Il Regno Unito non ha mezzi né persone sufficienti per processare 185 mila tamponi per il Covid, ha raccontato il Times: i laboratori britannici sono molto in ritardo e sovraccaricati da test fatti o richiesti che superano di gran lunga la loro capacità. Il risultato dei ritardi è che da un lato ci sono persone in autoisolamento in attesa dell’esito del loro test e dall’altro che ci sono persone con sintomi da Covid-19 cui nessuno è riuscito ancora a fare un tampone. Allora Londra ha dovuto andare a cercare aiuto altrove e naturalmente lì vicino c’è l’Europa che non è più partner di vita ma è pur sempre utile: così i tamponi sono stati mandati in Germania e in Italia per essere processati. La notizia è rimasta sommersa sotto quella su cui punta il governo: il progetto “moonshot” – Boris Johnson è uno che non ama le iperboli. Si tratta di un sistema di test rapidi che dovrebbe permettere al Regno Unito di uscire dall’inefficienza dei laboratori e allo stesso tempo stimare in modo più certo l’andamento della curva dei contagi (il progetto è molto costoso, vale quasi due terzi del budget stanziato per la Sanità). Intanto però c’è bisogno dell’Europa, così come, nel mezzo della crisi pandemica, il governo brexitaro che lavorava al programma a punti per contenere l’immigrazione aveva dovuto al contempo fare appello a tutti i medici e infermieri stranieri: venite ad aiutarci, la nostra struttura non regge, abbiamo bisogno di voi. Questi piccoli fatti mostrano quanto è complicata la separazione tra Londra e il continente, e quanto sia riduttivo dire che l’Unione europea è tutta vincoli, riunioni e fondi cui contribuire. Per queste analisi ormai è tardi: il popolo ha deciso, il Parlamento ha ratificato. Poi certo, c’è Johnson che si rimangia la parola, ma per questo è stato aperto un altro conto.