PUBBLICITÁ

I liberal e il caso Barrett

Giuliano Ferrara

La sinistra accetti che Trump è stato una formidabile e nefasta eccezione nel pensiero e nel comportamento del ceto conservatore

PUBBLICITÁ

Chiunque sia stato al potere, chi gli succede ha il beneficio di inventario. Lo stesso vale per l’eventuale, dunque non ancora del tutto acquisita, successione a Trump. Biden dovrà sistemare le politiche sanitarie contro la pandemia, ovvia priorità delle priorità dopo l’incredibile performance dell’Arancione, che si è burlato degli scienziati e ha incasinato il sistema delle decisioni centrali e degli stati dando adito a una fumettistica epopea di minimizzazione del rischio con i risultati che si sanno. Dovrà organizzare un’azione di stimolo dell’economia paragonabile, se non superiore, a quella messa in campo dall’Europa, visto che la pandemia non ha fatto che aggravare le ragioni sociali di sconcerto di fronte al cattivo funzionamento del sistema che affliggono la classe media e i ceti più deboli (diseguaglianze, crisi del lavoro e della produzione e del potere d’acquisto, calo della forza espansiva e della capacità identitaria della classe lavoratrice eccetera). Dovrà ricostruire una politica estera e di sicurezza sui rottami che troverà squadernati di fronte a sé, anche nella corsa perduta con la Cina di Xi Jinping, riavviando, Nato compresa, un sistema multilaterale di garanzie erede della guerra mondiale e della Guerra fredda. E di quanto fatto dal predecessore organizzerà un serio inventario per rimettere in piedi sviluppo e crescita, oltre che nuove linee di riforma in cui deregolamentazione e defiscalizzazione andranno valutate sine ira ac studio (non tutto è da buttare di quattro anni di Amministrazione in un paese come quello). Dopodiché ogni singola questione si ripresenterà in una ordinaria tensione conflittuale spesso tra opposte visioni del mondo, in una rimessa in discussione dei diversi criteri di vita, degli orientamenti diffusi e occasionalmente intrattabili in fatto di fede, di scienza e cultura.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Chiunque sia stato al potere, chi gli succede ha il beneficio di inventario. Lo stesso vale per l’eventuale, dunque non ancora del tutto acquisita, successione a Trump. Biden dovrà sistemare le politiche sanitarie contro la pandemia, ovvia priorità delle priorità dopo l’incredibile performance dell’Arancione, che si è burlato degli scienziati e ha incasinato il sistema delle decisioni centrali e degli stati dando adito a una fumettistica epopea di minimizzazione del rischio con i risultati che si sanno. Dovrà organizzare un’azione di stimolo dell’economia paragonabile, se non superiore, a quella messa in campo dall’Europa, visto che la pandemia non ha fatto che aggravare le ragioni sociali di sconcerto di fronte al cattivo funzionamento del sistema che affliggono la classe media e i ceti più deboli (diseguaglianze, crisi del lavoro e della produzione e del potere d’acquisto, calo della forza espansiva e della capacità identitaria della classe lavoratrice eccetera). Dovrà ricostruire una politica estera e di sicurezza sui rottami che troverà squadernati di fronte a sé, anche nella corsa perduta con la Cina di Xi Jinping, riavviando, Nato compresa, un sistema multilaterale di garanzie erede della guerra mondiale e della Guerra fredda. E di quanto fatto dal predecessore organizzerà un serio inventario per rimettere in piedi sviluppo e crescita, oltre che nuove linee di riforma in cui deregolamentazione e defiscalizzazione andranno valutate sine ira ac studio (non tutto è da buttare di quattro anni di Amministrazione in un paese come quello). Dopodiché ogni singola questione si ripresenterà in una ordinaria tensione conflittuale spesso tra opposte visioni del mondo, in una rimessa in discussione dei diversi criteri di vita, degli orientamenti diffusi e occasionalmente intrattabili in fatto di fede, di scienza e cultura.

PUBBLICITÁ

 

Qui nasce la questione posta dalla nomina di Amy Coney Barrett nella Corte suprema. La nuova maggioranza sei a tre, conservatori verso liberal, è un fatto. Ma non è la prima volta che la dottrina originalista, cioè la lettura della Costituzione come legge da interpretare secondo l’ispirazione di chi l’ha scritta (testualismo è l’altro nome), acquisisce una pretesa di egemonia nella massima espressione del diritto, un’istituzione che ha un’immensa capacità di influenza sugli altri poteri e sulla società americana. Come dimostrarono l’amicizia cordiale e la stima reciproca di Antonin Scalia, capofila contemporaneo dell’originalismo e giudice solidamente conservatore, e di Ruth Bader Ginsburg, incarnazione in toga dell’ideologia e della prassi giurisprudenziale dei progressisti, la Corte è una strana bestia, che abbaia e morde secondo i propri princìpi e istinti e non secondo ordini di tendenza, di corrente o di partito. La Coney Barrett era un’allieva di Scalia. I verdetti dei giudici supremi sono stati in generale fondati, anche quando con la nomina di Clarence Thomas fu condizionato e in parte rovesciato il profilo liberal della maggioranza (e allora non c’era Trump e c’era un partito repubblicano compos sui), su argomentazioni e decisioni al di sopra delle parti. E’ per lo meno esagerato e chiassoso il grido di allarme sul cambiamento di orientamento che varrà per generazioni (la Barrett è giovane, le nomine sono a vita) e sulla certezza che questo cambiamento sarà un rovesciamento su tutta la linea rispetto all’ultimo mezzo secolo: via l’aborto (1973), via la contraccezione, via i matrimoni omosessuali, via quel che restò dell’Obamacare. Certi toni appartengono alla campagna elettorale, e quella dei giudici è una nomina di origine e legittimazione politiche.

 

PUBBLICITÁ

In realtà il mondo liberal deve accettare il fatto che Trump è stato una formidabile e nefasta eccezione nel pensiero e nel comportamento del ceto conservatore, e che l’eventuale messa a riposo della modalità populista-estremista non può significare la cancellazione di vere linee di divisione che a Trump preesistevano, su alcune delle quali la sua presidenza ha forzato in modo apocalittico e spesso risibile toni ideologici che facevano a pugni con i comportamenti e le idee stesse del top banana, visto che in gioco erano solo i voti e la pressione dell’elettorato evangelico. Accantonati quei toni e quei comportamenti provocatori, un mondo di idee e di criteri tipici del conservatorismo americano resta in piedi, e questo è un legittimo arricchimento della democrazia e del sistema delle libertà americane. Se un Salvini ha agitato il rosario e fatto appello per banali ragioni di presunta popolarità al cuore immacolato di Maria, questo non vuol dire che dopo Salvini ogni blasfemia diventa lecita e la presenza cattolica o cristiana nella sfera pubblica può essere osteggiata e sbeffeggiata. Nell’America dopo Trump, allo stesso modo, non scompaiono le questioni del significato della vita, dei criteri di giudizio sulla natura umana, sulla famiglia, sui figli, e i problemi posti dalla libertà di fede religiosa a fronte di un mondo largamente secolarizzato e laicizzato. Il nuovo giudice supremo farà la sua strada e sarà a sua volta giudicato nei suoi atti e comportamenti, come avvenne per un Antonin Scalia universalmente rispettato, e i conflitti culturali riprenderanno senza l’ombra della demagogia e del lenocinio trumpiano.

PUBBLICITÁ