PUBBLICITÁ

Il male del nord

Una via d'uscita dal lockdown, please

Le zone del Regno Unito in cui sono state imposte misure di restrizione chiedono un piano economico per il dopo. L’asse di un nuovo scetticismo

Paola Peduzzi

Nella curva del discontento, la Gran Bretagna è leggermente più avanti di noi. Al momento il governo ha detto che farà degli investimenti per sostenere l’economia che sono stati giudicati troppo vaghi e striminziti, ma l’altro punto di attrito è il tempo: le zone in lockdown vogliono andare via in fretta dal lockdown

PUBBLICITÁ

Facci vedere la via d’uscita, dicono le zone in lockdown al governo centrale inglese, che tradotto significa: sostieni la nostra economia, ce l’avevi anche promesso in campagna elettorale lo scorso anno. Il Regno Unito, che ha appena superato la soglia dei 60 mila decessi per il Covid-19, è un pochino più avanti nella curva del discontento della seconda ondata: è il momento in cui la “disproporzione” delle misure adottate viene risarcita. Come capita a molti altri paesi alle prese con la seconda ondata, nemmeno il governo di Boris Johnson è riuscito a far scomparire il senso di punizione che sentono le persone che vivono nelle aree con picchi di contagi e in cui devono essere applicate misure di contenimento: non c’è accanimento da parte del governo, anzi la selezione delle zone a più alto rischio è un modo per evitare che il lockdown sia a livello nazionale (o almeno l’unico modo a ora conosciuto). Ma il passaggio a misure di restrizione di diversa intensità – ci sono tre livelli, il più alto prevede che ristoranti e pub chiudano alle 22, gruppi di massimo sei persone all’aperto ma nei posti al chiuso, comprese le case, nessun contatto se non con il proprio nucleo familiare – è stato molto difficoltoso: avranno ragione gli esperti che dicono che è necessario chiudere parzialmente alcune aree? Perché il governo non ha spiegato bene le regole da applicare? Soprattutto: perché noi sì e altri no? Quest’ultimo punto, che è alla base dell’attuale discontento, ha portato a una grande resistenza da parte dei sindaci e degli amministratori delle zone soggette ai minilockdown: ci sono state molte proteste e molte richieste, e ora l’ultima domanda: come e quando se ne esce?

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Facci vedere la via d’uscita, dicono le zone in lockdown al governo centrale inglese, che tradotto significa: sostieni la nostra economia, ce l’avevi anche promesso in campagna elettorale lo scorso anno. Il Regno Unito, che ha appena superato la soglia dei 60 mila decessi per il Covid-19, è un pochino più avanti nella curva del discontento della seconda ondata: è il momento in cui la “disproporzione” delle misure adottate viene risarcita. Come capita a molti altri paesi alle prese con la seconda ondata, nemmeno il governo di Boris Johnson è riuscito a far scomparire il senso di punizione che sentono le persone che vivono nelle aree con picchi di contagi e in cui devono essere applicate misure di contenimento: non c’è accanimento da parte del governo, anzi la selezione delle zone a più alto rischio è un modo per evitare che il lockdown sia a livello nazionale (o almeno l’unico modo a ora conosciuto). Ma il passaggio a misure di restrizione di diversa intensità – ci sono tre livelli, il più alto prevede che ristoranti e pub chiudano alle 22, gruppi di massimo sei persone all’aperto ma nei posti al chiuso, comprese le case, nessun contatto se non con il proprio nucleo familiare – è stato molto difficoltoso: avranno ragione gli esperti che dicono che è necessario chiudere parzialmente alcune aree? Perché il governo non ha spiegato bene le regole da applicare? Soprattutto: perché noi sì e altri no? Quest’ultimo punto, che è alla base dell’attuale discontento, ha portato a una grande resistenza da parte dei sindaci e degli amministratori delle zone soggette ai minilockdown: ci sono state molte proteste e molte richieste, e ora l’ultima domanda: come e quando se ne esce?

PUBBLICITÁ

 

Anche i deputati che vengono dalle circoscrizioni coinvolte dalle misure di restrizione si sono schierati: queste zone sono per lo più concentrate nel nord dell’Inghilterra e appartengono al cosiddetto “muro blu”, il cuore dell’isola britannica che alle ultime elezioni è passato dal Labour ai Tory. E’ il tesoretto politico del governo di Boris Johnson, che per questo motivo è molto sensibile alla frustrazione che emerge da queste aree. Cinquantadue deputati conservatori eletti in questa regione hanno aderito al Northern Research Group e hanno mandato una lettera al primo ministro in cui chiedono di uscire dal lockdown e di farlo non soltanto con un allentamento delle misure di restrizione ma anche con un piano economico preciso. Fin dall’inizio dei lockdown selettivi, è stato chiesto al governo uno sforzo economico da appaiare al lockdown. Al momento il governo ha detto che farà degli investimenti per sostenere l’economia che sono stati giudicati troppo vaghi e troppo striminziti, ma l’altro punto di attrito è il tempo: le zone in lockdown vogliono andare via in fretta dal lockdown. Il Northern Research Group si pone in modo molto collaborativo con il governo: il leader del gruppo, il conservatore Jake Berry che è anche sottosegretario e che ha un buon rapporto con il premier, dice di non voler mettere in difficoltà il governo, ma anzi strutturare insieme un piano che possa essere utile anche per il futuro (e per altre aree).

 

PUBBLICITÁ

Il problema è che nella disunione politica che caratterizza questa seconda ondata, si sta saldando un filone di opposizione interna al governo: gli euroscettici più falchi si stanno convertendo nei Covid-scettici più agguerriti. L’European Research Group, la coalizione parlamentare più brexitara, sta pensando di trasformarsi nel Covid Research Group e di fare battaglia contro i lockdown, in tutte le loro forme. Il filo ideologico che collega i due scetticismi è evidente, ma alcuni consiglieri di Johnson gli hanno sottoposto uno studio appena pubblicato nel Regno che mostra che il 60 per cento degli intervistati è stufo dei continui conflitti. Boris Johnson vinse le elezioni, e il cuore del “muro blu” con uno slogan pacificatore: “Get Brexit done”. Forse a questo dovrebbe badare il premier anche oggi: a non alimentare la lotta nord contro sud, a non lasciare che il Covid-scetticismo abbia troppa voce in capitolo.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ