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Ecco perché nascondeva la dichiarazione dei redditi

Lo scoop sulle tasse di Trump contiene altri scoop

Nel 2016 ha il presidente tycoon ha pagato 750 dollari al fisco americano

Daniele Ranieri

Cade la maschera  dell’imprenditore  che salva l’America, sotto c’è un debitore manipolabile ingrandito dalla tv

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Lo scoop del New York Times sulla dichiarazione dei redditi del presidente Trump oltre a essere la prima puntata di una serie contiene moltitudini di altri scoop, che verranno anche da altri giornalisti che adesso hanno i dati per continuare e confermare le loro scoperte. Si sono aggiunte mille direzioni d’inchiesta. Si sono aperte domande. Trump è un impostore che finge di essere un imprenditore di successo e invece è sull’orlo della bancarotta? Ha ignorato finché ha potuto la pandemia di Covid-19 perché non voleva perdere denaro dalle sue imprese, come i mall commerciali e i campi da golf, che devono restare aperti per fruttare? Il presidente continua a fare affari e a ricevere soldi dall’estero in conflitto d’interessi con il suo incarico? Questo scoop pubblicato domenica sera sposterà voti – a due giorni dal primo dibattito presidenziale e a trentasette giorni dalle elezioni, che sono anche di meno per i molti elettori che voteranno per posta?

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Lo scoop del New York Times sulla dichiarazione dei redditi del presidente Trump oltre a essere la prima puntata di una serie contiene moltitudini di altri scoop, che verranno anche da altri giornalisti che adesso hanno i dati per continuare e confermare le loro scoperte. Si sono aggiunte mille direzioni d’inchiesta. Si sono aperte domande. Trump è un impostore che finge di essere un imprenditore di successo e invece è sull’orlo della bancarotta? Ha ignorato finché ha potuto la pandemia di Covid-19 perché non voleva perdere denaro dalle sue imprese, come i mall commerciali e i campi da golf, che devono restare aperti per fruttare? Il presidente continua a fare affari e a ricevere soldi dall’estero in conflitto d’interessi con il suo incarico? Questo scoop pubblicato domenica sera sposterà voti – a due giorni dal primo dibattito presidenziale e a trentasette giorni dalle elezioni, che sono anche di meno per i molti elettori che voteranno per posta?

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Trump non è povero. Dan Alexander, un giornalista di Forbes che è specializzato nel ricostruire gli affari del presidente e che ha appena pubblicato un libro sull’argomento, spiega che possiede proprietà e imprese per un valore che supera i tre miliardi di dollari e anche se ha più di un miliardo di dollari di debiti gli resta molto, sotto forma di asset che potrebbe vendere se va in crisi. Ha a disposizione circa centosessanta milioni di dollari pronti da spendere, però il New York Times rivela che ha anche un contenzioso con il fisco e che se lo perdesse sarebbe costretto a pagare più di cento milioni di dollari. Le sue imprese in generale vanno male perché quello che spende è superiore a quello che guadagna – per esempio, i resort dove si gioca a golf: sono tutti in perdita – e quindi deve trovare una soluzione rapida se vuole restare in affari. E’ esposto personalmente per circa quattrocento milioni di dollari verso i suoi creditori e le scadenze sono vicine, nei prossimi quattro anni. Questo è il succo dello scoop del New York Times: pur essendo ricco, ha una strategia molto aggressiva per pagare pochissime tasse – registra quasi tutto come perdita o come spesa – e per dieci degli  ultimi quindici anni non le ha pagate del tutto. Nel 2016, l’anno in cui ha vinto le elezioni, e nel 2017 ha pagato 750 dollari all’anno di tasse (circa seicentocinquanta euro). E di nuovo: pur essendo ricco, non è l’imprenditore di successo che racconta di essere e ha bisogno di trovare un modo per invertire la direzione dei suoi affari o cederà sotto il peso dei troppi debiti, con i quali gioca sempre d’azzardo – lui stesso si definiva “il re del debito”. 


La sua impresa più redditizia è stata essere il protagonista di “The Apprentice”, un reality show trasmesso a partire dal 2004 sulla rete Nbc. La trasmissione ha portato a Trump più di 420 milioni di dollari e lo status – tutto televisivo, di fiction – di businessman abilissimo. Sfruttare il nome Trump è diventata la fonte di profitto migliore. Molti dei suoi affari più lucrosi sono stati portati a termine così, grazie alla sua celebrità: ha dato in concessione il nome a grattacieli costruiti da altri imprenditori immobiliaristi all’estero e in cambio ha ottenuto una quota dei guadagni. In pratica è un personaggio televisivo che vende un’immagine di affarista spietato e che quando invece fa direttamente affari va in perdita. Greg Miller, corrispondente specializzato in sicurezza nazionale per il Washington Post che era anche uno degli autori di The Apprentice, commenta così: nel 2016 l’effetto della trasmissione stava scemando, adesso ci sono prove solide nell’articolo del New York Times che la candidatura di Trump alle primarie repubblicane fu un tentativo di far rivivere il brand “Trump”, perché soldi e attenzione ormai erano finiti. 


C’è anche il tema dell’esposizione di Trump verso i creditori: un presidente degli Stati Uniti che deve a soggetti non specificati centinaia di milioni di dollari. Questo è uno dei motivi per i quali Trump ha nascosto la dichiarazione dei redditi, anche se per tradizione tutti i candidati alla presidenza la pubblicano come gesto di trasparenza a favore degli elettori, più che la somma ridicola che versa legalmente al fisco americano e che come disse lui a un dibattito “makes me smart”, mi qualifica come intelligente. Il problema è che un debitore è sempre alla ricerca di soldi ed è manipolabile. E i governi stranieri lo sanno. Una storia pubblicata da Vanity Fair dieci giorni fa raccontava che il fondo d’investimento del Qatar affitta senza farci nulla un intero piano, vuoto, di un grattacielo a San Francisco, la città con gli affitti più cari del paese. Il grattacielo è proprietà di una partecipata da Trump e quindi in pratica è come se il Qatar versasse dei soldi a un conto che prima o poi confluirà tra i guadagni del presidente (che in questo momento ha lasciato legalmente gli affari ai due figli più grandi per la durata della presidenza, ma l’ambito è quello). Secondo la dichiarazione dei redditi, gli affari di Trump nella Turchia del presidente Erdogan hanno fruttato un milione di dollari, nell’India del primo ministro Narendra Modi 2,3 milioni di dollari, nelle Filippine del presidente Rodrigo Duterte tre milioni di dollari.  

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Trump è refrattario agli scandali, ha una qualità di resistenza speciale che neutralizza ogni polemica e se gli scoop del New York Times in questi anni avessero avuto davvero il potere di danneggiarlo lui non sarebbe alla Casa Bianca. Ma le tasse sono un campo diverso dalla politica, dalla Corte Suprema e dai tradimenti coniugali. 
 

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