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I 27 paesi dell'Ue sono divisi sulla strategia nei confronti di Erdogan

David Carretta

Per l’Unione europea le parole del presidente turco contro Macron sono “inaccettabili”, ma c’è grande incertezza sul da farsi

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Bruxelles. Recep Tayyip Erdogan ha imboccato una strada pericolosa mettendosi a insultare in modo personale Emmanuel Macron, lanciando appelli al boicottaggio dei prodotti francesi e accusando gli europei di condurre “una campagna di linciaggio” contro i musulmani “simile a quella contro gli ebrei d’Europa prima della Seconda guerra mondiale”. Il presidente turco per due volte, sabato e domenica, ha detto che il suo omologo francese dovrebbe farsi curare per problemi di “salute mentale”. L’Eliseo ha denunciato “gli eccessi e le volgarità” del leader di Ankara e ha richiamato il suo ambasciatore. Ieri Erdogan è tornato ad accusare i leader europei: fomentano “l’odio dell’islam e dei musulmani”. L’Unione europea è profondamente divisa sulla strategia nei confronti di Erdogan, con la Germania, l’Italia e altri paesi che sperano di convincerlo a comportarsi responsabilmente con l’offerta di una “agenda positiva” (una serie di incentivi commerciali e finanziari, ndr). Ma, di fronte a questa ennesima escalation, gli amici europei di Erdogan sono costretti a riposizionarsi. “Invece di un’agenda positiva, la Turchia sceglie le provocazioni, le azioni unilaterali nel Mediterraneo e ora le ingiurie. E’ intollerabile”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

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Bruxelles. Recep Tayyip Erdogan ha imboccato una strada pericolosa mettendosi a insultare in modo personale Emmanuel Macron, lanciando appelli al boicottaggio dei prodotti francesi e accusando gli europei di condurre “una campagna di linciaggio” contro i musulmani “simile a quella contro gli ebrei d’Europa prima della Seconda guerra mondiale”. Il presidente turco per due volte, sabato e domenica, ha detto che il suo omologo francese dovrebbe farsi curare per problemi di “salute mentale”. L’Eliseo ha denunciato “gli eccessi e le volgarità” del leader di Ankara e ha richiamato il suo ambasciatore. Ieri Erdogan è tornato ad accusare i leader europei: fomentano “l’odio dell’islam e dei musulmani”. L’Unione europea è profondamente divisa sulla strategia nei confronti di Erdogan, con la Germania, l’Italia e altri paesi che sperano di convincerlo a comportarsi responsabilmente con l’offerta di una “agenda positiva” (una serie di incentivi commerciali e finanziari, ndr). Ma, di fronte a questa ennesima escalation, gli amici europei di Erdogan sono costretti a riposizionarsi. “Invece di un’agenda positiva, la Turchia sceglie le provocazioni, le azioni unilaterali nel Mediterraneo e ora le ingiurie. E’ intollerabile”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

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Il rischio di sanzioni da parte dell’Ue cresce, così come quella di una rappresaglia turca con l’arma dei migranti. A Erdogan fa comodo inasprire lo scontro con l’Ue, per ragioni interne e internazionali. Aggiungere un nuovo fronte di crisi – dopo gli interventi in Siria e Libia, le provocazioni nel Mediterraneo orientale e il sostegno all’Azerbaigian nel Nagorno Karabakh – permette di dirottare l’attenzione dalla grave situazione economica, dalla repressione contro il dissenso e dal suo calo di popolarità in Turchia. Secondo un sondaggio di Avrasya, in caso di presidenziali, Erdogan otterrebbe il 38,7 per cento contro il 41,9 per cento del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu.  

 

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Le motivazioni di Erdogan vanno oltre i confini turchi. Il conflitto con gli europei serve a rafforzare la sua posizione nel mondo musulmano sunnita rispetto a Egitto e Arabia Saudita, oltre a perseguire il suo sogno di riconquista neo ottomana. Il presidente turco, inoltre, ha una ragione molto precisa per prendersela con Macron: la sua legge sul “separatismo islamista”, che colpisce i finanziamenti stranieri delle moschee e, vietando la formazione di imam all’estero, limiterebbe la sua influenza sulla comunità turca in Francia. Ma anche Macron ha molte ragioni per lanciarsi in un’escalation con il suo omologo turco. La Turchia è in rotta di collisione con gli interessi della Francia in Libia. In assenza degli Stati Uniti, Macron può presentarsi come il gendarme del Mediterraneo. A meno di 18 mesi dalle presidenziali, lo scontro con Erdogan permette al presidente francese di recuperare popolarità soprattutto a destra, dove Marine Le Pen è sempre in agguato quando si discute di islam. Nell’Ue e nella Nato sono mesi che Macron predica un’attitudine più dura contro la Turchia, ma ogni volta è frenato da Angela Merkel, che chiede dialogo e cooperazione.

 

Ieri la cancelliera tedesca ha denunciato le parole di Erdogan come “diffamatorie” e “inaccettabili”. Ma la reazione dell’Alto rappresentante, Josep Borrell, dimostra che i 27 sono ancora prudenti. Oltre a condannare una “spirale pericolosa”, Borrell ha teso nuovamente la mano. “Le conclusioni del Consiglio europeo (dell’1 e 2 ottobre) contengono un’offerta reale per rilanciare la nostra relazione, ma serve una volontà politica delle autorità turche su questa agenda positiva. In caso contrario, la Turchia sarà ancora più isolata”, ha detto Borrell. Nel suo messaggio di solidarietà a Macron, anche Giuseppe Conte ieri ha insistito sull’“agenda positiva che l’Ue vuole perseguire con la Turchia”. La Commissione di Ursula von der Leyen rifiuta di farsi immischiare politicamente e di reagire economicamente al boicottaggio. La scadenza fissata per rivalutare le relazioni è “il mese di dicembre”, ha detto un portavoce della Commissione. Almeno per ora, Borrell non ha intenzione di convocare una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri. Nemmeno Michel ha voglia di discutere di Turchia durante la videoconferenza dei leader giovedì. Ma, che sia questa settimana o a dicembre, Erdogan sta mettendo i 27 di fronte a una scelta binaria: l’alternativa all’agenda positiva sono le sanzioni. E, se l’Ue dovesse colpire l’economia turca, il prezzo delle sue provocazioni potrebbe essere molto alto.

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