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Amy Barrett l'arma cattolica di Trump contro il cattolico Biden. Funzionerà?

I repubblicani puntano a motivare l'elettorato "religioso" dopo la nomina della giudice originalista alla Corte Suprema. I benefici non sono scontati

Matteo Matzuzzi

Il problema di Biden: avrà la forza di condannare gli attacchi del suo partito (non solo dell’ala più radicale) a Barrett perché cattolica?

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Il Partito repubblicano è diviso tra chi vorrebbe la conferma rapida di Amy Coney Barrett alla Corte suprema (è di questo parere  Lindsey Graham, che guiderà le audizioni in Senato e si gioca il seggio in South Carolina) e chi invece punta a farne un elemento centrale della campagna elettorale, cercando di motivare l’elettorato conservatore a recarsi alle urne per votare Donald Trump. La domanda centrale, infatti, è se la scelta della cattolica  Barrett scalderà la platea cattolica fin qui tiepida con l’attuale inquilino della Casa Bianca e più propensa, stando a stime e sondaggi, a scegliere l’altro cattolico, il democratico Joe Biden. Secondo la maggior parte degli osservatori, infatti, la scelta della giudice già assistente di Antonin Scalia inciderà poco, la Corte incide ma alla fine – soprattutto in queste elezioni così polarizzate – sono altri i temi decisivi. Il problema, semmai, ce l’ha Biden: avrà la forza di condannare gli attacchi del suo partito (non solo dell’ala più radicale) a Barrett perché cattolica?, si è chiesto sul Wall Street Journal William McGurn. Da giorni, la prescelta di Trump è messa alla berlina da diversi esponenti liberal per essere antiabortista, ultracattolica e appartenente a gruppi di preghiera ritenuti fondamentalisti. Fa tendenza sui social il video del 2017 in cui la senatrice Dianne Feinstein, in Senato, disse a Barret “il dogma vive in te”. E Feinstein non è annoverabile tra i più radicali, che vorrebbero addirittura aumentare il numero dei giudici supremi per pareggiare i conti con i tre togati nominati da Trump.

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Il Partito repubblicano è diviso tra chi vorrebbe la conferma rapida di Amy Coney Barrett alla Corte suprema (è di questo parere  Lindsey Graham, che guiderà le audizioni in Senato e si gioca il seggio in South Carolina) e chi invece punta a farne un elemento centrale della campagna elettorale, cercando di motivare l’elettorato conservatore a recarsi alle urne per votare Donald Trump. La domanda centrale, infatti, è se la scelta della cattolica  Barrett scalderà la platea cattolica fin qui tiepida con l’attuale inquilino della Casa Bianca e più propensa, stando a stime e sondaggi, a scegliere l’altro cattolico, il democratico Joe Biden. Secondo la maggior parte degli osservatori, infatti, la scelta della giudice già assistente di Antonin Scalia inciderà poco, la Corte incide ma alla fine – soprattutto in queste elezioni così polarizzate – sono altri i temi decisivi. Il problema, semmai, ce l’ha Biden: avrà la forza di condannare gli attacchi del suo partito (non solo dell’ala più radicale) a Barrett perché cattolica?, si è chiesto sul Wall Street Journal William McGurn. Da giorni, la prescelta di Trump è messa alla berlina da diversi esponenti liberal per essere antiabortista, ultracattolica e appartenente a gruppi di preghiera ritenuti fondamentalisti. Fa tendenza sui social il video del 2017 in cui la senatrice Dianne Feinstein, in Senato, disse a Barret “il dogma vive in te”. E Feinstein non è annoverabile tra i più radicali, che vorrebbero addirittura aumentare il numero dei giudici supremi per pareggiare i conti con i tre togati nominati da Trump.

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Biden, nei mesi scorsi e soprattutto nella convention democratica agostana, non ha fatto nulla per mascherare la sua appartenenza religiosa, anzi. Il senatore Chris Coons, collega di partito, elogiò l’influenza che il cattolicesimo ha avuto e ha ancora su Biden. Stesso canovaccio seguito da Nancy Pelosi – “La fede in Dio di Joe Biden gli dà la forza di essere leader” e da Michelle Obama. “In breve, otto anni dopo aver nascosto Dio in una convention democratica, Dio è tornato”. I repubblicani, dal canto loro, sperano che gli avversari cadano nella trappola: contestare Barrett per il suo credo religioso e per ciò che ne deriva (la posizione fieramente antiabortista, ad esempio) potrebbe alienare, o quantomeno far venire qualche dubbio in più tra gli elettori moderati che non hanno ancora deciso a chi dare la preferenza. Soprattutto se il compito di grande accusatore durante le audizioni spetterà al migliore esponente che i democratici possono vantare per questo ruolo, Kamala Harris. Che però è anche la candidata vicepresidente di Biden. Qualche risultato, i repubblicani, lo stanno ottenendo. “Come cristiani neri non staremo in silenzio se una nostra sorella nella fede è perseguitata per il ‘crimine politico’ rappresentato dal suo credo”, hanno scritto in una lettera pubblica diversi leader neri pentecostali e carismatici. Una breccia, insomma, anche tra l’elettorato di colore fin qui bastione democratico pro Biden. Gli strateghi della campagna elettorale repubblicana puntano sul “fattore religioso” non tanto a livello nazionale quanto nella manciata di stati incerti dove il voto pro life potrebbe davvero fare la differenza, non solo relativamente alla corsa per la Casa Bianca ma anche per mantenere il controllo del Senato.

 

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Il ragionamento del leader di maggioranza Mitch McConnell e dei suoi più stretti collaboratori, condiviso dall’Amministrazione, è semplice: Amy Barrett ha un curriculum che non è criticabile. Noah Feldman, professore di legge ad Harvard, liberal al punto da sostenere davanti alla Camera dei rappresentanti l’impeachment di Trump, ha detto di aver conosciuto Barrett più di vent’anni fa, quando entrambi erano alla Corte come giovani clerk, e fra tutti chi si distinse fu proprio lei. Ecco che ai dem, dunque, non resta che cavalcare l’appartenenza religiosa della giudice, agitando il consueto spauracchio del ribaltamento della sentenza Roe vs Wade sull’aborto e la cancellazione dell’Affordable Act. Si torna al punto di partenza: Biden può permetterselo? I numeri, quelli dei sondaggi, dicono di sì. Anche in Pennsylvania, che nel 2016 a sorpresa preferì Trump a Clinton, la scelta di Amy Barrett non ha portato neanche un voto in più alla causa repubblicana. Anzi, per la prima volta, secondo Abc e Washington Post (storicamente affidabili), il candidato democratico è avanti di nove punti sul presidente uscente. 

 

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