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"Due passi avanti e uno indietro"

Dalla Corte Ue una nuova condanna per Orban. Ma la sua tattica non cambia

David Carretta

I giudici di Lussemburgo hanno bocciato la legge sull'istruzione superiore che ha colpito l'università di Soros. Per il premier ungherese è solo l'ultima condanna delle istituzioni europee. Ma le sue mosse funzionano e minano lo stato di diritto

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La Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato nuovamente Viktor Orban per la sua deriva autoritaria e illiberale, nell'ennesima sentenza che mette in discussione il rispetto dei principi dello stato di diritto da parte dell'Ungheria. I giudici di Lussemburgo questa volta hanno preso di mira la legge sull'istruzione superiore, che il governo Orban aveva introdotto nel 2017 per spingere fuori dal paese la Central Europea University di George Soros. La Commissione europea aveva aperto una procedura di infrazione, senza riuscire a convincere Orban a fare marcia indietro. La Corte di giustizia dell'Ue ha confermato che la legge sull'istruzione superiore viola il diritto comunitario.

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La Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato nuovamente Viktor Orban per la sua deriva autoritaria e illiberale, nell'ennesima sentenza che mette in discussione il rispetto dei principi dello stato di diritto da parte dell'Ungheria. I giudici di Lussemburgo questa volta hanno preso di mira la legge sull'istruzione superiore, che il governo Orban aveva introdotto nel 2017 per spingere fuori dal paese la Central Europea University di George Soros. La Commissione europea aveva aperto una procedura di infrazione, senza riuscire a convincere Orban a fare marcia indietro. La Corte di giustizia dell'Ue ha confermato che la legge sull'istruzione superiore viola il diritto comunitario.

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Nello specifico, l'Ungheria non ha rispettato gli obblighi che derivano dall'Accordo generale del commercio dei servizi concluso nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio e ha violato la libera circolazione dei servizi dell'Ue. Giudizio politicamente ancora più grave: i giudici di Lussemburgo hanno stabilito che l'Ungheria ha infranto le disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue relativi alla libertà accademica. Ora la Commissione potrà aprire una nuova procedura di infrazione nei confronti di Orban e minacciare di chiedere sanzioni finanziarie se il suo governo non cancellerà la legge sull'istruzione superiore. Ma il danno ormai è fatto. La Central Europea University – fondata nel 1991 alla caduta del blocco sovietico e diventata una delle più prestigiose dell'Est europeo – nel 2019 ha fatto i bagagli e si è trasferita a Vienna.

 

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I giudici di Lussemburgo stanno contestando, una dopo l'altra, le leggi più controverse con cui Orban ha continuato a erodere lo stato di diritto in Ungheria. In giugno la Corte Ue ha dichiarato illegale la sua legge anti-Ong. In maggio ha condannato l'Ungheria per detenzione illegale di migranti nel campo di transito di Roszke. In aprile ha censurato Budapest per non aver accolto richiedenti asilo da Italia e Grecia con le “relocation”. Nei prossimi mesi è attesa un'altra sentenza sulla legge “Stop Soros”. Questa serie continua di condanne da parte della Corte Ue mette in discussione anche la capacità dell'Ue di mettere un freno alla deriva di Orban.

 

Il premier ungherese usa la tattica di “due passi avanti, uno indietro”, spiega al Foglio una fonte Ue: violare apertamente le norme europee e aspettare la condanna della Corte prima di fare una mezza marcia indietro, ma solo dopo che i danni allo stato di diritto sono già stati fatti. La vicenda della Central European University lo dimostra. Non solo l'università di Soros si è già trasferita (lasciando a Budapest solo alcuni programmi), ma Orban ha esteso la sua influenza su altre università in Ungheria, come è riuscito a fare anche su tribunali e media con altre disposizioni contestate da Bruxelles.

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Orban ha potuto beneficiare anche di un atteggiamento compiacente da parte della Commissione. L'Ungheria è sotto l'articolo 7 del trattato perché imposto dal Parlamento europeo (l'esecutivo di Jean Claude Juncker aveva rifiutato di attivare la procedura che invece aveva usato contro la Polonia). I governi di Budapest e Varsavia si proteggono a vicenda impedendo di passare alla fase successiva della procedura dell'articolo 7, che potrebbe privarli del diritto di voto al Consiglio.

 

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La Commissione von der Leyen ha adottato un approccio molto soft sullo stato di diritto, preferendo mettere l'accento sul monitoraggio di tutti gli stati membri, invece di concentrarsi sui casi più gravi. Orban ha anche preso in ostaggio il Recovery fund, annunciando che il suo governo e il suo parlamento non daranno il via libera all'accordo raggiunto a luglio sui 750 miliardi di euro da destinare alla ripresa, se ci sarà un meccanismo sullo stato di diritto robusto per sospendere i fondi comunitari per i paesi che violano democrazia, diritti fondamentali e indipendenza della giustizia. Con un paradosso: l'Ue si sta facendo ricattare da un paese, l'Ungheria, il cui Pil dipende per il 4 per cento dal bilancio comunitario.

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