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Le proteste contro la monarchia

Non sarà Hong Kong, ma in Thailandia c'è una rivoluzione culturale in atto

Da oltre due mesi decine di migliaia di giovani scendono in piazza per chiedere di cambiare il sistema monarchico

Massimo Morello

I giovani contestano il nuovo re Maha Vajiralongkorn, che si crede un dio e vuole accentrare ancora di più il potere. Il supremo tabù thailandese, cioè la corona, è stato messo in discussione. Sullo sfondo c'è la crisi economica e tutti i mezzi di controllo dell'epidemia. A rischio un nuovo colpo di stato. La democrazia asiatica e il modello Hong Kong

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“Né dio né re, solo umano”. E’ uno slogan che riecheggia quelli del Sessantotto. E’ stato gridato e scritto nelle piazze di Bangkok che da oltre due mesi sono il palcoscenico delle manifestazioni di decine di migliaia di studenti. Infrangendo il supremo tabù thailandese: la monarchia.

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“Né dio né re, solo umano”. E’ uno slogan che riecheggia quelli del Sessantotto. E’ stato gridato e scritto nelle piazze di Bangkok che da oltre due mesi sono il palcoscenico delle manifestazioni di decine di migliaia di studenti. Infrangendo il supremo tabù thailandese: la monarchia.

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Per molti osservatori, la contestazione, come a Hong Kong, è un movimento per la democrazia. L’opposizione a un sistema di dittatura prima e democrazia limitata poi, instaurato da Prayut Chan-ocha, autore del golpe del 2014 e artefice della costituzione che assicura al suo partito la maggioranza. Un sistema che ha dimostrato la sua resilienza con lo scioglimento del Future Forward, il partito d’opposizione fondato dal giovane miliardario Thanathorn Juangroongruangkit (bandito dalla vita politica) che aveva ottenuto un eccezionale risultato alle elezioni del 2019. Thanathorn, del resto, ha dichiarato il suo sostegno al movimento studentesco in cui potrebbe reincarnare il suo partito.

 

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La crisi latente sin dalla fine del 2019 ha trovato terreno di coltura nella pandemia. In Thailandia l’emergenza è stata gestita in modo esemplare: il 21 settembre i dati dichiarano 3.506 contagi e 59 morti per Covid. Ma la crisi è stata anche una perfetta scusa per il governo per dichiarare una sorta di legge marziale (rinnovata per la quinta volta il 19 agosto) che si è rivelata un perfetto sistema di controllo.

 

La contestazione thai può essere paragonata a quella di Hong Kong in una forma che fonde modelli e segni della cultura pop asiatica e un uso dei social che va oltre la comunicazione per definire uno stile (è il caso della “Bad Student Union”, propagata da Instagram). Per quanto le proteste di Hong Kong rappresentino un modello, forse la contestazione thai è più importante per i giovani hongkonger, che la vedono come prova del contagio democratico in Asia. Ma in Thailandia la contestazione è soprattutto culturale. Quello messo in discussione è il principio fondante di una delle società a maggior tasso di diseguaglianza: una gerarchia definita nel rapporto pii-nong, maggiore-minore, che tocca ogni aspetto della vita.

 

La conseguenza diviene istituzionale perché al vertice di questa piramide si trova il nuovo re Maha Vajiralongkorn, che sembra credersi un Devaraja, il dio-re, cui tutto è concesso, in contrasto con suo padre Bhumibol, che per la maggior parte dei thai resta l’incarnazione delle virtù buddiste, un Dhammaraja, che governa in nome dell’ordine cosmico. Venerazione che si era conquistato nella “gestione” delle crisi degli anni Settanta e con frequentissimi spostamenti nel paese per promuovere progetti quali la riconversione delle colture da oppio.

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Rama X, invece, è stato uno dei detonatori delle manifestazioni. Oltre a dar adito a imbarazzanti pettegolezzi sulla sua vita privata, ha manifestato una forte tendenza ad accentrare il potere, sia dichiarando proprietà personale il patrimonio della corona (era gestito da un fondo a beneficio del popolo), sia affidando alla guardia reale (vero e proprio corpo di pretoriani) il controllo della capitale.

 

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Ecco perché è stato infranto il supremo tabù thailandese. E’ accaduto il 3 agosto quando l’avvocato e attivista Anon Nampa ha dichiarato la necessità della riforma della monarchia. Ed è accaduto la sera del 10 agosto, nel campus della Thammasat University di Bangkok, quando la ventunenne Panusava Sithijirawattanakul ha letto un manifesto di dieci punti molti dei quali richiedevano una forte limitazione dei poteri reali.

 

Tutto ciò non ha generato uno scontro generazionale. Anzi: molti genitori, esponenti di una borghesia emergente e colta (o addirittura della cosiddetta élite), sostengono i figli. Rientrerebbe in questa logica anche ciò che appare come un dissidio tra le forze della destra e che fa temere un nuovo colpo di stato declinato in ogni variante di forze: i “giovani turchi” che vorrebbero di “democrazia di stampo asiatico” sul modello singaporeano, l’ex generale Prayuth per riaffermare il proprio potere in declino, il capo di stato maggiore, il generale Apirat Kongsompong, ultraconservatore che forse vorrebbe risolvere il problema con una repressione come quella del 1976, quando furono massacrati un centinaio di studenti. Secondo il generale Apirat, i contestatori sono individui “malati”, di “chang chart”, odio verso la madrepatria, molto più grave dello stesso Covid.

 

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