è mai arrivato all’indirizzo di New York dove adesso vive e se anche arrivasse ormai sarebbe troppo tardi per rispedirlo indietro. “Sto pensando di prendere un aereo lunedì sera per Dallas in modo da poter votare di persona martedì e poi tornare. Economicamente è una cosa che mi mette in difficoltà, ma dare il mio voto è troppo importante”. Accanto a lei l’amica Rachel annuisce.

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Nicole viene dal Texas, ha 22 anni e studia alla Columbia University. Per poter votare aveva chiesto l’absentee ballot ovvero la possibilità di votare per posta. Quel pezzo di carta però non le è mai arrivato all’indirizzo di New York dove adesso vive e se anche arrivasse ormai sarebbe troppo tardi per rispedirlo indietro. “Sto pensando di prendere un aereo lunedì sera per Dallas in modo da poter votare di persona martedì e poi tornare. Economicamente è una cosa che mi mette in difficoltà, ma dare il mio voto è troppo importante”. Accanto a lei l’amica Rachel annuisce.

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E' solo un piccolo esempio di un fenomeno che si vede riflesso nei numeri incredibili di queste presidenziali americane in cui 90 milioni di americani hanno già votato, di persona o tramite posta, e in cui i giovani sono per la prima volta i veri protagonisti. Lunedì l'Institute of Politics dell'Università di Harvard ha pubblicato un sondaggio in cui chiedeva a ragazzi di età compresa tra i 18 ei 29 anni con quanta certezza avrebbero votato: il 63 per cento ha risposto che lo avrebbe fatto "sicuramente”, la percentuale più alta negli ultimi 20 anni. Secondo la società di dati Democratic TargetSmart, più di 6 milioni di elettori sotto i 30 anni hanno già votato in anticipo, un bel salto in avanti rispetto ai circa 2 milioni nello stesso periodo nelle elezioni del 2016. Non solo, secondo Tom Bonier, CEO di TargetSmart, il numero di votanti sotto i 30 anni che votano per la prima volta nella loro vita è più del doppio del numero di quelli del 2016. Di questi sei milioni di giovani che hanno già votato, quattro milioni sono negli stati chiave i cosiddetti “battleground state” quella manciata di stati – Michigan, Wisconsin, Ohio, Pennsylvania, Florida e da quest’anno anche Texas - dove Donald Trump e Joe Biden si giocano la presidenza. La North Carolina ha visto un numero record di giovani elettori - un misto tra Generazione Z e i millennial - votare all'inizio di quest'anno, circa 462.000, un numero che rappresenta il doppio della loro quota di elettorato delle ultime elezioni. In Florida dove i voti dati in anticipo sono passati da circa il 5 al 9 per cento, 658.200 voti sono già stati espressi dai giovani. In Texas, lo stato con i numeri più impressionanti, venerdì aveva votato  un milione di under 30.

 

L’immagine che gli analisti usano è quella di un gigante dormiente: i giovani elettori non si erano mai mobilitati prima, ma quest'anno il loro risveglio potrebbe giocare un ruolo cruciale nel far pendere la bilancia a favore di Joe Biden, il candidato favorito da questa fascia di età a solida maggioranza democratica. Sono i giovani che sono nati poco prima dell’11 settembre, che hanno già vissuto la crisi economica del 2008 e adesso questa dovuta al coronavirus. Sono anche quelli cresciuti con Occupy Wall Street, testimoni della più clamorosa diseguaglianza sociale, indebitati a causa dei prezzi alle stelle delle università, ma senza un lavoro fisso adatto per ripagarsi in fretta il debito.  Sono anche la generazione  etnicamente più mista della storia: il 48 per cento di loro non è bianco. Pur privi dell’entusiasmo con cui avrebbero votato Bernie Sanders, hanno capito la posta in palio.

 

L’importante è fermare Trump e le sue politiche. “A me come a i miei amici interessa il cambiamento climatico e il debito scolastico. Trump del primo pensa che sia tutta una bufala, del secondo neanche si interessa. Almeno Biden prende sul serio il clima e ha promesso che ascolterà gli scienziati”, mi dice Heather, mentre siamo in coda da Magnolia Bakery.

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Sasha fa invece l’estetista in un grande centro estetico dentro ai magazzini Saks. Immigrata dalla Polonia, vota in America per la prima volta, pur essendo cittadina da dodici anni. Ai seggi incontro invece Hannah, in coda con sua madre, professoressa qui a New York alla New School. Lei studia alla Georgetwon, che però al momento ha solo lezioni virtuali e quindi è tornata a casa. L’avrebbe fatto comunque, sono solo tre ore di treno, “pensa che quando è morta Ruth Bader Gisnburg ho fatto New York - Washington in giornata, solo per andare a renderle omaggio”. Mamma annuisce, orgogliosa. Hannah mi racconta che nessuno dei suoi amici è davvero entusiasta di Biden, ma che “abbiamo messo da parte gli ideali romantici per il bene del paese”. Che, pensandoci bene, è questo il vero segno di maturità.

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