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Covid di ritorno

Quanto è diversa la seconda ondata dalla prima?

Almeno tre ragioni spiegano le differenze tra marzo e oggi. Una è politica e riguarda l’assenza di unità

Paola Peduzzi

In gran parte del mondo si sta registrando un aumento dei contagi e molti si chiedono se saremo in grado di gestire l'emergenza in modo più efficace rispetto alla primavera. Il caso inglese è esemplare per spiegare cosa è cambiato. “Abbiamo voltato pagina”, ha detto uno scienziato del governo britannico, “in senso negativo”

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Il Regno Unito potrebbe avere 50 mila nuovi casi di contagio da coronavirus entro la metà di ottobre, hanno detto i consiglieri scientifici del governo britannico ieri mattina in conferenza stampa. “Abbiamo voltato pagina”, ha detto Chris Whitty, “in senso negativo”, “se il trend continua in questa direzione, il numero di morti da Covid può crescere in modo esponenziale, e possiamo passare da numeri piccoli a numeri molto grandi”. Questa mattina, il premier Boris Johnson riunisce il gruppo Cobra (quello delle emergenze) per decidere insieme le misure di prevenzione necessarie per evitare che la seconda ondata di coronavirus sia devastante come appare nelle proiezioni. “A questo punto – ha detto Whitty – il ciclo stagionale è contro di noi, in autunno e in inverno i virus respiratori prosperano ed è molto probabile che accelereranno il Covid come fanno con l’influenza”.

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Il Regno Unito potrebbe avere 50 mila nuovi casi di contagio da coronavirus entro la metà di ottobre, hanno detto i consiglieri scientifici del governo britannico ieri mattina in conferenza stampa. “Abbiamo voltato pagina”, ha detto Chris Whitty, “in senso negativo”, “se il trend continua in questa direzione, il numero di morti da Covid può crescere in modo esponenziale, e possiamo passare da numeri piccoli a numeri molto grandi”. Questa mattina, il premier Boris Johnson riunisce il gruppo Cobra (quello delle emergenze) per decidere insieme le misure di prevenzione necessarie per evitare che la seconda ondata di coronavirus sia devastante come appare nelle proiezioni. “A questo punto – ha detto Whitty – il ciclo stagionale è contro di noi, in autunno e in inverno i virus respiratori prosperano ed è molto probabile che accelereranno il Covid come fanno con l’influenza”.

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In gran parte del mondo si sta registrando un aumento dei contagi – domenica suonavano le campane a morto in molte città americane perché è stata superata la soglia di 200 mila morti e in molti paesi la curva torna a essere in crescita – e molti si stanno interrogando su una questione importante, e imminente: quanto e come la seconda ondata sarà diversa dalla prima? Una risposta l’hanno data gli scienziati britannici (gli stessi che a marzo erano tentati dalla via di contenimento meno restrittivo e inseguivano la chimera dell’immunità di gregge): il freddo sarà un problema. Tanto l’attesa dell’estate ad aprile e maggio alimentava la speranza, tanto oggi l’arrivo delle stagioni fredde la toglie. In compenso, l’effetto sorpresa che fece tanti danni in primavera ora non dovrebbe esserci più.

 
Gli ospedali sono più organizzati, così come il personale medico; i materiali sanitari sono stati acquistati; c’è un sistema di tracciamento che, per quanto imperfetto, riesce a dare una misura indicativa del contagio. C’è anche una maggiore conoscenza dell’andamento del Covid, dei sintomi e dei trattamenti da utilizzare, e naturalmente ci sono i test sui vaccini. Ma è soprattutto la politica a far la differenza tra la prima e la seconda ondata.

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Il caso inglese è in questo senso esemplare. A primavera, il Regno Unito accumulò molto ritardo nella reazione all’epidemia perché sottovalutò la minaccia e perché tentò per molte settimane di rimandare e minimizzare le misure del lockdown. Allora le pressioni sul governo erano tutte in un unico senso: bisogna fare di più, bisogna chiudere tutto. Dentro al governo c’erano voci contrastanti, soprattutto da parte dei responsabili dell’economia che temevano le conseguenze della chiusura in generale e ancor più per un paese che si avvia a un cambiamento storico del proprio posizionamento nel mondo (e quindi del proprio potere) a causa della Brexit. Infine però il lockdown divenne indispensabile, e fu introdotto assieme a un cambiamento d’approccio del governo – di questo governo in particolare, che ha stravolto nel giro di poche settimane le priorità economiche e di budget, passando da un istinto di rigore a uno molto più compassionevole (e spendaccione). Questo percorso era condiviso e godeva di un sostegno trasversale: la popolarità del cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, lo dimostra, ancor più se la si confronta con quella meno brillante del premier, che ha dovuto scontare il proprio atteggiamento altalenante.

 

Ora che diventa necessario prepararsi a un altro periodo di chiusura – parziale o totale si vedrà – quell’unità è svanita. Lo si è visto ieri, con la reazione alla conferenza stampa dei due scienziati del governo: non avevano ancora finito di parlare e già molti si chiedevano se non stessero esagerando. L’esecutivo sta studiando un piano in più fasi come in primavera, ma molti vorrebbero cambiare i parametri di riferimento, come se alla seconda ondata il paese potesse permettersi di essere meno rigoroso rispetto alla prima. Secondo molti commentatori, l’ipotesi di un lockdown completo è implausibile: il meccanismo di solidarietà e di rispetto delle regole attivato in passato non è replicabile. Anche perché le conseguenze economiche ora sono molto più concrete, oltre che visibili. Pure il Labour ha detto che il suo sostegno al governo non deve essere dato per scontato, e Johnson ha cominciato a trattare l’eventuale prossima chiusura non come uno strumento di protezione inevitabile, ma come una minaccia.

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