PUBBLICITÁ

La sentenza

Così le città potranno limitare gli affiti brevi di Airbnb

David Carretta

La Corte di giustizia Ue si è espressa a favore della normativa francese, che tutela la locazione di lunga durata. Ora altre città potrebbero seguire l'esempio di Parigi. Ma i rischi per il portale online non finiscono qui 

PUBBLICITÁ

Bruxelles. La Corte di giustizia dell'Unione europea oggi ha inflitto un colpo a Airbnb, nel momento in cui la piattaforma di locazioni brevi online è sempre più bersagliata dalle grandi città del vecchio continente che chiedono alla Commissione di imporre nuove regole gli affitti turistici. In una causa che coinvolge indirettamente Airbnb, i giudici di Lussemburgo hanno stabilito che i comuni possono imporre un'autorizzazione preventiva agli affitti di breve periodo sulle piattaforme online senza violare la normativa Ue sulla libera circolazione dei servizi, se l'obiettivo è perseguire un interesse generale come la lotta contro la scarsità di alloggi per la locazione di lunga durata. Il caso su cui si è espressa la Corte Ue è quello della Francia, dove la normativa nazionale impone ai comuni con più di 200 mila abitanti e ai tre dipartimenti limitrofi di Parigi un'autorizzazione per il cambiamento di uso delle abitazioni messe in locazione in modo ripetuto per brevi periodi a una clientela di passaggio che non vi elegge domicilio. I proprietari di un monolocale nella capitale francese messo in locazione su Airbnb erano stati condannati da Tribunale e Corte d'Appello di Parigi per non aver ottenuto l'autorizzazione preventiva dalle autorità locali. Secondo i giudici di Lussemburgo, il regime di autorizzazione è “giustificato” da “un motivo imperativo di interesse generale”: la normativa francese mira a stabilire un dispositivo di lotta contro la scarsità di alloggi destinati alla locazione di lunga durata, con l’obiettivo di rispondere al peggioramento delle condizioni di accesso agli alloggi e all’esacerbarsi delle tensioni nei mercati immobiliari.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Bruxelles. La Corte di giustizia dell'Unione europea oggi ha inflitto un colpo a Airbnb, nel momento in cui la piattaforma di locazioni brevi online è sempre più bersagliata dalle grandi città del vecchio continente che chiedono alla Commissione di imporre nuove regole gli affitti turistici. In una causa che coinvolge indirettamente Airbnb, i giudici di Lussemburgo hanno stabilito che i comuni possono imporre un'autorizzazione preventiva agli affitti di breve periodo sulle piattaforme online senza violare la normativa Ue sulla libera circolazione dei servizi, se l'obiettivo è perseguire un interesse generale come la lotta contro la scarsità di alloggi per la locazione di lunga durata. Il caso su cui si è espressa la Corte Ue è quello della Francia, dove la normativa nazionale impone ai comuni con più di 200 mila abitanti e ai tre dipartimenti limitrofi di Parigi un'autorizzazione per il cambiamento di uso delle abitazioni messe in locazione in modo ripetuto per brevi periodi a una clientela di passaggio che non vi elegge domicilio. I proprietari di un monolocale nella capitale francese messo in locazione su Airbnb erano stati condannati da Tribunale e Corte d'Appello di Parigi per non aver ottenuto l'autorizzazione preventiva dalle autorità locali. Secondo i giudici di Lussemburgo, il regime di autorizzazione è “giustificato” da “un motivo imperativo di interesse generale”: la normativa francese mira a stabilire un dispositivo di lotta contro la scarsità di alloggi destinati alla locazione di lunga durata, con l’obiettivo di rispondere al peggioramento delle condizioni di accesso agli alloggi e all’esacerbarsi delle tensioni nei mercati immobiliari.

PUBBLICITÁ

 

Airbnb, che ha avviato una politica di appeasement con le autorità locali un po' ovunque nell'Ue, se n'era stato alla larga dalla causa davanti alla Corte Ue. In fondo, spetta ai proprietari degli appartamenti rispettare la regolamentazione locale. Lo scorso dicembre, Airbnb aveva tirato un sospiro di sollievo quando i giudici di Lussemburgo avevano stabilito che la piattaforma è una impresa di “servizi della società dell'informazione” e non un agente immobiliare. La Corte Ue era stata molto più rigida con Uber, che era stato considerato come un servizio di trasporti tipo taxi, soggetto alle autorizzazione e regolamentazioni nazionali e locali, e non una impresa di servizi online. Ma la sentenza sul caso del monolocale di Parigi potrebbe spingere altre città europee a imporre ai proprietari degli appartamenti autorizzazioni preventive o cambi di destinazione d'uso prima di affittare su Airbnb. In ogni caso, sarà consentito adottare restrizioni – come un numero massimo di giorni di affitto – per lottare contro la scarsità degli alloggi destinati alla locazione di lunga durata nei centri storici o nelle città turistiche.

 

PUBBLICITÁ

I rischi europei per Airbnb e altre piattaforme non finiscono qui. La Commissione è al lavoro sul nuovo Digital Service Act. Il 17 settembre i sindaci di 12 grandi città hanno avuto un incontro online con la vicepresidente Margrethe Vestager per chiederle di imporre alle piattaforme online nuove regole. "Non giocano secondo le stesse regole", ha accusato il sindaco di Bruxelles, Philippe Close. Laia Bonet, vicesindaco di Barcellona, si è lamentata di non poter "proteggere i negozi locali contro la concorrenza scorretta di Amazon" o "assicurare il diritto alla casa se Airbnb e altre piattaforme di affitto di breve periodo non rispettano le regole che governano il mercato immobiliare". Le grandi città europee chiedono alla Commissione di obbligare le piattaforme a “condividere i dati” con le autorità locali, essere legalmente “responsabili per il contenuto che pubblicano” e “assicurare il rispetto delle regole locali”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ