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Gli ambientalisti francesi del Gard si ribellano ad Amazon

Mauro Zanon

Il colosso dell'e-commerce doveva iniziare la costruzione di un deposito di 40 mila metri quadrati nel dipartimento meridionale, con la conseguente creazione di posti di lavoro. Ma la Francia profonda non ci sta e boicotta l'accordo

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Parigi. Era tutto pronto: l’accordo tra Amazon e il sindaco di Fournès, il rilascio del permesso di costruire e l’autorizzazione definitiva da parte del prefetto firmata lo scorso 14 novembre. Il gigante dell’e-commerce americano stava per iniziare la costruzione di un maxi deposito di 40 mila metri quadrati, con conseguente creazione di posti di lavoro, ma l’azienda di Jeff Bezos non aveva fatto i conti con la fibra ribelle degli abitanti della Francia profonda, e più precisamente del dipartimento del Gard, apicoltori, vignerons e ambientalisti duri e puri, che durante il confinamento hanno organizzato una fronda e moltiplicato i ricorsi presso il tribunale amministrativo al grido di “Stop Amazon!” e “Basta cemento!”. Risultato? Tutto bloccato. “Tutti i centri storici stanno morendo dinanzi all’esplosione dei centri commerciali. C’è sempre un predatore più grosso, e Amazon è il più grosso di tutti: punta ad avere l’egemonia del mercato mondiale. Dire no ad Amazon, significa essere Davide contro Golia. È una sfida importante”, commenta con toni rivoluzionari Vincent, uno degli abitanti di Fournès mobilitati contro l’arrivo del gigante Usa tra la valle del Rodano e la Linguadoca.

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Parigi. Era tutto pronto: l’accordo tra Amazon e il sindaco di Fournès, il rilascio del permesso di costruire e l’autorizzazione definitiva da parte del prefetto firmata lo scorso 14 novembre. Il gigante dell’e-commerce americano stava per iniziare la costruzione di un maxi deposito di 40 mila metri quadrati, con conseguente creazione di posti di lavoro, ma l’azienda di Jeff Bezos non aveva fatto i conti con la fibra ribelle degli abitanti della Francia profonda, e più precisamente del dipartimento del Gard, apicoltori, vignerons e ambientalisti duri e puri, che durante il confinamento hanno organizzato una fronda e moltiplicato i ricorsi presso il tribunale amministrativo al grido di “Stop Amazon!” e “Basta cemento!”. Risultato? Tutto bloccato. “Tutti i centri storici stanno morendo dinanzi all’esplosione dei centri commerciali. C’è sempre un predatore più grosso, e Amazon è il più grosso di tutti: punta ad avere l’egemonia del mercato mondiale. Dire no ad Amazon, significa essere Davide contro Golia. È una sfida importante”, commenta con toni rivoluzionari Vincent, uno degli abitanti di Fournès mobilitati contro l’arrivo del gigante Usa tra la valle del Rodano e la Linguadoca.

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Il Gard è una terra di grandi vini rossi, il Roc d’Anglade su tutti. E assieme al settore enologico la principale fonte di attrattività turistica è il pont du Gard, ponte acquedotto romano risalente al 19 a.C., inserito nella lista dei Patrimoni Unesco nel 1985. Tuttavia, complice la crisi sanitaria prodotta dal Covid-19, i turisti sono praticamente spariti: con gravi ricadute per l’economia locale. A questo si aggiunge il fatto che il Gard, negli ultimi anni, è diventata una delle terre più colpite dalla deindustralizzazione (la centrale termica Edf del comune di Aramon, che garantiva centinaia di posti di lavoro, è stata chiusa nel 2016), e soprattutto dalla disoccupazione (la media nazionale di persone senza impiego è tra l’8 e il 9 per cento, nel Gard è attorno al 15). Per provare a rilanciare il comune di Fournès, situato tra Nîmes e Arles, e a soli quattro chilometri dal ponte acquedotto romano, il sindaco Thierry Boudinaud ha dunque detto sì ad Amazon senza esitazioni quando ha bussato alla sua porta. Perché il progetto di installazione di un grande centro di smistamento significa almeno 240 posti di lavoro a tempo indeterminato, ma anche una development fee di 400mila euro: liquidità immediata e impieghi assicurati in poco tempo .

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“Se facessimo passare l’idea che quelli di Amazon sono dei tipi cattivi, se ne andrebbero in Belgio, in Spagna, in Italia o nel Regno Unito. È una questione di concorrenza tra paesi ed è nel nostro interesse che i depositi da cui partono le merci consegnate in Francia siano sul territorio nazionale e creino dei posti di lavoro per i francesi”, ha dichiarato il deputato della République en marche Damien Adam. Ma il concetto è molto difficile da far passare tra gli abitanti locali, che con le loro proteste hanno provocato la sospensione dei lavori e parecchio irritato la dirigenza di Amazon. L’azienda americana insiste sulla bontà del suo piano generale che prevede un’“integrazione armoniosa con i territori”, “avendo cura di preservare l’ambiente”. Amazon sottolinea inoltre di essere all’origine di 30mila posti di lavoro diretti e indiretti in Francia. Eppure, Vincent, uno dei condottieri della rivolta, dice che la presenza di un deposito nelle sue terre sarebbe “un’aberrazione completa per l’ambiente, per i paesaggi e per l’economia locale”. Il sindaco Boudinaud cerca di spiegare ai suoi concittadini che “le imprese non si precipitano alla porta del nostro territorio” e che dunque, talvolta, si tratta di “cogliere le opportunità”. Ma oggi far cambiare idea agli anti Amazon del Gard appare una missione impossibile.

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