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Una playlist di cose che vorremmo sentire nel duello Trump-Biden

La cosa bella dei dibattiti è che non si può svicolare: si vede subito

Daniele Ranieri

Il presidente mette piede dopo molto tempo in un luogo che non è sotto il suo controllo e non potrà rifiutare di rispondere sul virus, sulle elezioni che lui crede non valide, sulle tasse e molto altro. 

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Martedì c’è il primo di tre dibattiti televisivi fra i due candidati alla presidenza americana Joe Biden e Donald Trump, a Cleveland in Ohio. Il format è questo: novanta minuti, sei argomenti che vanno dalle proteste anti razzismo alle violenze nelle città alla credibilità delle elezioni alla Corte Suprema fino all’economia, un quarto d’ora per ogni argomento, a dirigere c’è Chris Wallace di Fox News (Wallace è uno attento e informato su tutti i dettagli, non è un predicatore trumpiano).

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Martedì c’è il primo di tre dibattiti televisivi fra i due candidati alla presidenza americana Joe Biden e Donald Trump, a Cleveland in Ohio. Il format è questo: novanta minuti, sei argomenti che vanno dalle proteste anti razzismo alle violenze nelle città alla credibilità delle elezioni alla Corte Suprema fino all’economia, un quarto d’ora per ogni argomento, a dirigere c’è Chris Wallace di Fox News (Wallace è uno attento e informato su tutti i dettagli, non è un predicatore trumpiano).

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I dibattiti televisivi fra candidati a un mese dal voto possono cambiare tutto, oppure possono essere del tutto inutili (Trump non brillò quattro anni fa contro Hillary Clinton ma è presidente) o possono essere tutte le infinite gradazioni nel mezzo. Biden quando parla a ruota libera spesso s’infila in qualche gaffe, è un campione dell’auto sabotaggio, ma Trump lo dipinge come un semicretino – “non sa nemmeno di essere vivo”, “non riesce a mettere due frasi assieme” – e quindi adesso al democratico per fare bella figura basta dare risposte solide e caute.

 

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Il presidente non si è preparato ai dibattiti, o almeno così dice per alimentare la sua immagine di eccezione politica spavalda, ma martedì metterà piede in un posto che non è sotto il suo controllo totale come al solito. E’ una cosa che non fa da molto tempo. Quando si presenta davanti ai giornalisti ha sempre la possibilità di rispondere con attacchi personali, di svicolare dalle domande, di andarsene offeso (come ha fatto un paio di volte). Al debate televisivo avrà meno spazio di manovra, se non risponde si vede, non può andarsene. Corre il rischio di finire in confusione e senza sapere cosa dire come gli è successo per un po’ durante l’intervista con Jonathan Swan di Axios. Sempre che Biden non faccia un suicidio politico. 

  

La lista delle domande da fare al presidente dopo quattro anni di mandato è come una playlist di canzoni, ciascuno ha le sue preferite. Eccone qualcuna, a cominciare dalle elezioni 2016, quando Trump disse che in realtà aveva vinto anche il voto popolare, la differenza di milioni di elettori era un inganno organizzato da Hillary, che aveva portato ai seggi altrettanti milioni di immigrati clandestini. Trump crede oppure no nella capacità degli Stati Uniti di tenere elezioni regolari? Dove va a finire il principio cardine degli Stati Uniti, che fa il presidente chi viene eletto – se le elezioni non sono valide? Ha dichiarato che se viene sconfitto allora vuol dire che ci sono stati dei brogli: a novembre accetterà il risultato? Questa settimana ha già detto due volte che non si impegna a rispettare l’esito del voto e non promette una transizione pacifica del potere, sarebbe interessante se parlasse un po’ di più di questa cosa durante il dibattito.

 

E poi ancora: perché a febbraio ha detto che il virus stava per sparire e che i casi sarebbero scesi a zero se invece sapeva benissimo che è molto contagioso? Perché appoggiava i movimenti anti mascherina mentre il governo diceva agli americani di mettere la mascherina? Se è tutta colpa della Cina, perché Trump fino a marzo ha elogiato il presidente cinese Xi Jinping per come ha gestito la crisi del coronavirus? Perché non fa vedere la dichiarazione delle tasse, che tutti i candidati pubblicano tranne lui – quattro anni fa aveva detto “la mostrerò” e poi non l’ha più fatta vedere? Nasconde qualcosa? Perché così tanti membri della sua Amministrazione hanno problemi – alcuni sono stati arrestati, altri sono stati cacciati da lui – vuol dire che non è bravo a scegliere le persone? Prima della pandemia l’economia americana andava molto bene, ma era pur sempre in linea con la crescita dei tre anni precedenti sotto Barack Obama, può spiegare più nel dettaglio le ragioni del successo economico che cita molto spesso? 

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