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La riforma europea

Perché non c’è troppo da festeggiare per la fine dell’accordo di Dublino

David Carretta

Un meccanismo di solidarietà obbligatorio sui migranti, ma senza ricollocamenti obbligatori. Le opzioni della Commissione

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Bruxelles. Un meccanismo di solidarietà obbligatorio sui migranti, ma senza ricollocamenti obbligatori di rifugiati in tutti gli stati membri. E’ questa la strada che dovrebbe imboccare la Commissione europea quando presenterà il nuovo Patto su migrazione e asilo mercoledì 23 settembre per cancellare, almeno in parte, le regole di Dublino. Le contorsioni linguistiche servono spesso all’Ue per sbloccare stalli politici insormontabili. Le discussioni tra i 27 su politica migratoria e asilo sono incancrenite dal 2015, quando la Commissione presieduta da Jean-Claude Juncker rispose all’arrivo di oltre un milione di migranti in Grecia e in Italia con ricollocamenti obbligatori per tutti gli stati membri che hanno provocato una rottura tra est e ovest. Per uscire dall’impasse, la Commissione di Ursula von der Leyen intende mettere in piedi un sistema di governance europeo delle migrazioni, ponendo l’accento soprattutto su protezione delle frontiere esterne e rimpatri. Sulla solidarietà sancita dall’articolo 80 del trattato dell’Ue, la Commissione dovrebbe ricorrere a un gioco di parole: la solidarietà sarà obbligatoria, ma non l’obbligo di accogliere quote migranti dai paesi di primo ingresso.

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Bruxelles. Un meccanismo di solidarietà obbligatorio sui migranti, ma senza ricollocamenti obbligatori di rifugiati in tutti gli stati membri. E’ questa la strada che dovrebbe imboccare la Commissione europea quando presenterà il nuovo Patto su migrazione e asilo mercoledì 23 settembre per cancellare, almeno in parte, le regole di Dublino. Le contorsioni linguistiche servono spesso all’Ue per sbloccare stalli politici insormontabili. Le discussioni tra i 27 su politica migratoria e asilo sono incancrenite dal 2015, quando la Commissione presieduta da Jean-Claude Juncker rispose all’arrivo di oltre un milione di migranti in Grecia e in Italia con ricollocamenti obbligatori per tutti gli stati membri che hanno provocato una rottura tra est e ovest. Per uscire dall’impasse, la Commissione di Ursula von der Leyen intende mettere in piedi un sistema di governance europeo delle migrazioni, ponendo l’accento soprattutto su protezione delle frontiere esterne e rimpatri. Sulla solidarietà sancita dall’articolo 80 del trattato dell’Ue, la Commissione dovrebbe ricorrere a un gioco di parole: la solidarietà sarà obbligatoria, ma non l’obbligo di accogliere quote migranti dai paesi di primo ingresso.

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Dietro le ambiguità si nascondono le trappole. Soprattutto per Grecia e Italia che rischiano di vedersi imporre un sistema di hotspot sigillati e il blocco ai movimenti secondari verso il nord Europa. La promessa di von der Leyen su Dublino non si trasformerà in centinaia di charter per ridistribuire nell’Ue tutti i migranti appena sbarcati. Le ultime dichiarazioni della commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, confermano i sospetti sulla promessa di von der Leyen di cancellare Dublino. Johansson ha precisato che la regolamentazione attuale non sarà ritirata, ma emendata. Ha spiegato che “occorre un meccanismo di solidarietà” e “deve essere un meccanismo di solidarietà obbligatorio”. Ma “i ricollocamenti devono essere fatti in modo accettabile per tutti gli stati membri” e le quote obbligatorie restano un tema “molto divisivo”. Secondo Johanson, che ha trascorso i primi dieci mesi del suo mandato a discutere con le capitali, “tutti gli stati membri devono rispondere al meccanismo obbligatorio di solidarietà secondo la loro grandezza e il pil. Non ci dovranno essere facili vie d’uscita o la possibilità di inviare solo qualche coperta”, ma occorre “trovare il giusto equilibrio”. Il disegno che emerge dalle parole di Johansson è il seguente. I paesi di primo ingresso si faranno carico delle prime procedure di asilo, possibilmente in centri chiusi. Un gruppo di stati membri volontari parteciperà a un programma di ricollocamenti per i migranti cui è stato riconosciuto il diritto alla protezione internazionale. Gli altri paesi non saranno obbligati ad accogliere rifugiati ma dovranno fare la loro parte con contributi finanziari e assistenza logistica ai paesi di primo ingresso. Una proposta simile era stata presentata dalla presidenza slovacca dell’Ue nel novembre del 2016 sotto il nome di “solidarietà efficace”, salvo incontrare l’opposizione dei paesi del sud e della Germania che esigevano ricollocamenti obbligatori.

 

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Su frontiere esterne e rimpatri, il nuovo Patto dovrebbe prevedere un rafforzamento del dispositivo dei guardia-frontiera e gli aerei di Frontex, ma anche l’utilizzo delle leve dell’Ue nei confronti dei paesi di origine e transito. L’idea di Johansson e Schinas è usare il bastone e la carota: limitare i visti Schengen per i paesi terzi che non realizzano gli obiettivi fissati dall’Ue sul numero di rimpatri e aumentare gli investimenti destinati a quelli che li rispettano. Ma anche in questo caso non c’è nulla di nuovo. Almeno la Commissione dovrebbe cercare di mettere un freno a respingimenti a terra o in mare, compreso il mancato salvataggio dei migranti nel Mediterraneo. Il nuovo Patto dovrebbe essere accompagnato da un meccanismo per verificare il rispetto degli obblighi internazionali da parte degli stati membri.

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