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elezioni a la paz

Luis Arce è il nuovo presidente della Bolivia

Maurizio Stefanini

Secondo gli exit poll, l'ex ministro di Evo Morales (elogiato dal Wall Street Journal) avrebbe vinto le elezioni convincendo il 20 per cento degli indecisi. Dopo una campagna elettorale dai toni radicali, il candidato del Mas promette moderazione

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È Luis Alberto Arce Bitacora il nuovo presidente della Bolivia, dopo un anno di governo ad interim seguito alla convulsa vicenda che portò all’annullamento delle precedenti elezioni e alla fuga di Evo Morales,  di cui Arce fu il ministro dell’Economia e Finanze. In realtà, i primi dati ufficiali darebbero in testa Carlos Mesa. Col 14,06 per cento dei voti scrutinati il candidato centrista stava infatti al 43,71 per cento, contro il 34,10 di Arce e il 20,20 del candidato della destra Luis Camacho. Ma il voto è fortemente frammentato per regioni. Camacho si sarebbe imposto nel dipartimento orientale di Santa Cruz; Mesa in quello settentrionale di Pando e in quelli meridionali di Chiquisaca e Tarija; Arce in quello amazzonico di Beni e nei quattro dipartimenti occidentali di La Paz, Oruro, Potosí e Cochabamba. Secondo gli exit poll Arce avrebbe ottenuto il 52,4 per cento, contro il 31,5 di Mesa e il 14,5 di Camacho. Che confermerebbe in realtà i sondaggi degli ultimi due, ma indicherebbe come siano alla fine confluiti sul candidato del Movimento al Socialismo il grosso del 20 per cento di indecisi.  

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È Luis Alberto Arce Bitacora il nuovo presidente della Bolivia, dopo un anno di governo ad interim seguito alla convulsa vicenda che portò all’annullamento delle precedenti elezioni e alla fuga di Evo Morales,  di cui Arce fu il ministro dell’Economia e Finanze. In realtà, i primi dati ufficiali darebbero in testa Carlos Mesa. Col 14,06 per cento dei voti scrutinati il candidato centrista stava infatti al 43,71 per cento, contro il 34,10 di Arce e il 20,20 del candidato della destra Luis Camacho. Ma il voto è fortemente frammentato per regioni. Camacho si sarebbe imposto nel dipartimento orientale di Santa Cruz; Mesa in quello settentrionale di Pando e in quelli meridionali di Chiquisaca e Tarija; Arce in quello amazzonico di Beni e nei quattro dipartimenti occidentali di La Paz, Oruro, Potosí e Cochabamba. Secondo gli exit poll Arce avrebbe ottenuto il 52,4 per cento, contro il 31,5 di Mesa e il 14,5 di Camacho. Che confermerebbe in realtà i sondaggi degli ultimi due, ma indicherebbe come siano alla fine confluiti sul candidato del Movimento al Socialismo il grosso del 20 per cento di indecisi.  

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A tagliare la testa al toro, è stata subito la presidente a interim Jeanine Áñez, che verso l’una di notte boliviana, le 7 del mattino italiane, ha scritto in un Tweet: “Ancora non abbiamo un conteggio ufficiale, ma per i dati a nostra disposizione, il Signor Arce e il Signor Choquehuanca (n.d.r.: candidato alla vicepresidenza) hanno vinto le elezioni. Mi congratulo con i vincitori e chiedo loro di governare pensando alla Bolivia e alla democrazia”. Trovatasi alla testa di un paese duramente colpito dal Covid per un anno, con una legittimazione minima e con una immagine debole, la Áñez ha voluto togliere di mezzo subito ogni occasione di possibili polemiche e di disordini, puntando invece al dialogo con quella ala moderata del Mas che comunque aveva reso possibile il suo insediamento e a cui Arce appartiene. Effettivamente Arce ha risposto a tono: “Ricondurremo il processo di cambiamento senza odio, apprendendo e superando i nostri errori”. Un modo per riconoscere implicitamente che se l’anno scorso Morales non avesse insistito a ricandidarsi in violazione della Costituzione e dei risultati di un referendum ma si fosse presentato direttamente lui sarebbe stato meglio. “Costruiremo un governo di unità nazionale”, ha perfino promesso. Da destra parlano già di inciucio, per alcune schede elettorali precompilate che sono saltate fuori e in cui appariva il voto per Arce come presidente e per la coalizione di Mesa al Congresso.   

  

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Chi è Luis Arce

Cinquantasette anni compiuti lo scorso 28 settembre, Luis Alberto Arce Bitacora è stato ministro dell’Economia e delle Finanze pubbliche dal 23 gennaio del 2006 al 24 giugno del 2017, poi dimissionario per un problema di salute ma di nuovo in carica dal 23 gennaio al 10 novembre del 2019, è un personaggio che ha dietro alla scrivania un ritratto di Che Guevara, ma a cui il Wall Street Journal fece un panegirico, spiegando che con lui “i tassi di inflazione sono stati contenuti a livelli che manterrebbero Milton Friedman a riposare in pace nella sua tomba”. Giocatore di basket all’Università, Arce ha poi militato in un partito socialista marxista, ma ha fatto carriera come dirigente nella Banca Centrale, lavorando con efficienza per governi neo-liberali. Era invece nel tempo libero che elaborava ricette per la transizione al socialismo. Ma poi ha spiegato che proprio da Marx ha imparato che per arrivare al socialismo bisogna che prima il capitalismo dispieghi tutte le sue potenzialità produttive, e che comunque il mondo si è evoluto. Per questo ha introdotto il suo modello di “economia plurale” con cui la Bolivia di Morales ha avuto tassi di crescita del 5 per cento. Scelto come volto moderato del Mas, in campagna elettorale è stato trascinato a sua volta da slogan dai toni sempre più radicali, ma ora ostenta di nuovo moderazione.

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