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Solidarietà obbligatoria, ma flessibile. Il piano dell'Europa sui migranti non cancella davvero Dublino

David Carretta

Più controllo alle frontiere e sistema comune per i rimpatri: "Vogliamo ricostruire la fiducia dei cittadini e tra gli Stati membri", dice von der Leyen. Ma il nuovo Patto non è poi così nuovo come sembra 

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Bruxelles. Il nuovo Patto su migrazione e asilo proposto dalla Commissione di Ursula von der Leyen non è la cancellazione di Dublino. E non introduce un obbligo di accogliere i richiedenti asilo dai paesi di primo ingresso, come chiedono Italia, Grecia, altri paesi del Mediterraneo, ma anche la Germania di Angela Merkel e il Parlamento europeo da molti anni. In realtà il nuovo Patto non è nemmeno nuovo: è un rimescolamento delle varie proposte che sono state messe sul tavolo dalla crisi migratoria del 2015, ma che non hanno mai passato il vaglio dei governi, perché incapaci di mettersi d'accordo sui ricollocamenti. La solidarietà sarà obbligatoria, ma con un sistema di "contributi flessibili" da parte degli Stati membri: i contributi "possono andare dal ricollocamento di richiedenti asilo dal paese di primo ingresso a assumersi la responsabilità dei rimpatri di individui che non hanno diritto di restare o varie forme di sostegno operativo", ha spiegato la Commissione in un comunicato. La squadra von der Leyen ha scelto di puntare soprattutto sull'Europa fortezza: procedure speditive ai confini per i migranti che entrano illegalmente; approccio hotspot per registrazione e verifiche di sicurezza; decisioni più rapide su concessione di asilo o decisione di rimpatrio; sanzioni contro i paesi di origine o transito che non si riprendono i migranti.

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Bruxelles. Il nuovo Patto su migrazione e asilo proposto dalla Commissione di Ursula von der Leyen non è la cancellazione di Dublino. E non introduce un obbligo di accogliere i richiedenti asilo dai paesi di primo ingresso, come chiedono Italia, Grecia, altri paesi del Mediterraneo, ma anche la Germania di Angela Merkel e il Parlamento europeo da molti anni. In realtà il nuovo Patto non è nemmeno nuovo: è un rimescolamento delle varie proposte che sono state messe sul tavolo dalla crisi migratoria del 2015, ma che non hanno mai passato il vaglio dei governi, perché incapaci di mettersi d'accordo sui ricollocamenti. La solidarietà sarà obbligatoria, ma con un sistema di "contributi flessibili" da parte degli Stati membri: i contributi "possono andare dal ricollocamento di richiedenti asilo dal paese di primo ingresso a assumersi la responsabilità dei rimpatri di individui che non hanno diritto di restare o varie forme di sostegno operativo", ha spiegato la Commissione in un comunicato. La squadra von der Leyen ha scelto di puntare soprattutto sull'Europa fortezza: procedure speditive ai confini per i migranti che entrano illegalmente; approccio hotspot per registrazione e verifiche di sicurezza; decisioni più rapide su concessione di asilo o decisione di rimpatrio; sanzioni contro i paesi di origine o transito che non si riprendono i migranti.

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"Oggi proponiamo una soluzione europea per ricostruire la fiducia tra gli Stati membri e restaurare la fiducia dei cittadini nella nostra capacità di gestire le migrazioni come Unione", ha detto von der Leyen, invocando "il giusto equilibrio tra solidarietà e responsabilità". Parole simili erano state usate dal suo predecessore, Jean-Claude Juncker, che paradossalmente era stato più coraggioso nel promuovere la solidarietà tra Stati membri proponendo i ricollocamenti obbligatori. Il primo pilastro del Patto su migrazione e asilo di von der Leyen è un sistema di procedure più efficiente e rapido alla frontiera: chiunque arrivi senza permesso o venga sbarcato dopo un'operazione di salvataggio in mare deve entrare in un hotspot, dove verranno effettuati i controlli sanitari e di sicurezza, la presa di impronte digitali, la registrazione nel database Eurodac. Sostanzialmente è quel che aveva proposto la Commissione Juncker. La novità del Patto è che, dopo lo screening, ci sarà una selezione e smistamento dei migranti: "gli individui potranno essere canalizzati verso la procedura giusta, che sia alla frontiera per alcune categorie di richiedenti o in una normale procedura di asilo", dice il comunicato della Commissione. L'esecutivo von der Leyen propone "un sistema comune Ue per i rimpatri", con un quadro legale più efficace e un ruolo più forte per la Guardia frontiera e guardia coste europea (altra creatura della Commissione Juncker). Von der Leyen e la sua squadra intendono aggiungere un “Coordinatore Ue per i rimpatri”.

 

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Il secondo pilastro del nuovo Patto riguarda la solidarietà, quella che interessa l'Italia e gli altri paesi del Mediterraneo, ma che solleva un fuoco di sbarramento dei paesi dell'Est ogni volta che si accenna a un meccanismo obbligatorio di ricollocamenti di richiedenti asilo. "Gli Stati membri saranno obbligati a agire in modo responsabile e in solidarietà gli uni con gli altri. Ciascuno Stato membro, senza eccezione, deve contribuire in solidarietà in tempi di stress, per aiutare a stabilizzare l'intero sistema, sostenere gli Stati membri sotto pressione e assicurare che l'unione rispetti i suoi obblighi umanitari". Ma "la Commissione propone un sistema di contributi flessibili da parte degli Stati membri" che possono andare al ricollocamento di richiedenti asilo (...) all'assunzione di responsabilità per i rimpatri", passando da "varie forme di sostegno operativo". Anche nel secondo pilastro non c'è nulla di veramente nuovo. Nel novembre del 2016, per sbloccare lo stallo su Dublino e i ricollocamenti, la presidenza slovacca dell'Ue aveva proposto un sistema di "solidarietà efficace" che prevedeva le stesse flessibilità. La novità di von der Leyen sono sostanzialmente due. In tempi normali, dovrebbe esserci un sistema di ridistribuzione permanente per i migranti che sbarcano dopo operazioni di ricerca e soccorso, ma sulla base delle offerte volontarie degli Stati membri. In caso di situazione di crisi, gli Stati membri avranno solo due scelte: ricollocamenti oppure assumersi la responsabilità dei rimpatri.

 

La Commissione von der Leyen rivendica un "cambio di paradigma nella cooperazione con i paesi non-Ue". Bruxelles cercherà di promuovere parnership "mutualmente reciproche con i paesi terzi" per attuare in modo efficace "gli accordi di riammissione". L'idea di fondo è sospendere l concessione di visti ai paesi di origine o transito che non accettano di riprendersi i migranti espulsi dall'Ue. Qualcosa di simile era già stato immaginato da Federica Mogherini, quando nel giugno 2016 presentò la "New Migration Partnership Framework" per "una cooperazione rafforzata con i paesi terzi per gestire meglio le migrazioni". Come in ogni buon Patto sui migranti, l'Ue vuole mostrare il suo volto umano e aprire più vie legali per contrastare l'immigrazione illegale. La novità è il lancio di una "Partnership talenti" per attrarre migranti che rispondano alle necessità di mercato del lavoro e competenze dell'Ue, che però è solo la riforma della "Blue Card" lanciata da Franco Frattini (all'epoca commissario europeo per gli Affari interni) nel lontano 2007. La Commissione adotterà anche un piano d'azione sull'integrazione e l'inclusione per il 2021-2024, ma riservato ai migranti che hanno il diritto di restare.

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