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"Charlie Hebdo è meno solo". Libération lo ospita. "Per ridere quando non è divertente"

Nei giorni del processo e del nuovo attentato, il giornale della gauche ospita il settimanale satirico 

Giulio Meotti

"La Cina 'rieduca' i musulmani uiguri. Nessuna manifestazione davanti alle ambasciate cinesi di Islamabad, Teheran o Ankara"

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“Tra dittature, ci capiamo. Gli uiguri vengono metodicamente ‘rieducati’. Deportazioni, campi di lavoro, incarcerazioni, torture, sterilizzazioni forzate… Pechino utilizza l'intera panoplia della sua immensa e ampiamente comprovata esperienza in questo settore. Non abbiamo sentito di manifestazioni davanti alle ambasciate cinesi a Islamabad, Teheran o Ankara. Nessuna bandiera cinese bruciata o calpestata. Nemmeno un gagliardetto. Le massime autorità turche e pakistane tacciono curiosamente. È vero che i torturatori cinesi non hanno pubblicato vignette. La libertà di espressione non è proprio cosa loro. I musulmani hanno il diritto di farli soffrire, non di farli ridere”. E’ con questo editoriale che il redattore capo di Charlie Hebdo, Gérard Biard, apre il numero con cui Libération ospita il settimanale satirico.

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“Tra dittature, ci capiamo. Gli uiguri vengono metodicamente ‘rieducati’. Deportazioni, campi di lavoro, incarcerazioni, torture, sterilizzazioni forzate… Pechino utilizza l'intera panoplia della sua immensa e ampiamente comprovata esperienza in questo settore. Non abbiamo sentito di manifestazioni davanti alle ambasciate cinesi a Islamabad, Teheran o Ankara. Nessuna bandiera cinese bruciata o calpestata. Nemmeno un gagliardetto. Le massime autorità turche e pakistane tacciono curiosamente. È vero che i torturatori cinesi non hanno pubblicato vignette. La libertà di espressione non è proprio cosa loro. I musulmani hanno il diritto di farli soffrire, non di farli ridere”. E’ con questo editoriale che il redattore capo di Charlie Hebdo, Gérard Biard, apre il numero con cui Libération ospita il settimanale satirico.


 
Sono giorni di tensione: l’attacco col coltello alla vecchia sede di Charlie, l’esfiltrazione di alcuni suoi giornalisti, il processo sulla strage del 7 gennaio 2015. Un gesto importante di solidarietà di Libé. Era già successo. Dopo la strage costata la vita ai propri colleghi, i giornalisti e i vignettisti del giornale satirico hanno trovato asilo nella redazione del quotidiano Libération, che già li aveva ospitati dopo l'incendio della loro sede nel 2011. 


 
“Non possiamo dire che 'Charlie' sia solo”. Così il direttore, Laurent “Riss” Sourisseau, scrive sul numero di Libé in edicola oggi. Per il responsabile del settimanale satirico, che difende la possibilità di deridere qualsiasi forma di potere, la linea del giornale è meglio compresa e sostenuta di quanto non fosse cinque anni fa. Una iniziativa congiunta, come scrive Philippe Lançon, all’insegna della “voglia di ridere quando non è più divertente”.  

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