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Ambientalisti nel palazzo

L'albero morto dell'onda verde francese

No all’abete di Natale e al Tour de France inquinante. La “rottura” dei sindaci écolo tra sobrietà e penitenza

Paola Peduzzi

C’è un gran accanimento contro di noi, dicono i sindaci verdi, stiamo attenti, si ripetono l’un l’altro (qualcuno anche su Twitter), ogni scusa è buona per attaccarci. Ma c'è un equilibrio complicato da trovare, non soltanto per i Verdi

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Il sindaco di Bordeaux, Pierre Hurmic, uno dei rappresentanti della vague ecologista che ha conquistato la Francia alle municipali, ha deciso: potete criticarmi quanto volete, a Natale in piazza non ci sarà l’abete, un sindaco verde non può accettare “un albero morto” come simbolo della festa cittadina – per di più costa tantissimo, fino a 60 mila euro.
 

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Il sindaco di Bordeaux, Pierre Hurmic, uno dei rappresentanti della vague ecologista che ha conquistato la Francia alle municipali, ha deciso: potete criticarmi quanto volete, a Natale in piazza non ci sarà l’abete, un sindaco verde non può accettare “un albero morto” come simbolo della festa cittadina – per di più costa tantissimo, fino a 60 mila euro.
 

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Hurmic ha detto che vuole introdurre una “carta dei diritti dell’albero”, un elenco di regole per la protezione delle piante (ancora non c’è, ma entro l’anno ci sarà). La decisione ha scatenato molte polemiche, anche una petizione firmata da circa 15 mila bordolesi in difesa dell’abete, anche una querelle sul fatto che questo sindaco ma i progressisti tutti amano svilire le tradizioni e uccidere la magia del Natale. Hurmic ieri ha detto: non cambio idea, ma “sono rimasto sconvolto” dalle reazioni alla mia proposta, “la fasciosfera s’è impossessata della discussione”, e “mi dispiace che anche alcuni esponenti dell’opposizione abbiano fatto lo stesso”. C’è un gran accanimento contro di noi, dicono i sindaci verdi, stiamo attenti si ripetono l’un l’altro (qualcuno anche su Twitter), ogni scusa è buona per attaccarci. Un’altra “scusa” molto chiacchierata in questi giorni riguarda il sindaco di Lione, Grégory Doucet, che ha detto di essere molto preoccupato “dall’impronta ecologica” del Tour de France, una competizione “machista e inquinante”. In realtà poi, quando il Tour è passato per Lione sabato scorso, Doucet ha detto di essersi divertito e ha fatto i complimenti a tutti per l’organizzazione ed efficienza cittadina, ma ormai la polemica era partita, non soltanto nella fasciosfera. Il ministro dell’Uguaglianza donna-uomo e della Lotta alle discriminazioni, Marlène Schiappa, ha detto su France Info: “Vietare il passaggio del Tour, vietare l’albero di Natale, sembra che i sindaci écolo vietino tutto quel che porta un po’ di gioia. Non sono degli ideologi, sono dei guastafeste”.

 

 Il Figaro ci ha preso gusto e continua a pubblicare florilegi delle scelte dei sindaci écolo per dimostrare che sono molto estremi e  alleati poco affidabili. La risposta dei Verdi è sempre la stessa: non stiamo abolendo, stiamo cambiando, e c’ispiriamo alla “sobrietà”. Questo è un termine che ricorre molto tra i sindaci: sobrie sono le piste ciclabili, sobrie sono le campagne contro le automobili, sobrio è anche il cosiddetto “profeta” (la definizione è sempre del Figaro, che è un giornale conservatore, quindi non è neutra) degli écolo, Gaël Giraud, economista gesuita che ha contribuito all’Enciclica di Papa Francesco Laudato si’ sull’ecologia e che la settimana prossima pubblicherà un saggio di teologia sul ruolo dei cristiani tra revisione del capitalismo e pericoli ecologici. Non c’è evento del rientro in cui Giraud non sia invitato, testimonial della rivoluzione verde e sobria che vuole trasformare la Francia. A sinistra c’è un gran fermento e una gran divisione: ci sono stati molti abboccamenti tra Partito socialista e Verdi, e anche molti incontri parecchio pubblicizzati – il laboratorio di questa alleanza è Parigi – ma alcuni, soprattutto tra i socialisti, sono preoccupati perché temono che il potere penda più dalla parte degli écolo, che rischiano di mangiarsi quel poco che rimane del Ps. Jérôme Fourquet dell’istituto di sondaggi Ifop, uno dei politologi più ascoltati del paese, ha spiegato qual è il problema esistenziale dei Verdi francesi: cercare il punto di equilibrio tra la volontà di rottura e la volontà di governare, tra la base dei gesti simbolici e radicali e i nuovi elettori progressisti che si avvicinano in modo moderato alle idee ecologiste, tra le proposte e la loro fattibilità economica. Secondo una parte dei Verdi, “gli occidentali, a causa delle loro vite dispendiose e consumistiche, hanno una responsabilità determinante nello sconvolgimento climatico e nella distruzione dell’ecosistema  – ha detto Fourquet – Per questo, serve una penitenza collettiva per espiare le nostre colpe”. E’ in questo spazio non larghissimo tra sobrietà e penitenza che si gioca il futuro di una forza politica che vuole essere un pilastro del progressismo che verrà.

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