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Il trucco contabile dell'Italia: utilizzare il Recovery Fund per spesa (vecchia) e corrente

David Carretta

Il Documento programmatico di bilancio inviato dal ministero dell’Economia alla Commissione solleva una serie di interrogativi su come verranno utilizzati sovvenzioni e prestiti del piano europeo. Dove sono gli interventi aggiuntivi?

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L’Italia userà i prestiti del Recovery fund per potenziare lo stimolo fiscale destinato alla ripresa post-Covid? Oppure si sta indirizzando verso un trucco contabile che potrebbe andare contro le regole della Recovery and Resilience Facility? Il Documento programmatico di bilancio inviato dal ministero dell’Economia alla Commissione solleva una serie di interrogativi, facendo una chiara distinzione su come verranno utilizzati sovvenzioni e prestiti del Recovery fund. “Il quadro programmatico per il 2021-2023 ipotizza il completo utilizzo delle sovvenzioni previste dalla prima fase del Recovery plan europeo”, si legge nel documento. I 65,4 miliardi di euro di stanziamenti a fondo perduto destinati all’Italia (a cui ne vanno aggiunti 12 miliardi da altri tre programmi) verranno sparati quasi tutti subito: 10 miliardi nel 2021, 16 nel 2022 e 26 nel 2023. Ma per i 126,7 miliardi di prestiti, il ministero dell’Economia ha programmato uno scenario molto più prudente dal punto di vista dell’espansione fiscale. I tre quarti dei prestiti saranno utilizzati tra il 2024 e il 2026. Finanzieranno investimenti pubblici e privati, spese per la ricerca e altro: Ma i prestiti “non si tradurranno in un equivalente aumento dell’indebitamento netto in quanto potranno in parte sostituire programmi di spesa esistenti (anche corrente) e in parte essere compensati da misure di copertura”, si legge nel documento.

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L’Italia userà i prestiti del Recovery fund per potenziare lo stimolo fiscale destinato alla ripresa post-Covid? Oppure si sta indirizzando verso un trucco contabile che potrebbe andare contro le regole della Recovery and Resilience Facility? Il Documento programmatico di bilancio inviato dal ministero dell’Economia alla Commissione solleva una serie di interrogativi, facendo una chiara distinzione su come verranno utilizzati sovvenzioni e prestiti del Recovery fund. “Il quadro programmatico per il 2021-2023 ipotizza il completo utilizzo delle sovvenzioni previste dalla prima fase del Recovery plan europeo”, si legge nel documento. I 65,4 miliardi di euro di stanziamenti a fondo perduto destinati all’Italia (a cui ne vanno aggiunti 12 miliardi da altri tre programmi) verranno sparati quasi tutti subito: 10 miliardi nel 2021, 16 nel 2022 e 26 nel 2023. Ma per i 126,7 miliardi di prestiti, il ministero dell’Economia ha programmato uno scenario molto più prudente dal punto di vista dell’espansione fiscale. I tre quarti dei prestiti saranno utilizzati tra il 2024 e il 2026. Finanzieranno investimenti pubblici e privati, spese per la ricerca e altro: Ma i prestiti “non si tradurranno in un equivalente aumento dell’indebitamento netto in quanto potranno in parte sostituire programmi di spesa esistenti (anche corrente) e in parte essere compensati da misure di copertura”, si legge nel documento.

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Il riferimento alle spese correnti solleva interrogativi sul fatto che quelle risorse saranno effettivamente destinate a investimenti aggiuntivi per fornire il maxi stimolo fiscale per cui il Recovery fund è stato pensato. Al Mef spiegano che “la parte dei prestiti va a sostituire risorse che vengono da altre forme di indebitamento e può essere impegnata in spese correnti coerenti con programmi di investimento. L’importante è che tutto sia allineato con le mission concordate con la Commissione”. In realtà “i prestiti ci sono per finanziare investimenti e riforme addizionali”, ha detto ieri una portavoce della Commissione, Marta Wieczorek, rispondendo a una domanda del Foglio sulla possibilità di usarli per le spese correnti. Secondo le regole della Recovery and Resilience Facility, i governi devono “giustificare” la richiesta di prestiti con “la necessità di fondi addizionali per la magnitudo degli investimenti”, ha detto la portavoce. Il regolamento del Recovery fund – che è ancora in fase di negoziato tra Consiglio Ue e Parlamento europeo – è chiaro: “La richiesta di un prestito deve essere giustificata dalle necessità finanziarie legate a riforme e investimenti addizionali inclusi nel piano di ripresa e resilienza, in particolare rilevanti per le transizioni verde e digitale”. Il regolamento specifica che i prestiti devono servire per finanziare “un costo più alto” rispetto a quanto previsto con le sovvenzioni a fondo perduto. “Sovvenzioni e prestiti non sono lì per finanziare la spesa corrente, ma per finanziare specifici investimenti e riforme”, ha spiegato la portavoce della Commissione.

 

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Per gli stati membri i prestiti del Recovery fund sono più difficili da digerire delle sovvenzioni a fondo perduto. E’ debito che ha un costo inferiore, ma va rimborsato. “Con le emissioni nazionali puoi fare quello che vuoi. Con i prestiti del Recovery fund ci sono condizionalità con obiettivi e tappe da rispettare”, spiega una fonte europea. Il Portogallo ha annunciato che non ricorrerà ai prestiti. Secondo il Pais, anche la Spagna vuole rinunciare. La ragione sussurrata da Madrid e Lisbona è che, grazie agli acquisti della Bce, il calo dei rendimenti sul debito nazionale rende i prestiti del Recovery fund meno attrattivi. Ma, come nel caso dell’Italia che sembra voler destinare una quota dei prestiti a spese correnti, viene meno una parte importante dello stimolo fiscale aggiuntivo del Recovery fund. Ieri Paolo Gentiloni ha ricordato che Italia e Spagna riceveranno “quasi il 50 per cento della Recovery and Resilience Facility. Abbiamo bisogno che i piani nazionali siano lungimiranti e che contribuiscano a migliorare le nostre economie, non solo a rimetterle in vita”, ha spiegato il commissario all’Economia, intervenendo davanti al foro di dialogo italo-spagnolo: “Non dobbiamo considerarli come integrazioni dei bilanci ordinari dei nostri paesi, ma come la possibilità di prenderci il lusso di affrontare strozzature e colli di bottiglie che non siamo riusciti a risolvere negli ultimi 20 anni (…) e di guardare al futuro”, ha avvertito Gentiloni.

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