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Una trumpiana a Londra

"E' l'unico candidato filo americano, è l’unico disposto a difendere i valori americani, come la libera proprietà, il porto d’armi e la libertà di espressione"

Gregorio Sorgi

Sarah Elliott, presidente della sezione britannica dei repubblicani americani, ci dice che Trump è un capopolo che aiuterà gli Stati Uniti a vincere "la guerra culturale" e per questo "è il favorito" 

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Noi americani stiamo combattendo una guerra civile culturale. Il nostro paese e i valori che rappresenta sono sotto attacco dalla sinistra. Noi conservatori cerchiamo un guerriero, un capopopolo. Questo è il motivo per cui votiamo Trump”. Eppure Sarah Elliott, presidente della sezione britannica dei repubblicani americani, non è una trumpiana della prima ora. Inizialmente sospettava che l’ex imprenditore newyorchese fosse un “liberal”, che per lei è l’etichetta peggiore. “Nelle elezioni del 2016 ho lasciato la scheda bianca - spiega Elliott in un’intervista con il Foglio - Credevo che Trump e Hillary Clinton fossero due facce della stessa medaglia. L’allora candidato dei repubblicani era pur sempre un imprenditore newyorchese nato nel Queens e divorziato due volte. Noi conservatori sospettavamo che fosse un liberal. Era un profilo completamente diverso dal vicepresidente Mike Pence, un uomo di fiducia dei cristiani evangelici. Tuttavia, negli ultimi quattro anni ho cambiato idea”.  Elliott sostiene che Trump abbia governato “da conservatore”; ha combattuto la guerra culturale in prima linea e sfidato la presunta egemonia dei liberal. “Il vero scontro è tra noi conservatori e i cosiddetti woke (che nel mondo anglo sassone si riferisce alla sinistra radicale e identitaria, ndr). Noi elettori trumpiani vediamo lo scontro politico in questi termini e ci affidiamo al presidente per proteggerci dal fanatismo dei nostri avversari. I liberal si lamentano che Trump è rude, politicamente scorretto e alla ricerca dello scontro. Ma questo è esattamente il motivo per cui noi lo votiamo”. 

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Noi americani stiamo combattendo una guerra civile culturale. Il nostro paese e i valori che rappresenta sono sotto attacco dalla sinistra. Noi conservatori cerchiamo un guerriero, un capopopolo. Questo è il motivo per cui votiamo Trump”. Eppure Sarah Elliott, presidente della sezione britannica dei repubblicani americani, non è una trumpiana della prima ora. Inizialmente sospettava che l’ex imprenditore newyorchese fosse un “liberal”, che per lei è l’etichetta peggiore. “Nelle elezioni del 2016 ho lasciato la scheda bianca - spiega Elliott in un’intervista con il Foglio - Credevo che Trump e Hillary Clinton fossero due facce della stessa medaglia. L’allora candidato dei repubblicani era pur sempre un imprenditore newyorchese nato nel Queens e divorziato due volte. Noi conservatori sospettavamo che fosse un liberal. Era un profilo completamente diverso dal vicepresidente Mike Pence, un uomo di fiducia dei cristiani evangelici. Tuttavia, negli ultimi quattro anni ho cambiato idea”.  Elliott sostiene che Trump abbia governato “da conservatore”; ha combattuto la guerra culturale in prima linea e sfidato la presunta egemonia dei liberal. “Il vero scontro è tra noi conservatori e i cosiddetti woke (che nel mondo anglo sassone si riferisce alla sinistra radicale e identitaria, ndr). Noi elettori trumpiani vediamo lo scontro politico in questi termini e ci affidiamo al presidente per proteggerci dal fanatismo dei nostri avversari. I liberal si lamentano che Trump è rude, politicamente scorretto e alla ricerca dello scontro. Ma questo è esattamente il motivo per cui noi lo votiamo”. 

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La presidente dei repubblicani britannici resta ottimista nonostante i sondaggi attribuiscano a Biden un leggero vantaggio in molte roccaforti di centro destra. “Penso che Trump sia il favorito. Solitamente vince sempre il candidato più propositivo, che in questo caso è lui. La grande differenza è che gli elettori trumpiani sono fieri di esprimere pubblicamente il loro sostegno. Il Partito democratico invece ha nascosto Biden, lo ha fatto comparire in pubblico il meno possibile. Nel complesso prevedo una sfida molto serrata tra i due candidati. Entrambi gli esiti non sarebbero una sorpresa. Le ultime elezioni americane sono state un testa a testa, che rispecchiano un paese molto polarizzato. Anche stavolta succederà lo stesso”. Elliott si rifiuta di ammettere che Trump ha gestito male la pandemia. Un errore che, secondo i sondaggi, potrebbe costargli l’appoggio degli elettori anziani che avevano contribuito a farlo eleggere quattro anni fa. “Nessun paese ha gestito bene l’emergenza sanitaria. Il virus è arrivato improvvisamente dalla Cina e tutto il mondo occidentale si è fatto trovare impreparato. Certo, alcune cose potevano essere fatte diversamente però la reazione del governo è stata adeguata. Il problema è che i media criticano il presidente a prescindere dalle sue azioni...”. Non è colpa dei media se Trump si è rifiutato di indossare la mascherina? “In realtà l’ha indossata alcune volte. Ma il suo messaggio di fondo è che dobbiamo imparare a convivere con il virus”. 

 

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L’attivista trumpiana ripete spesso che il presidente “è l’unico candidato filo americano”. Cosa significa? “Che è l’unico disposto a difendere i valori americani, come la libera proprietà, il porto d’armi e la libertà di espressione”. Difenderli da chi? “Dalla marmaglia woke, che si è impossessata del Partito democratico”. Eppure Joe Biden non è un radicale, tutt’altro. “Questo è quello che ti vogliono fare credere. L’ex vicepresidente è un anziano signore di 78 anni i cui giorni migliori sono ormai alle spalle. Nella sua lunga carriera politica - in cui non ha raccolto un solo successo - si è sempre spostato più a sinistra. Biden è il cavallo di Troia per l’ala radicale dei democratici, che già controlla il partito e diventerà sempre più influente. Ormai gli esponenti più importanti sono i membri della Squad (la corrente radicale composta da Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley e Rashida Tlaib, ndr), che controlleranno l’eventuale presidenza Biden. La probabile candidata dei democratici nel 2024 sarà Kamala Harris, una delle senatrici più liberal”. Elliott gravita attorno alla galassia repubblicana da una vita. Tuttavia, crede che i cosiddetti Biden Republicans, un gruppo di storici esponenti di centro destra che voteranno per il candidato democratico, “non sono conservatori”. Molti membri dell’amministrazione di George W. Bush si sono espressi a favore di Biden. Nemmeno loro sono conservatori? “Nemmeno loro. Noi siamo un grande partito in cui convivono diverse anime. I repubblicani alla Bush o McCain vogliono avere un presidente moderato ed esperto che si tiene lontano dalle battaglie culturali. Dunque per loro Biden è la scelta ideale. Ma questa strategia è destinata a fallire. Questi individui non capiscono che ci troviamo al centro di una guerra culturale”.

 

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La famiglia Elliott è una metafora dei nuovi rapporti anglo americani. Sarah è una repubblicana di lungo corso che vive a Londra con suo marito Matthew, consulente politico e architetto della vittoria del Leave nel 2016. Perché la Gran Bretagna dovrebbe sperare in una vittoria di Trump? “Il presidente è un fautore della Brexit e un amico del premier Boris Johnson. Le sue credenziali sono impeccabili. Si è recato due volte in visita di stato a Londra, ha ripristinato un busto di Winston Churchill appena insediatosi alla Casa Bianca e il suo primo incontro con un capo di governo straniero è stato con l’allora premier Theresa May. Biden invece ha dei legami stretti con la lobby degli irlandesi americani, e ha escluso di volere negoziare un’intesa di libero scambio con la Gran Bretagna se non rispetterà l’accordo del Venerdì Santo. Al contrario Trump vuole dare nuova linfa all’alleanza anglo americana”. Eppure Elliott riconosce che su tanti altri temi – come la Nato, le sanzioni alla Russia e il cambiamento climatico – ci sono molte più convergenze tra Biden e Johnson. “Su questi argomenti la Gran Bretagna è sulla stessa lunghezza d’onda dei suoi alleati europei. Eppure per Downing Street sarebbe un grosso errore sperare in una presidenza Biden. Non si rendono conto che Trump è stato il presidente più filo britannico degli ultimi decenni; dovrebbero ritenersi fortunati per gli ultimi quattro anni e augurarsi una sua rielezione”. 

 

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Non è facile essere una trumpiana a Londra, una città fieramente liberal che nel giugno 2019 è scesa in piazza per protestare contro la visita del presidente americano. “I miei amici stretti sanno che la politica è la mia grande passione e fa parte del mio modo di essere. Tuttavia, cerco di evitare questi argomenti con le persone con cui non sono in confidenza. Molti londinesi credono che io sia un paradosso vivente: mi vedono come una signora perfettamente normale e di buon senso che però vota per Trump. Per loro è qualcosa di incomprensibile”. 

 

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